I vini di Maffini nel cuore del Cilento

Pubblicato in: Giro di vite

di Enrico Malgi

Certo che è proprio dura, lo ammetto. Ogni qualvolta che devo confrontarmi con Luigi Maffini la mia
diventa un’impresa ardua, difficile e faticosa, al limite della sopportazione, anche se alla fine è molto istruttiva e gratificante. Il personaggio gioca sempre su un piano ambivalente: è carismatico, ma spocchioso; è preparato, ma logorroico; disponibile, ma poco generoso, solitario e orgoglioso oltre ogni limite. Tutto questo però, diciamoci la verità, se lo può permettere, perché da quando ha iniziato a produrre vini dalla metà degli anni Novanta ha saputo realizzare sempre e solo il meglio in ambito territoriale, così com’è unanimemente riconosciuto da tutti gli addetti ai lavori.

In un caldo ed afoso pomeriggio cilentano sono stato ospite di Luigi e della gentile e simpatica signora Raffaella nella loro proprietà di San Marco di Castellabate. La casa padronale è assediata dagli ordinati filari e dalla finestra del salotto riesco quasi a toccare con mano il paese di Castellabate, il cui profilo si erge in alto mollemente adagiato su una placida collina. Ovviamente si parla di vino, o meglio del vino prodotto da Maffini, perché per lui, come dicono gli Inglesi, “what else they carried, by way of opinion, was not mine”, ovvero, tradotto succintamente e riferito agli altri “il resto, che sono opinioni, non mi appartiene”.

S’incomincia con i bianchi, naturalmente, con solo Fiano: due millesimi del Kratos il 2007 e il 2010, quest’ultimo vino da poco tempo in commercio, e poi con il Pietrancatenata 2008 e 2009, e per quest’ultima annata si tratta di un’anteprima non ancora arrivata sugli scaffali delle enoteche e nella cantine dei ristoranti, ma già pregustata ed ansiosamente aspettata, perché il finale è già stato scritto.

Il 2007 all’inizio si pensava che non fosse un’annata particolarmente felice per i bianchi cilentani, soprattutto per l’eccessivo caldo, che ne limitava la longevità e la freschezza gustativa. Ma per fortuna l’elastico del tempo ha saputo fare giustizia, perché nel Kratos ha giocato molto la buona acidità di partenza, oltre che la perfetta lavorazione della materia prima. A distanza di quattro anni, quindi, il giudizio è ampiamente positivo. Il vino è elegante, equilibrato, fresco, fruttato, floreale, proprio come la connotazione del copione prettamente maffiniano impone, un imprimatur reso marchio di fabbrica: si può stampare, ovvero, adesso si può bere e che gran bel bere!

Per il millesimo 2010 è ancora prematuro emettere un giudizio definitivo, perché il vino ha bisogno di evolversi e di affinarsi per qualche anno ancora. La partenza data dallo starter, però, è incoraggiante e lusinghiera. La volata è appena iniziata, eppure lo scatto già da adesso si dimostra felino e lungo. Staremo a vedere.

Per il Pietraincatenata 2008 rimando alla mia scheda del 10 novembre scorso. Si può solo aggiungere che nel frattempo il vino ha continuato ad evolversi ed ha appianato qualche piccola spigolosità giovanile, risultando quindi più godibile.

L’annata 2009 è ancora fuori commercio, perché Luigi, a similitudine dei grandi vignerons irpini, preferisce sempre uscire due anni dopo la vendemmia con il suo cru, anche perché il vino sosta prima in barrique e poi in bottiglia complessivamente per venti mesi. Non mi sento di emettere un giudizio affrettato, ma comunque le premesse sono tutte favorevoli ad una positiva evoluzione nel tempo, perché parafrasando Pascuttella in “Cupido scherza… e spazza” di Peppino De Filippo: “Se l’inizio inizia con questo inizio che inizio di inizio è…”, allora si può tranquillamente affermare che l’inizio è davvero ottimo…

I vini rossi che ho assaggiato sono stati il Kleos 2009 e il Cenito 2006. Per il primo, è da tempo ormai che è stata abbandonata l’idea del classico blend campano dell’Aglianico insieme con il Piedirosso, preferendo il monovitigno di provenienza ellenica, con risultati davvero sorprendenti e piacevoli. Teniamo presente che questo rosso è quello base della Casa, che funge da comprimario nei confronti del suo più illustre fratello, cioè il Cenito. Ebbene, se tanto mi dà tanto, allora bisogna dire che il rosso di Montalcino invece che il Brunello, il rosso di Montepulciano anziché il Nobile, il Nebbiolo delle Langhe al posto del Barolo e del Barbaresco, l’Aglianico dei Campi Taurasini in sostituzione del Taurasi, il Ripasso della Valpolicella invece che l’Amarone, il Montefalco rosso anziché il Sagrantino, e via dicendo, non possono assolutamente competere come seconda scelta con il Kleos. Ed ho detto tutto.

E veniamo, quindi, al Cenito 2006 con Aglianico in purezza. L’annata, a differenza di quella del 2007, qui è stata abbastanza piovosa, ma non ha influito affatto sulla sanità dell’uva, tutt’altro. Il vino col tempo è diventato naturalmente dinamico, come uno scatto progressivo dell’asturiano Fernando Alonso con la sua Ferrari, mentre sorpassa in rettilineo la Red Bull di Sebastian Vettel. Si caratterizza per le sue inconfondibili note balsamiche, empireumatiche e fumé, che lo fanno assomigliare in parte ad un Pinot noir di Chambolle Musigny di George Roumier. Veramente superbo, credetemi.


Sede a San Marco di Castellabate – Località Cenito – Tel. e Fax: 0974/966345 – Cell. 338 3495193 – maffini@costacilento.itwww.maffini-vini.com – Enologo: Luigi Maffini con i consigli di Luigi Moio – Ettari vitati: 18, più conferitori di fiducia – Bottiglie prodotte: 100.000 – Vitigni: Aglianico. Barbera, Piedirosso e Fiano.


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