Finale di 2010, i tre migliori vini campani che potete portarvi all’Inferno

Pubblicato in: Verticali e orizzontali


Ma no, non vi spaventate cuccioli. So già che voi tutti vi meritate il Paradiso, chi non si autoassolve?
Del resto all’Inferno, se vivete in Italia, ci siete già: cosa volete, è solo questione di allenamento per un periodo più prolungato di permanenza. Dicono per sempre, ma deve essere sicuramente meno disagevole in un Paese dove è già tutto ben descritto dalla funzionaria americana sputtanata da Assange. Credo del resto sia questo il punto di vista di almeno quattro, cinque milioni di persone a cui non è concesso diritto di voto come ai tempi degli schiavi, condannati a lavorare, essere presi a mitragliate e ogni tanto imprigionati per un delitto commesso da italiani, quelli bianchi.


Pensate forse che il Demonio sia più suadente del Caimano? Ti sbagli people puzzolente di vaniglia inebetito da Telequiz e Striscia che la domenica butti un paio di coltellate per noia allo stadio, magari mantiene un po’ di più quel che promette, ma siamo lì. Forse è giusto un po’ più umano.
Il Demonio sei tu perché il Caimano vorresti essere tu.

Vabbè, non ci appesantiamo troppo questa giornata. Tre vini 2010 per trascorrere serenamente questo periodo infernale, vah.

1- Poliphemo 2006 Taurasi docg di Luigi Tecce. Inarrivabile Aglianico. Voto 98/100

Strepitoso Taurasi, il più buono in assoluto mai bevuto in vita. Le ultime emozioni così intense con un Aglianico risalgono al Salae Domini 1994, ma quello era il momento neoclassico del vino: qui siamo in pieno Sturm und drang. E’ un vino che non hai piacere a condividere, di pancia e di testa. Tra lui e un morbido Supertuscan c’è la differenza che divide la piattaforma dei dieci metri di Klaus Di Biasi e il vibrante trampolino dei tre metri di Cagnotto. Tutto lì il discorso. Cenere e lapilli, freschezza e tannini. Un amore facile da agguantare ma impossibile da possedere. Sapidità.

2- Greco di Tufo 2009 docg di Cantine dell’Angelo. La spada nella roccia. Voto 98/100


Mai si è vista nel Greco una tale perfezione di rapporto tra la frutta e lo zolfo, ti gira attorno come faceva Cassius Clay con gli avversari, pensi di aver trovato una chiave di lettura e un grado in più o in meno di temperatura ti obbliga al ripensamento del bicchiere. Mai il Greco, volgare bianco operaio da trasporto massi per le Piramidi, aveva raggiunto questa finezza, questa dinamicità, questa profondità. Agrumi sulfurei, un bicchiere di acqua ghiacciata nel solleone. Al bando dolcezze, salato.

3-Sabbie di Sopra il Bosco 2008 Terre del Volturno igt di Nanni Copè. La rivincita di Bordeaux. Voto 97/100


Il secondo parte dalla terra, questo, come il primo, dalla testa di chi lo fa. Giovanni Ascione è a vocazione bordolese, pre-Parker ovviamente, lavora di blend e di legno a lui ben conosciuto. Non lascia scappare l’acidità ma ci lavora, la tiene in gabbia e la esibisce ammaestrata. Il meno abbinabile dei tre, ma il più convincente ideologicamente. La coperta che ti tiri su prima di addormentarti stanco e pago. Dolce, fresco, salato e finalino amaro.


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