Zenit e Nadir, la Chiostro Revolution


di Francesco Immediata

Simone Della Porta

Spesso si dice che dietro grandi prodotti ci siano grandi tradizioni, tramandate di generazione in generazione, che hanno permesso di affinare la tecnica sino al raggiungimento di un apice gustativo. Talvolta però capita di imbattersi in realtà produttive che non hanno blasoni da mostrare, né trisavoli da richiamare, eppure sono in grado di realizzare prodotti dall’elevato quanto inaspettato valore. E’ questo il caso di alcuni birrifici artigianali italiani; è questo il caso del Birrificio Il Chiostro di Nocera Inferiore. Quando non c’è un passato a cui fare riferimento né maestri di bottega da cui apprendere, un mastro birraio per migliorarsi può puntare su alcuni requisiti come competenza, professionalità, estro e lungimiranza. La prima diviene il frutto di un continuo e costante percorso di formazione e di acculturamento sia tecnico che tecnologico, per poi legarsi a filo doppio con la professionalità. Ma è grazie all’estro e alla lungimiranza che si identifica l’evoluzione in positivo di un artigiano, in questo caso della birrificazione. Ed è proprio grazie a questi elementi che Simone Della Porta è divenuto il “Mastro Birraio” del Chiostro. E’ partito piano, sfruttando al massimo le competenze acquisite da uno specifico percorso di studi, prima presso l’Università di Udine, dove sotto la docenza del professore Buratti, ha conseguito il Master in Tecniche della Birrificazione e poi da un periodo di training on the job in Scozia, nel mitico e storico birrificio Caledonian. La ciliegina sulla torta consiste nell’impianto del microbirrificio, che Simone ha progettato da sé seguendo la realizzazione dall’inizio alla fine, la cui esclusività risiede nell’alimentazione a fiamma diretta (peculiarità difficile da trovare, se non unica, nel panorama della birrificazione artigianale italiana) e la cui scelta tecnica è basilare per la produzione di alcune birre in stile anglosassone e belga. Risulta chiaro che da tali premesse ne conseguisse un inizio promettente per la nascita di una prima linea di birre in stile anglosassone, ideate e prodotte per farsi conoscere dal mercato mantenendo però un profilo alto, tanto da farsi apprezzare anche negli ambienti dell’alta ristorazione. Intanto il tempo passava e il percorso di Simone proseguiva. Le sue competenze si sono evolute, la sua sete di sapere (sempre accompagnata da tanta umiltà e voglia di imparare) lo ha portato a confrontarsi con mastri birrai di taratura internazionale, a percepire le necessità dei bravi publicans e a porgere l’orecchio ai desideri dei consumatori più attenti. Sono stati questi elementi a portare alla Chiostro Revolution e alla creazione di due nuovi prodotti di diverso taglio, rispetto alle precedenti, e di un Barley Wine dalle grandi aspettative.
Zenith e Nadir, sono questi i nomi che sono stati attribuiti alle nuove nate di evidente impronta belga. Non si sa bene cosa abbia ispirato l’utilizzo di questi nomi ma sta di fatto che rappresentano a pieno i rispettivi contenuti ma nulla vieta di pensare che dietro questi nomi possa esserci la grande ambizione di fornire i nuovi riferimenti della volta celeste dell’universo birrario.
La Zenit è una Belgian Ale che racchiude al massimo lo stile che rappresenta. E’ il classico esempio che un degustatore abituale utilizzerebbe per far capire ad un neofita cosa si intende per Belgian Ale, quale caratteristiche possiede e con quali materie prime è realizzata. Evidente e lineare come il nome che porta: il punto sopra la testa dell’osservatore. La Zenith non nasconde nulla basta stapparla e spillarla e ti racconta tutto. La birra si presenta di un dorato intenso con riflessi tendenti all’arancione; la schiuma fine e persistente, tanto da lasciare dei magnifici merletti di Bruxelles sulle pareti del bicchiere; il perlage è continuo e gradevole tanto da anticiparne la piacevole carbonatazione in bocca. Al naso immediatamente si percepiscono profumi floreali, provenienti per lo più dal luppolo Cascade, e sentori di frutti gialla accompagnati dagli esteri della fermentazione. La gamma di sentori è variegata: zucchero filato, uva spina, torrone, vaniglia, pera Williams e frutta esotica come la carambola. In bocca le papille sono piacevolmente sollecitate da una moderata carbonatazione mentre si affaccia una piacevole nota di crosta di pane questa volta derivanti dai malti.
E se la Zenith è così solare la Nadir è altrettanto oscura. Nadir è il punto direttamente opposto allo Zenith e quindi la birra Nadir, presentata come sorella brune della Zenith, al suo interno cela ben altri tesori. Se il colore, un marrone intenso (tonaca di frate), rassicura apparentemente il degustatore che si appresta all’assaggio è al naso che si stravolge l’ordine precostituito delle cose. Un sentore di luppolo pervade le narici (Amarillo), alfa acidi a tutto spiano che riportano al più amaricante delle best bitter in commercio che poi lasciano spazio ad aromi suadenti come uva sultanina, marzapane, mou, miele di melata e mela cotogna che appagano il naso.
Allora il nostro mastro Birraio si è piegato alle attuali leggi di mercato, a quel gusto americanizzato che vuole birre luppolate sino all’estremo? Dobbiamo quindi aspettarci un egual trattamento anche al palato? E con questo pensiero martellante che ci si accinge a portare il liquido al labbro. Ma è a quel punto che avviene l’imprevisto. Il bittering dell’olfatto lascia spazio ad una piacevolezza inaspettata; l’amaricante scende a patti con l’aromatizzante (sodalizio di luppoli) e il retrogusto amaro diviene lungo ma non stancante tanto da far pensare di aver aperto un’altra birra rispetto a quella appena annusata. E’ solo a questo punto capisci la complessità di questo prodotto e te ne innamori; ti innamori di tutto il tempo, la passione e la ricerca che il creatore ha dovuto infondere per realizzarla e che ha racchiuso nel suo interno; ti innamori di quelle persone che fanno questo sì per mestiere con passione, ma che non si vantano delle loro presunte qualità facendo parlare i prodotti.
Non dimentico affatto la Memento Mori (il Barley Wine)….ma come prelude il nome quella è un’altra storia.