Irripetibile verticale Taurasi 1968-1969-1970 con Enzo Vizzari e Piero Mastroberardino

Pubblicato in: Verticali e orizzontali

di Sara Marte

Certe occasioni non capitano spesso. Taurasi Mastroberardino 1968, 1969, 1970: decisamente non c’ero e sicuramente non ero nemmeno in programma eppure, da scadente bassista e più convincente appassionata delle grandi epoche musicali dico solo: The Beatles, Jimi Hendrix, Rolling Stones, Deep Purple, The Who,Led Zeppelin, The Doors, Bob Dylan,Velvet Underground, The Kinks (sottovalutati!), Simon&Gurfunkel, Black Sabbath e Santana. Era un mondo adulto e si sbagliava da professionisti; musica epocale destinata a cambiare la storia e a durare nel tempo indissolubilmente fin qui. Fino a quelli nati più di una dozzina d’anni dopo e risultando ancora oggi caposaldo mai grigio. Eccoci dunque al cospetto di bottiglie caposaldo, che spiegano il Taurasi ed il suo cambiamento negli anni. Non è solo concetto ma concreto invito al sorso. Solo le grandi opere attraversano con vigore le mutazioni ed il tempo lasciando che le mode scivolino via quali fastidiose sirene, che incantano solo il qui e ora .

Luciano Pignataro, Enzo Vizzari, direttore Guida de L’Espresso e Piero Mastroberardino, nell’ambito della manifestazione Irpinia da Amare, presso l’Hotel De La Ville in Avellino con le bottiglie della cantina di Alessandro Bembo, appassionato patron, aprono un mondo di conquiste e colti viaggi enoici. E’ la prima volta che si provano pubblicamente bottiglie di una cantina privata ed è questo l’elemento che rende unica la degustazione.


Un salto senza rete insomma e un divertito percorso attraverso ciò che incontrollato viaggia nelle mani degli appassionati. Tre le bottiglie dal peso specifico di oltre 40 anni di storia e di lavoro. Tre le bottiglie che parlano di una vita e più semplicemente di loro stesse e dell’annata che rappresentano.

 

Nella filosofia aziendale leggerete che il vino è “ saper attendere gli eventi con una visione di ampio respiro, senza cedere alle lusinghe del risultato immediato” “ scegliere la via maestra che quasi mai coincide con la più breve”. Oggi allora siamo proprio nel posto giusto e nel momento giusto. -Costanza, coerenza e la testa del montanaro hanno fatto, delle volte soffrire, ma il tempo è sicuramente una risorsa- racconta Piero Mastroberardino.  Comprendere dunque cosa il tempo ha dato e cosa ha tolto è la più piacevole delle ricerche, ché questi bicchieri non attendon altro che l’assaggio.

Taurasi 1968

Ritenuta vero punto di svolta per il Taurasi è bottiglia simbolo, archetipo e riferimento. Fu vendemmia calda e piuttosto asciutta, decisamente copiosa. E’ in pratica la prima annata da cui si può cominciare a parlare di zonazione. Prima di questa, altre due furono le grandi annate, la 58 e la 61, come racconta Piero Mastroberardino. Bottiglie straordinarie che fecero quasi da apripista nel grande mercato americano, alla 68, cui il padre aveva creduto da subito. Veniamo colpiti dal colore vivo e luminoso. Un bel naso completo e complesso con delle spezie secche, toni tostati, tabacco e le erbe secche. E’ così intenso. Quella che fu concepita come una bottiglia “normale”, non parliamo, infatti, di Riserva, si apre invece come straordinaria.  Dal naso passi alla bocca e rimani stordito per il vigore scattante che non ti aspetti. Così nella sua doppia anima si esprime lo scheletro tipico dell’aglianico. Questo non è certo un vino domo ma ancora loquace e pronto a dire la sua.

Taurasi 1969


Bottiglia che è l’espressione più vera della propria annata. Una stagione certamente sofferta con piogge nei momenti sbagliati. Ora a proposito di sofferenza, il povero bicchiere risente della posizione, giacché si trova tra due sorsi così alti; un po’, lo sfortunato, ci soffre appunto. Di fatto è un bicchierone. Nel complesso parliamo di un naso un po’ più avanti del precedente, con la frutta sotto spirito e una struttura maggiormente morbida e rotonda.  Possiamo dire però che ha una sua quota di freschezza e sapidità. Giusta compostezza e questa volta un naso in linea con il palato. Ancora un viaggio indietro nel tempo al ricordo di come le uve arrivavano in cantina anche a metà dicembre, in quell’epoca di carretti e strade di montagna.

Taurasi 1970

Arriva il colpo di grazia, un vero spettacolo di eleganza. Annata più fredda, con la presenza della neve in maniera più copiosa. Qui si parla subito di grande finezza e stile. E’ un sorso integro e compatto che pur non avendo la generosità d’insieme della 68 ha toni sussurrati e puntuali. Tutto è al suo posto in un ordine di grande appeal. Tannini sottili, bocca lunga, avvolgente e verticale. Un vino notevole e ricercato nella sua precisione. Nessuna sbavatura, dritto alla meta. Bellissima l’immagine che ci regala Piero Mastroberardino, quando descrive l’approccio a certe bottiglie d’annata come a dei vecchietti cui portare rispetto solo per l’età. Ma non deve essere così, qui ci sono bottiglie vive, piene di verve, personalità, colore e struttura. Insomma pronte al confronto con chi le vuole semplicemente e onorevolmente bere.

 “Le parole stanno fluendo come una pioggia infinita in una tazza di carta” e allora basta, loro, queste bottiglie hanno messo un punto e si son rese protagoniste indimenticabili ed espressive.

 


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