Barbera del Sannio, subito un nuovo nome per decollare

Pubblicato in: Verticali e orizzontali

di Pasquale Carlo

Cinque calici di barbera del Sannio per interrogarsi sulle potenzialità di questo vino. In passerella due etichette classiche, la Barbera/Barbetta 2009 dell’Antica Masseria Venditti e la Rapha’el 2010 della Fattoria Ciabrelli, accompagnate dalla tipicità delle versioni prodotte da Torre Venere (2010) e Grillo Maria Michela (2011), per finire all’Armonico 2010 della storica azienda Anna Bosco. A discuterne con i produttori, oltre a Luciano, il direttore del Samnium Consorzio tutela vini Nicola Matarazzo. Tra i banchi la presenza del sindaco Alessandro Di Santo e quella dell’enologo Angelo Pizzi. Si crea così un interessante momento dedicato anche alla discussione sulle difficoltà comunicative di un vino che, nel presentarsi, deve prima di tutto pagare lo scotto di dover parlare di un altro, notoriamente affermato sul mercato, dal quale, tra l’altro, dista anni luce. Da questa riflessione di Luciano si innesca una serie di interventi che, attraverso il racconto di esperienze vissute, riescono a cogliere in profondità i punti di forza e quelli critici che il prodotto incontra sul mercato.

I punti di forza sono tutti raccontati dai calici, a partire dalla grande riconoscibilità di un frutto che, a volte esplosivo e altre leggermente più nascosto, emerge con tratti distintivi sia al naso che al palato.

Torre Venere – Naso pimpante, note verdi ma piacevoli, in bocca è ricco, elegante. A trovare qualche piccola nota fuori posto, che non lo allontana da un percorso quasi perfetto, si può solo dire di un finale appena accompagnato da una leggera venatura amarognola.

Grillo – Si avvertono con schiettezza al naso le note vegetali, fresche. Non tutte confermate al gusto, dove si affaccia una sottile venatura dolce. Sicuramente tra le cinque la più semplice e schietta.

Fattoria Ciabrelli – Tanta frutta, a tratti esplosiva, dolce al naso. Dolce anche al gusto, dove non emergono spigolature. Forse leggermente meno fresca tra le cinque. Leggermente.

Antica Masseria Venditti –  Pimpante al naso, fresco in  bocca. Negli ultimi anni Nicola, che la porta sul mercato ad oltre due anni e mezzo dalla vendemmia, mette in discussione l’aspetto  esclusivamente “di annata” che segnava questo vino. Tra i cinque è il calici più pensato, senza snaturarsi in tipicità e immediatezza.

Anna Bosco – E’ sempre una conferma. Piacevolissima per quel suo camminare a braccetto tra freschezza e dolcezza. Il frutto esplode fin dal primo impatto per un calice sempre in equilibrio, con una beva piacevole, quasi dissetante.

Cinque piccoli, grandi vini: dalle parole di Pizzi il senso questi calici che, insieme al più noto piedirosso e allo sciascinoso, si fa forte di tutte le caratteristiche richieste da una cucina alleggeritasi nel corso di questi anni. Particolarmente versatile a tavola, da pensarlo anche su piatti classici della cucina di mare.

Nessun punto debole nei calici, visto che il vero problema si ferma alla bottiglia. Sul nome si è discusso. I consapevoli produttori non hanno mostrato contrarietà nella ricerca di un’alternativa che allo stato, come ben espresso da Nicola Matarazzo, può essere trovata nella ricerca di un sinonimo per la tipologia. I cambi radicali necessitano tempi lunghi, studio e risorse. Ma la soluzione deve necessariamente passare per un confronto tra gli attori protagonisti, tra coloro per i quali il mondo del vino è economia, visto che parliamo quasi esclusivamente di aziende a conduzione familiare il cui unico reddito è rappresentato proprio dalla campagna.  Un confronto che non può tardare.

Un confronto per risolvere un problema di etichetta. E, trattandosi di un vino, non è questione di poco conto.


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