Degustazione Aglianico del Vulture Macarico da Vigna del Mar: quando poi nel bicchiere ritrovi tutto ciò che hai visto

Pubblicato in: Verticali e orizzontali

di Vignadelmar

Camminare fra gli ordinatissimi e fittissimi filari nel vigneto del Macarico in una limpida ed assolata giornata di dicembre ha pochi eguali. Qui tutto è fuori dall’ordinario, a partire dalle 10.000 piante per ettaro, caso unico in questa zona. Poi camminare ascoltando le storie di Rino Botte aggiunge quel tanto da farti sentire ed essere felice.

Dopo naturalmente vai in cantina, dove trovi tante belle barrique ed alcuni tonneau adagiati in una grande stanza scavata nella lava  del vulcano Vulture. Tutto è pulito ed ordinato, tutto ha un perché, a partire dalla vinificazione per zone del vigneto che poi dopo faranno massa unica. Dalla vendemmia all’uscita in commercio passeranno cinque anni, il tempo minimo necessario all’aglianico di veder fuse tutte le proprie componenti, “come in un tessuto di morbidissimo velluto” (Rino Botte – Cit.).

Tutto è organizzato per cercare di ottenere l’idea di aglianico che Rino ha in testa. Se vogliamo forse non si cercano le ruspanti e un po’ datate tradizionalità. Al contrario, si ricercano un’eleganza ed una piacevolezza che non sempre è facile trovare in vini di questa zona. Piacevolezza ed eleganza che comunque non devono nascondere né il vitigno né il terroir di appartenenza. Non è facile, però secondo me, adesso Rino è molto vicino nell’ottenere ciò che vuole. Quando leggerà questa mia affermazione subito dirà che non è d’accordo, che il cammino da fare è ancora lungo, che ancora ha solo sette vendemmie sulle spalle. L’aglianico è una bestiaccia, poi ci si mettono le annate particolari che tu devi provare ad interpretare ma non sai se stai facendo bene.

Poi però tu assaggi prima il Macarì 2006 che dovrebbe essere il “secondo” vino aziendale ed invece ha una dignità tutta sua. Una dignità fatta di profondità di frutto, immediatezza e piacevolezza di beva, naso abbastanza esuberante e bocca setosa ed appagante. Piacevole, ma non piacione, con una bella acidità e mineralità che invita a berlo e riberlo.

Subito dopo, addentando una crespella al ragù di fagiano, passi al Macarico 2007. Vino che uscirà fra un anno e mezzo. Il mercato lo pretenderebbe subito perché è stato pluripremiato dalle guide enologiche. Secondo Rino non è pronto, ha ancora bisogno di riposare in  bottiglia. Per me è il vino della serata: dominato da sentori di polvere, terra bagnata, lava e grafite. Intrigante, elegante anche se ruvido, molto meno di tanti conterranei. Secondo me ha un enorme futuro, da bere e ribere nei prossimi decenni, me il migliore fra quelli bevuti recentemente….e non sono pochissimi!

Infine chiudi con la prima annata di Macarico prodotta, la 2003; da magnum, perché le bottiglie da 0,75 ormai son praticamente finite da tempo. Tre delle poche magnum sopravvissute sono finite stasera ad accompagnare egregiamente un bell’agnello al forno con le patate. Queste magnum rappresentano l’esordio del vignaiolo Rino, è l’archetipo degli aglianici che verranno, è l’indicazione della via da seguire, con tutte le deviazioni che la natura e l’esperienza imporranno o suggeriranno. Forse sconta l’annata calda, pecca un filino in freschezza, ma le sue belle note terragne le ha tutte. Rino si perde a ricordare quella prima vinificazione con un torchio piccolo così, le follature fatte con una specie di forcone ed un garage utilizzato come cantina.

La Macarico di strada ne ha fatta, sarà bello rincontrarla ogni tanto per cercare di capire se alla fine Rino sarà riuscito a fare l’Aglianico che ha in mente da così tanto tempo.

Le foto sono di Nico Morgese


Dai un'occhiata anche a:

Exit mobile version