La Nosiola, anima dolce del Lago di Garda

Pubblicato in: Giro di vite

dall’inviata a Riva del  Garda
Teresa Mincione

La Nosiola? “Uno, nessuno e centomila”, per dirla alla Pirandello. Vitigno autoctono e unico vino a bacca bianca del Trentino, riesce a custodire in sé i poliedrici aspetti d’un territorio straordinariamente particolare.  Legata da una stretta alchimia con la Valle dei Laghi, si presta a molteplici  interpretazioni a seconda della firma e della filosofia di ciascun produttore che su di essa conta per interpretare al meglio il territorio su cui lavora.  Un vitigno straordinariamente versatile – da capire dicono gli esperti-  che non risparmia di regalare al Trentino uno dei suoi volti più importanti: l’esclusività di un vino non replicabile altrove.  

La Valle dei laghi come zona vocata e il terroir come suo sposo eletto ad unico ed esclusivo custode della sua essenza. In concorso tra loro per la miglior resa del vitigno, il territorio (Valle dei Laghi) e il microclima. Un binomio perfetto! Il vento del Garda, l’Ora, nel rendere l’ambiente costantemente ventilato ed asciutto, mette “a proprio agio” le uve che, trovandosi in condizioni pedoclimatiche perfette, fungono da cartina al tornasole per qualità e tipicità.  Ecco il “centomila” che ritorna: la Nosiola e le sue varie e possibili interpretazioni. Da un lato come Trentino Doc Nosiola evidenzia una buona sapidità unita da una costante presenza della nota acida che ne valorizza la freschezza, e dall’altro come materia prima per Il prezioso Vino Santo, da sempre definito “passito dei passiti”.  La storia di questa dolce essenza dorata si fonde con quella della valle.

Già al tempo di Michelangelo Mariani si parlava dei “vini dolci di Santa Massenza” come vini importanti e pregiati. Stando alle letture dei primi del novecento, nell’ottocento si contavano sedici produttori (dalla vale dei laghi fino ad arrivare a Tenno). Se con la fine della dominazione asburgica  la fortuna di questo nettare d’oro si annullò quasi del tutto  per  mancata  richiesta di vini dolci, con l’avvento degli anni sessanta-settanta la ripresa fu assicurata per mano di vignaioli locali. La straordinarietà del Vino Santo trentino risiede nel primato del periodo di appassimento, unico per durata in tutto il panorama enologico mondiale: sei lunghi mesi. I grappoli, ben maturi, rigorosamente spargoli e di sole uve Nosiola,  vengono adagiati sulle arele e lasciati appassire per l’arco di tempo che copre dalla fine del mese di  Settembre alla settimana santa. Tempus fugit, è vero, ma sarà strumentale a che la botrytis cinerea attacchi gli acini, disidratandoli e permettendo la contestuale concentrazione dello zucchero. 

“E’ questo fungo, a quanto pare, a conferire al Vino Santo quel sapore speciale”( T.Panizza). Alla pigiatura, il mosto è ormai concentrato, con la presenza di un 45% di zuccheri e una corrispondente resa bassissima per litro ( 15-18 L di mosto per 100kg di uva messa ad appassire) che aumenterà ad oltranza durante la  permanenza di  anni in cantina. Per una maggior sicurezza, c’è chi prevede  la vinificazione del Vino Santo in acciaio per poi far coronare la maturazione, dopo altri  anni  di fermentazione, in botti non nuove. Lo scopo è il risultato: non incidere sui sapori ma puntare alla fase ossidativa per un colore più soddisfacente e un corredo aromatico altamente raffinato. La corsa termina con l’imbottigliamento.

Come non innamorarsi di quel colore ambra che racchiude un ventaglio di profumi da far perdere il tempo? Nel bicchiere il colore ipnotizza lo sguardo e al naso l’olfatto ne è inebriato. Il corredo olfattivo è di particolare complessità e finezza spaziando dalle note candite a quelle speziate. Nel suo corredo genetico si nasconde un vero e proprio elisir di lunga vita. Il tempo, l’alleato indispensabile ed inseparabile (in entrambi le versioni) ne tratteggia personalità e resa: ha dimostrato come questo vitigno, al di la delle aspettative, sia sorprendentemente longevo.

Longevità che si rispecchia in annate anche datate (come l’82 e l’86) .Una piacevolezza non scalfita dal tempo. Ci si aspetterebbe dai vini dolci una certa stucchevolezza, a contrario, si riscontra una grande bevibilità ed eleganza che lascia la bocca pulita e pronta al prossimo assaggio. S

e si vuol giocare con gli abbinamenti, beh anche in questo caso la Nosiola sta al gioco: non solo come partner accanto ai dolci, ma anche come parte integrante di una preparazione di un piatto o con un foie gras.  Come vino da meditazione durante una partita a scacchi? Assolutamente si! Scacco matto per la Nosiola, signori, sul tempo e sulle aspettative.


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