Reportage: l’alberello di Pantelleria e la magia dello zibibbo

Pubblicato in: Giro di vite
Pantelleria, lago di Venere

di Francesca Marino

Un pittore dipinge un quadro, uno scrittore scrive un libro, un popolo crea un paesaggio. É questo il caso dell’alberello a Pantelleria, un’isola resa fertile grazie al duro lavoro di almeno trecento generazioni impegnate in una coltivazione eroica contro tutto e tutti: lunghe estati secche, venti frequenti ed impetuosi, assenza pressoché totale di acqua per l’irrigazione e suoli lavici e sabbiosi.

La tipica coltivazione pantesca, a un anno dal riconoscimento Unesco come bene immateriale diventato Patrimonio dell’Umanità, lancia il primo itinerario turistico.
Ma cosa è l’alberello? Perché è così importante? Si tratta una delle forme più antiche di allevamento perché è la vite che naturalmente cresce su se stessa. La vite ad alberello, icona di una viticoltura antica, è una pratica agricola ingegnosa che nasce per riparare le piante da condizioni climatiche difficili e avverse.

A Pantelleria l’alberello consente di riparare le piante dal vento e dalla scarsità d’acqua. La forma a cespuglio permette alla rugiada della mattina di accumularsi sul terreno ed essere protetta dalle foglie per raccogliere tutta l’acqua possibile dal momento che non esiste alcuna forma di irrigazione in tutta l’isola.

La natura vulcanica e sabbiosa del terreno fa sì che dreni al punto che dopo le (rare) piogge non rimanga più nulla, nemmeno una goccia d’acqua. Il segreto dell’alberello è che una pianta così piccola sviluppi delle radici profondissime grazie alle quali si riescono a prelevare dal terreno acqua, nutrienti e sali minerali. Il tutto garantito dalla abilità eroica della pratica agricola che prevede la creazione di una conca scavata nel terreno, in cui è adagiato l’alberello, che crea le condizioni microclimatiche necessarie alla sopravvivenza della pianta.

Paradossale il fatto che le viti pantesche abbiano lo stesso tipo di adattamento naturale di quelle in Val d’Aosta: questo perché la pianta reagisce al freddo ed al caldo allo stesso modo, quindi in Val d’Aosta i grappoli dell’alberello vicini al terreno riescono a prendere più calore per maturare riuscendo a contrastare il freddo, a Pantelleria, invece, la pianta è bassa perché non deve sprecare energia a portare l’acqua alle foglie.

A partire dal riconoscimento Unesco sono stati sviluppati itinerari culturali e naturalistici per la diffusione della pratica della vite ad alberello. Si parte dal presupposto che non si possa parlare di pratica agricola dissociandola dal paesaggio tipico dell’isola e dal prodotto finale, lo zibibbo. L’isola si presenta oggi come un mosaico composto da tante tessere di natura e cultura, che vanno dai terrazzamenti in pietra, a giardini arabi, dammusi e cappereti, di cui la più importante é la vite ad alberello.

Pantelleria è, infatti, una piccola isola attraversata da importanti rilievi e quindi sviluppa diversi microclimi che comportano anche diversi tipi di maturazione delle uve a seconda dell’altitudine e dell’ esposizione al sole, al vento. Nell’Isola ogni contrada esprime il massimo di sé dando profumi e sensanzioni uniche, Mueggen, Barone, Ghirlanda, Zubebi, Martingana, Khamma, tutti i luoghi danno vita a vini diversi e tipici.

L’uva che viene fuori a Martingana, dietro l’isola è la prima a maturare, a metà agosto, esposta a sud e sul mare ed è composta da una buccia molto fine e da una polpa molto fine e dolce. Nella zona di Barone, esposta a nord-est, l’uva ha invece una buccia molto più spessa per ripararsi dall’umidità del bosco.

La vendemmia a Pantelleria è un processo lungo nonostante la ridotta superficie dell’isola, si inizia a metà agosto per finire a fine settembre, inizi ottobre, dove comincia la raccolta del secondo frutto. Una vendemmia di due mesi, lunga e faticosa in cui si raccolgono le uve e si mettono in appositi stenditoi che non sono altro che strutture protette dove i grappoli d’uva vengono messi in appassimento al sole.

La sapienza e la saggezza secolare del contadino pantesco oggi sono nelle mani di contadini specializzati, molti dell’Europa dell’Est, che custodiscono le tradizioni della pratica agricola.

Difendere l’agricoltura di Pantelleria non significa solo difendere l’alberello ma difendere il paesaggio tipico di Pantelleria e quindi tenere in piedi i muretti, i giardini e l’agricoltura, elementi che tracciano la storia del mediterraneo. L’ unicità di Pantelleria non sta solo nella pratica agronomica della vite ad alberello, ma anche nei giardini panteschi, i primi giardini ad essere disegnati dall’uomo su una tavoletta di argilla nel 3000 a.C in Mesopotamia e rappresenta un albero da frutto circondato da un muro.

Sono vere e proprie fortezze costruite per proteggere un singolo albero di agrumi che gode di un sistema idrico autosufficiente: infatti le pietre raccolgono la rugiada del mattino convogliandola nel terreno e d’estate lo sbalzo di temperatura tra l’interno e l’esterno del giardino crea una condensa di gocce d’acqua che non evaporano perché protette dal sistema delle ombre.

 

L’alberello è molto diffuso anche in altri territori della Sicilia, in Puglia con il Primitivo ed in Calabria nella zona di Cirò, posti in cui la viticoltura greca ha lasciato una traccia indelebile e attuale.
Un patrimonio dell’umanità, appunto.

 

 

 

 

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I PROTAGONISTI
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Foto di Francesca Marino


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