L’Asprino d’Aversa degustato a quaranta metri nel sottosuolo di Napoli

Pubblicato in: Verticali e orizzontali
Momento della degustazione

’Associazione Italiana Sommelier della Campania incontra i produttori di Asprinio d’Aversa del consorzio Vitica in una mattinata all’insegna della cultura, della storia e della condivisione

di Ambrogio Vallo

Napoli riscopre la sua anima normanna e lo fa, senza dubbio, nel modo più piacevole possibile. L’alberata, metodo tradizionale di produzione del vino aversano per eccellenza, titolare della denominazione Aversa doc, è approdata lo scorso 7 dicembre nel centro storico partenopeo per conquistarne il “cuore”, letteralmente.

L’Associazione Italiana Sommelier della Campania ha difatti invitato i produttori di Asprinio d’Aversa consorziati Vitica ed i giornalisti di settore al Lapis Museum in Piazzetta Petrasanta a Napoli.  I partecipanti si sono trovati di fronte ad un complesso museale unico, nella cornice della Basilica di Santa Maria Maggiore. Chiesa edificata in origine sui resti di una domus romana e del tempio di Diana poi completamente ricostruita nel 1656 a causa dei danni provocati negli anni dai diversi terremoti.

Qui si viene accolti dalla interessante mostra “Convivia il gusto degli antichi”: reperti archeologici e tanti documenti d’epoca attraverso i quali è stato possibile ricostruire le abitudini culinarie e di servizio domestico degli antichi romani e greci. Non sono mancate le testimonianze sulle tecniche di coltivazione della vigna, con protagonista proprio l’alberata, figlia della dominazione greca tra l’VIII ed il VI secolo a.C.. Qui è iniziato il percorso di degustazione dell’Asprinio d’Aversa declinato nelle diverse tipologie previste dal disciplinare. Una location d’eccezione per un vitigno fortemente radicato nella storia della nostra regione Campania.

Dalla Basilica, scendendo nel sottosuolo, inizia un vero e proprio viaggio nel tempo: pavimenti, strutture murarie, mosaici e resti dell’antica domus tutti di origine romanica, risalenti ad almeno millecinquecento anni fa. Continuando il percorso in discesa ci si imbatte nell’antico acquedotto greco-romano, sfociante in diverse cisterne pluviali. Oggi luogo del “Museo dell’Acqua” dove è possibile assistere a quello che poteva essere l’aspetto originario del luogo, grazie alla ricostruzione recente di ruscelli ed evoluzioni idriche.

Questi ambienti hanno dapprima garantito agli antichi il fabbisogno d’acqua per l’intera città per poi essere utilizzati dalla popolazione napoletana come rifugio dai bombardamenti durante la seconda guerra mondale. In particolare ha assolto a questa importante funzione di ricovero il cosiddetto “Decumano sommerso”: un chilometro e mezzo di sotterranei oggi allestiti con suggestive animazioni multimediali che fanno rivivere ai visitatori il contesto della vita dei rifugiati in questi ambienti.

Proprio qui, a quaranta metri nel sottosuolo, nel “cuore” di Napoli, i presenti hanno continuato la degustazione dell’Asprinio offerto dai diversi produttori aderenti al consorzio Vitica (Consorzio Tutela Vini Caserta). “È stato un importante percorso di condivisione storica e culturale, in un luogo che rispecchia in pieno l’Asprinio di Aversa, anch’esso fedelmente ancorato alla storia antica dei nostri territori – afferma Pietro Iadicicco, delegato Ais Caserta e referente di Vitica. La mattinata si è conclusa con un bel momento di condivisione alla Locanda del Gesù Vecchio a via Giovanni Paladino n. 26, in pieno centro storico partenopeo.

L’ottimo pranzo, tutto della tradizione napoletana, è stato accompagnato, naturalmente, sempre dalla doc aversana della giornata. “Momenti come questi rinnovano il corpo e la mente” – commenta Tommaso Luongo, presidente Ais Campania – “portare un prodotto come l’Asprinio d’Aversa – continua Luongo – in degustazione nelle viscere di Napoli è stato come rinnovare un patto con il nostro territorio, dove storia, cultura e tradizione si fondono e trovano espressione viva nel quotidiano. Ecco, l’Asprinio d’Aversa incarna pienamente lo spirito di questa bella mattinata”. 

Che dire? Un momento importante per la cultura e la comunicazione enogastronomica, ma poi, in questi luoghi e con questi prodotti non poteva essere diversamente.


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