Dom Pérignon, The Millennium Vertical Dinner Milano

Pubblicato in: Verticali e orizzontali

di Bruno Petronilli

L’evento

L’ascensore sale velocemente fino al 32° piano della Torre Solaria. Ci siamo appena affrancati da una Milano fredda e piovosa. Le porte si aprono, si svela l’ambiente, un enorme loft volutamente incompiuto. Siamo consapevolmente in anticipo, ma la curiosità tirannica per il protagonista della serata è troppo potente. In un angolo c’è Richard Geoffroy, Chef de Cave di Dom Pérignon. Discorre amabilmente, sorride. Di bottiglie di Dom per ora nessuna traccia. “Devi pazientare ancora qualche minuto” ci dicono. Poi una lama di luce verde e abbacinante taglia di netto in due la nostra giornata. Inizia la Verticale del Millennio, l’alba del nuovo giorno si chiama Dom Pérignon 2000.

The Power of Creation

L’intenso percorso nei Vintage di Dom Pérignon del nuovo millennio ci porterà all’ultimo nato, il 2006. Un viaggio nell’identità di questo Champagne leggendario, ma anche un cammino mistico nella mente di colui che ha identificato il suo ruolo con il concetto di Potere della Creazione. Richard Geoffroy non è un uomo qualunque, è inutile negarlo. Egli è il nesso di causalità tra una terra divina e il mito enoico che da essa trae energia. “Il vino ha una particolare presenza nello spazio, quasi in rilievo, è tridimensionale. La sequenza di tutti questi millesimi caratterizza l’identità di Dom Pérignon. Nature diverse, ma con ogni vintage ci avviciniamo sempre di più alla sua vera essenza, sempre di più”. Le parole di Richard Geoffroy delineano la sua una ricerca stilistica, tratteggiano quel sublime martirio, così intimo e psicologico, che caratterizza tutta la storia dell’arte e, di conseguenza, dell’uomo. E’ la demoscopia della perfezione, della purezza, l’opera e la missione che viene concessa a pochi uomini, ma che per fortuna sarà godibile e accessibile alla sensibilità di chiunque.

Gli Champagne di Richard Geoffroy hanno simbolicamente la forza dirompente del “Finito-Non Finito” di Michelangelo, che in celeberrime statue incompiute accentua la lotta dello spirito che tenta di liberarsi dalla materia marmorea per anelare al divino. Ma hanno, contemporaneamente, la perfezione stilistica e la potenza espressiva del Bernini, che cristallizza l’energia della natura umana nell’Estasi di Santa Teresa, rendendo vivido e infinito un singolo istante di esistenza.

Edizione limitata

Non poteva mancare l’edizione artistica e limitata di Dom Pérignon Vintage 2006, grazie alla visione di Björk e Chris Cunningham che hanno immaginato una verde e scintillante luce che illumina la bottiglia dall’alto.

D’altronde la successione unica dei Vintage targati 2000 è un evento senza precedenti nella storia della Maison, e si affianca, per prestigio, a due leggendarie decadi del secolo scorso come quella degli anni ’20 e degli anni ’60.

Dom Pérignon Vintage 2006

La brillantezza, lo splendore, la luce”. Una ricchezza sofisticata, opulento, iodato, materico.

 

Dom Pérignon Vintage 2005

“La sua maturità è superlativa”. Minerale, elegante, persuasivo e antalgico.

 

Dom Pérignon Vintage 2004

“Molti dicono che il 2004 ha acquisito molta più materia negli ultimi anni”. Una freschezza infinita e intramontabile.

 

Dom Pérignon Vintage 2003

E’ costruito più sul ritmo e sulla rottura che sulla melodia”. Femminile, seducente, carnale.

 

Dom Pérignon Vintage 2002

Mantiene la sua struttura in modo perfetto e intenso”. Vigoroso e signorile, profondo e armonico.

 

Dom Pérignon Vintage 2000

Un universo vegetale e acquatico”. Maturità e spessore disarmanti, un’espressività suadente e pittorica.

 

Memories

Stappare una bottiglia di Dom Pérignon è un atto quasi liturgico, un rito che incute soggezione e che travalica ogni forma di materialità per via di quella sottile forma di sensibilità che viene richiesta, per qualche istante, a chiunque decida di gustarlo. Ordinare un Dom Pérignon al ristorante esige un comportamento appropriato, direi unico. E’ necessario fissare negli occhi il sommelier che si avvicina al tavolo con l’intenzione ingenua di porgervi la carta dei vini. Con imperturbabile disinvoltura è fondamentale restituire immediatamente la stessa senza degnarla nemmeno di uno sguardo e, quasi contemporaneamente, pronunciare tre semplici parole: “Dom Pérignon, grazie”. La salvaguardia del vostro impavido atteggiamento da navigato consumatore di Dom prevede di disseminare, ad intervalli regolari, rapide e distratte occhiate in direzione degli altri tavoli. Il capolavoro di tanta deliziosa perversione ostentativa potrà considerarsi completo solo dopo che il vostro vicino avrà finalmente optato per un mediocre vino a buon mercato: ecco giunto il momento ideale per ordinare la seconda bottiglia di Dom, da eseguire con un cenno fulmineo e deciso della mano. Nell’attesa del servizio fingerete curiosità per la scelta enoica della vittima che vi siede accanto, rivolgendo lo sguardo verso l’etichetta, strizzando leggermente gli occhi per simulare incertezza prima di ritrarre di scatto il capo all’indietro e allargare a dismisura le palpebre in palese senso di disgusto”.

 

Ecco come immodestamente scrivevo di Dom in un articolo apparso su Spirito di Vino una dozzina di anni fa. La penso ancora così.


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