Il Piedirosso dei Campi Flegrei | L’anima rossa del territorio vulcanico a nord di Napoli

Pubblicato in: Giro di vite
Campi Flegrei, la bellezza

di Giulia Cannada Bartoli

Ormai è noto: io i Campi Flegrei li amo e adoro raccontarli. Negli ultimi trent’anni, se partiamo dalla nascita della Doc nel 1994, e, da quando, anni prima Gennaro Martusciello e famiglia hanno contribuito alla nascita del vino dei Campi Flegrei, come oggi lo conosciamo, Piedirosso e Falanghina hanno fatto passi da gigante.

Vi racconto qui del territorio e della storia del vitigno e del vino, volutamente senza (o quasi) riferimenti alle cantine, proprio per dare un ulteriore segnale circa il bisogno urgente di lavorare a una narrazione comune e coerente di vino e territorio, in vista del famoso obiettivo della costruzione “Brand Identity” del marchio Campi Flegrei, in Italia e all’estero. “Non chiamatelo minore”!

 

J.W. Goethe nel suo “Viaggio in Italia” così descrive i Campi Flegrei: «Brevi e felici passeggiate in carrozza o a piedi attraverso il più prodigioso paese del mondo. Sotto il cielo più limpido, il suolo più infido». Sono trascorsi poco più di due secoli e, mai come ora, quella descrizione è così vera e attuale.

 

Dal greco φλέγω, “brucio”, phlegraìos, “ardente”. I Campi Flegrei sono un distretto vulcanico con circa 60 crateri per lo più monogenici, concentrati in un’area di 65 Km2 e disposti in allineamento Est-Ovest.

Siamo in una zona ad alto valore di biodiversità: quattro laghi, tutti di origine vulcanica, Averno, Fusaro, Lucrino, Miseno. Capo Miseno, Parco Sommerso di Baia, Parco Regionale dei Campi Flegrei, Cratere Astroni…e l’elenco sarebbe ancora lungo.

Bellezza e biodiversità sono una dote di straordinaria valenza, pur in presenza di criticità di diverso tipo.

I suoli, con minime differenze tra un areale e l’altro, sono prevalentemente:

– rocce piroclastiche (prodotti di eruzioni) poco coese: ceneri, lapilli, sabbie vulcaniche, frammenti lavici, pomici.

– a reazione acida

– ricchi di Potassio e poveri di Magnesio

– eterogenei

Il vigneto flegreo

A metà dell’1800 la fillossera distrugge quasi totalmente il vigneto Europa.

Il vigneto flegreo si trova mediamente tra 50 e 200 metri sul livello del mare, la natura sabbiosa e vulcanica dei terreni dei Campi Flegrei ha protetto le viti dall’attacco della Fillossera.  ~ I viticoltori flegrei sono dunque custodi di un’inestimabile patrimonio ampelografico. Resilienza di una terra di mare e vulcani che esprime due vitigni autoctoni, la Falanghina bianca come l’acqua e il Piedirosso, rosso come il fuoco.

Clima e cambiamento climatico

Il clima dei Campi Flegrei sarebbe tendenzialmente mediterraneo: t inverni miti e piovosi estati calde e secche. Temperatura media Inverno: 14°; Estate: 28°; brezza marina costante e precipitazioni medie: circa 700-900 mm/anno.

Anche nei Campi Flegrei, tuttavia, si avverte l’influenza del cambiamento climatico, (estati siccitose, precipitazioni eccezionali) che si sta fronteggiando con i sistemi di Agricoltura di precisione e ausilio di stazioni meteo. Oltre a puntare sui vitigni autoctoni, che meglio si adattano al contesto pedoclimatico locale, bisognerà selezionare cloni e portinnesti più rispondenti al mutamento climatico (maturazione tardiva, resistenza alla siccità, ecc.).

 

Il Piedirosso – cenni storici

Il Piedirosso, ormai è noto, sembra derivi dalla Columina descritta da Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia. Durante il XIX sec. Le descrizioni fatte da vari ampelografi hanno sempre evidenziato la caratteristica che ne ha generato il nome: il colore rosso che prendono rachide e pedicello a maturazione, che ricorda le zampette dei colombi.

1804 Nicola Columella Onorati afferma: “Il piede palombo, uva ancora nera, ma alquanto rada negli acini, i piccoli de’ quali rosseggiano come i piedi de Colombi”.

1844 Gasparrini lo associa erroneamente al Dolcetto piemontese, affermandone la sua importanza per la produzione di vini di qualità per la provincia di Napoli.

Il Piedirosso nelle Doc della provincia di Napoli

La varietà è coltivata su tutto il territorio regionale con massima diffusione in provincia di Napoli, dove rappresenta il vitigno a bacca nera prevalente e dà origine ai vini Doc:

Campi Flegrei, Ischia, Capri, Lacryma Christi del Vesuvio, Penisola Sorrentina, sotto zona Sorrento, Gragnano, Lettere e Costa d’Amalfi.

Dei circa 150 ettari a Dop Campi Flegrei, solo il 20% è coltivato a Piedirosso. Dai dati delle rivendiche 2024 (fonte Agroqualità) si rilevano: Q.li uva: 1,422; Ha: 23; Vino (Hl): 996. La tendenza è in calo rispetto agli anni precedenti.

 

Cenni morfologici

Il Piedirosso è un vitigno abbastanza vigoroso, di non elevata fertilità delle gemme, in particolare quelle basali, e di produzione non eccessiva. Grappoli spargoli e buccia molto resistente, prerogativa fondamentale per spingere al meglio la maturazione, limitando al minimo gli attacchi botritici. Le rese sono nella media o basse, ma costanti. È molto concentrato in zuccheri con acidità media. Chicchi di media grandezza, sferici, con alte concentrazioni di pruina sulla spessa buccia di colore rosso-violaceo.

Cenni agronomici

Il piedirosso è un vitigno difficile, ostico in campo e in cantina. In assenza di un Protocollo Viticolo di riferimento, si prediligono forme di allevamento “lunghe” (Sylvoz e Pergola che permettono maggior produzione; maggior esposizione luce solare; migliore areazione dei grappoli). Se vendemmiato troppo presto, si ottengono vini  magri e acerbi, ma, se raccolto anche con poco ritardo, produce note surmature e può presentare sentori di riduzione in condizioni di stress e in carenza di nutrienti. Non esiste un unico Clone, ma un’ampia varietà, spesso molto diversi tra loro.
L’eterogeneità dei suoli e l’invadente antropizzazione hanno prodotto un’estrema parcellizzazione degli appezzamenti e anche una diversità, a volte marcata, di stile produttivo.

Queste diversità mettono in risalto il bisogno di ricorrere a un’attività di micro zonazione, utile per costruire una precisa identità del Piedirosso Campi Flegrei, quale vino profondamente figlio del proprio territorio.

 

Profilo organolettico

Il vino da Piedirosso (di per sé scarico di antociani e tannini) lavorato  in purezza e coltivato su sabbia vulcanica è: di buona trasparenza, fine, sottile, sapido, con spiccata mineralità. Il vitigno flegreo è di corpo leggero e dal corredo tannico piuttosto delicato. Si racconta con eleganza tra note floreali (la foglia di geranio è uno dei suoi marcatori tipici), richiami affumicati, come di fiammifero spento e spesso, seducenti richiami iodati e salmastri.

Non facile individuare un filo comune: passiamo da vini più succosi e floreali, a bottiglie più difficili da interpretare.  L’utilizzo del legno nella vinificazione e affinamento è un argomento delicato…dopo molti esperimenti si è arrivati alla conclusione che un uso consapevole e moderato, solo per parte della massa, o per ovviare ad alcune criticità (es. tannini verdi), è possibile, senza snaturare il vitigno.

Lo “scugnizzo flegreo” si caratterizza per grande capacità di beva e abbinabilità gastronomica. Il profilo cromatico è allineato sulla scala del rosso rubino intenso, di buona trasparenza (marcatore comune) e grande luminosità. Sotto l’aspetto olfattivo si spazia dal frutto carnoso, al marcatore floreale tipico della foglia di geranio, ai piccoli frutti rossi, alle sottili spezie, alle note salmastre, iodate e affumicate. Il corredo gustativo si caratterizza per freschezza, sapidità e beva piacevole: l’allegro alternarsi della vena acido/sapida con la scia salmastra e minerale restituisce una nitida fotografia del territorio.

Queste caratteristiche insieme con il moderato grado alcolico sono un asset prezioso per spingere questo vino agli onori di cronaca e pubblico: è il vino semplice, della convivialità, della gioia, come più volte è stato definito in questo blog.

In passato il Piedirosso era ritenuto esclusivamente di pronta beva, negli ultimi 20 anni si è affermato come vino elegante, minerale e longevo grazie al lavoro dei “Piedirosso Boys”: Raffaele Moccia, Gerardo Vernazzaro, Vincenzo Di Meo, Giuseppe Fortunato, Gennaro Schiano, Antonio Iovino e molti altri.

Si esprime al meglio a temperatura di servizio  di 12°/14°C, da bere senza pensieri sulla cucina di mare (sfatando il mito che il vino rosso con il pesce non ci sta), sulla nostra cucina classica e perché no? Sulla pizza.

Il posizionamento Ho.re.ca. medio in enoteca va dai 12,00 € agli oltre 20,00 per i cru e le riserve. Se paragonato a rossi analoghi, diciamo “figli di un Bacco minore”, siamo un po’ sbilanciati verso l’alto: per motivare il prezzo più elevato sarà necessario (come molti produttori già fanno) costruire una narrazione nuova del territorio, del vitigno e del suo vino.

Que Viva Piedirosso!


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