Romanè, la cucina del “buon ricordo” di Stefano Callegari

di Emanuela Sorrentino

L’idea di cucina è quella autentica e verace. Si “assapora” dall’ambiente e si legge sul menu prima ancora di assaggiare i piatti. Romanè
(con il claim semplicemente godere) a poca distanza dal Vaticano è un posto che ti entra nel cuore, è il regno dello chef e imprenditore Stefano Callegari che a poca distanza ha aperto Romanè Armare (anche con piatti di pesce sempre regionali, dal calamaro imbottito alla fettina panata di mare) e Romanè Arbanco (street food).

Porzioni abbondanti quelle di Romanè, il primo ristorante di Stefano Callegari famoso per il suo Trapizzino, con materie prime a Km zero, scelte soprattutto da produttori laziali “come le uova delle galline felici che razzolano in libertà qui vicino”, spiega Callegari. In menu “asyoulike”, per scegliere cosa piace “e decidi tu er mejo” è scitto. Poi c’è la formula Buon Ricordo, legata all’associazione di cui fa parte il locale che raduna i collezionisti e i gastronomi che intendono diffondere la cultura del buon cibo: in pratica si ordina una pietanza con il piatto del buon ricordo da portarsi a casa: pollo alla cacciatora, cicoria ripassata, polpette di bollito, spaghetti alla amatriciana tra le proposte. In menu non mancano rigatore alla carbonara, trippa alla romana, coda alla vaccinara.

E anche i dolci sono un viaggio nel passato, nella cucina semplice e autentica delle nonne con qualche innovazione di Callegari. La panna cotta è definita autentica, e lo è per davvero. Senza aggiunta di colla di pesce, esclusivamente crema di latte cucinata a bagnomaria, chiare d’uovo non montate e caramello.

Una coccola irrinunciabile che vale il viaggio, come la Pectina Panata che Callegari definisce “il dolce del pizzettaro” e richiama nel nome e nella forma la fettina panata romana. All’interno è un tripudio di frutta con la sua buccia (di qui il nome pectina), in pratica una macedonia con uvetta e pinoli avvolta in pasta fillo, panata in uovo e Oro Saiwa e poi fritta, accompagnata con crema diplomatica.

Romanè

Via Cipro, 106 – Roma

https://www.romaneviacipro106.it/

 

Scheda del 17 dicembre 2021

Romanè cucina romana di Stefano Callegari

ROMANE’ – CUCINA ROMANA
Via Cipro, 106
Tel. 06 6975 6884
Aperto tutti i giorni a pranzo e a cena

di Virginia Di Falco

Quando c’è la notizia dell’apertura di una nuova trattoria a Roma, la domanda è sempre la stessa: un’altra trattoria? Ce n’era bisogno? E, da qualche anno in qua, ci si chiede anche: NUOVA in che senso? Anche perché, come ormai sanno tutti, lo spauracchio retorico «tradizione&innovazione» è dietro l’angolo.

In questo caso però c’erano due punti a favore di una buona predisposizione. Ad aprire questa nuova trattoria è un imprenditore del settore di lungo corso, Stefano Callegari, conosciuto per essere uno dei protagonisti della rinascita del mondo pizza a Roma. In secondo luogo, un conoscitore vero, un cultore della gastronomia popolare della Capitale e, più in generale, della “romanità”. Quindi, due parole magiche, ormai piuttosto rare: mestiere e cultura.

Romanè si trova in via Cipro, a pochi passi dal Vaticano. Strada di pochi alberi e tanti palazzoni, quindi di quasi zero parcheggi. Se ci arrivate in auto, dunque, rassegnatevi ad un avant e ‘ndre abbastanza sfiancante.
Ma, una volta entrati, ogni energia sarà recuperata.

Sala e dehors ben organizzati, arredamento semplice e senza pretese con le sfumature di colore che ti aspetti di trovare in trattoria: bianco pulito e legno caldo. Alle pareti, i piatti in ceramica del Buon Ricordo, circuito d’antan nel quale Callegari si è infilato con convinzione e che danno il giusto tocco pop, senza inutili rimandi folkloristici.

Al servizio ai tavoli ragazzi bra-vi-ssi-mi. Pronti, gentili, informati. E, anche qui. Vale la pena ricordare che in una trattoria romana non è obbligatorio essere sbrigativi o parlare in romanesco e fare battute truci per stare nella parte.
Per i vini: una pagina di bollicine e grande attenzione alle etichette naturali; no calice ma vino sfuso della casa.

E veniamo al menu. Essenziale e comprensibile, che leggi in due minuti mentre spizzichi pane e olio. I classici della cucina romana ci sono quasi tutti, con un’interpretazione fedele alle ricette che non saranno centenarie (risparmiamoci la lezione su dove e quando è nata l’amatriciana) ma qui sono considerate immortali. E va bene così.

Per cominciare, non si possono non provare le polpette di bollito. Un buon saggio di frittura, praticamente perfetta: non senti l’olio ma solo sapore e croccantezza. Sfizioso il crostone con il polpo in un sughetto saporito. Pescati entrambi tra gli antipasti, in realtà per quantità potrebbero essere anche un secondo piatto.

Amatriciana eseguita a regola d’arte, anche se il boss gira comunque tra i tavoli a chiedere se si vuole aggiungere pepe o pecorino di rinforzo. Peccato solo per il formato degli spaghettoni, che non convince.

Impossibile, poi, non essere catturati da tutto ciò che è fritto. Si sa, da Callegari non si salva nulla: ogni cosa commestibile viene «panata»: le fettine di carne (ne abbiamo viste arrivare ai tavoli di favolose); il pollo intero, le polpette e anche il baccalà. Quest’ultimo fatto davvero bene.

Tra i dolci, sul podio (non solo della memoria) la crostata di ricotta e visciole e il tiramisù.

Insomma, una mano sicura in cucina, piatti di sostanza, una bella atmosfera in sala e un conto sui 35-40 euro. Una trattoria comme il fault.


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