Verticale La Molara: Santa Vara Taurasi Docg 2007-2001, l’Aglianico è più forte del tempo

Pubblicato in: Verticali e orizzontali

di Sara Marte

L’aria è pungente. Una giornata sorprendentemente fredda soffia qui a Luogosano, nel cuore dell’areale del Taurasi docg in Irpinia. Contrada Pesco è dove c’è la cantina La Molara. Il fondatore fu Attilio Colucci e sono sette i soci che si occupano dell’azienda nata appena dieci anni fa con i suoi sette ettari di vigne, tutte di aglianico. Antonio Pesce dal 2004 è enologo aziendale e oggi, per una verticale d’eccezione, è con noi l’avvocato Morelli, uno dei soci ed il professor Di Stasio, la “memoria storica” come lo definiscono tutti. Luciano Pignataro e Marina Alaimo, attraverso i bicchieri ripercorrono le annate del Taurasi Santa Vara dalla 2007 alla 2001.

Tutti i vini trascorrono dai 12 ai 18 mesi in tonneau da 550 litri misti come racconta l’enologo, quindi rovere francese allier, nevers e troncais.  Un primo sguardo ai bicchieri sistemati in parata ed il color rubino fluttua da annata ad annata mentre cede riluttante ad un po’ di  granata solo scorrendo con gli anni. Rimane vivace, luminoso e così come caratteristica della zona, senza quel velo cupo ma con un fare consistente ed ammaliante.

 

Santa Vara Taurasi DOCG 2007
Antonio Pesce spiega che è stata un’annata calda. Minime le escursioni termiche con un anticipo di maturazione. La vendemmia è avvenuta, infatti, verso la fine di ottobre. E’un vino imbottigliato da soli 50 giorni e non sarà in commercio prima di Febbraio. E’ da leggere in prospettiva. Intensità di colore, struttura e concentrazione. Il naso è ovviamente un infante di frutta e qualche spezia già ben digerita. Amarena e more ed ancora ginepro e pepe nero. Il palato, austero, è un piacere giacché, sempre nella lettura futura, ha una trama acida ed un tannino presente ma giusto che lo lanciano verso ottimistiche previsioni di longevità. Una gran bella bottiglia da conservare preziosa in cantina. In fondo anche lo stile aziendale chiede oltre ai tre anni di attesa, quasi 12 di bottiglia.


Santa Vara Taurasi DOCG 2006
Annata anche questa molto calda ma con escursioni termiche tra il giorno e la notte così gradite all’aglianico. Settembre soleggiato. La vendemmia qui è arrivata a metà Novembre. Il naso, ben più agevole del precedente ha frutta rossa tipica, succosa e consistente, note tostate e tannini buoni, presenti e sottili. Da qui comincia a delinearsi la mano aziendale, molto rispettosa dell’uva e del territorio, con un certo mestiere sul legno.

 

Santa Vara Taurasi DOCG 2005
Annata ottima, e come anticipa l’enologo Antonio Pesce, simile alla 2004. Qui il naso ha una prevalenza di sottobosco, ciliegia, la marasca diremmo ed una speziatura delicata e ben fusa. La bocca è buona con una trama tannica ben equilibrata che lo rende pronto adesso e già da questo bicchiere possiamo trovare qualcosa in più. In fondo però non scopriamo nulla, visto che l’annata proposta ora è proprio la 2005 e che quindi questo è il corso del nostro taurasi con i suoi tempi.

 

Santa Vara Taurasi DOCG 2004
Qui subentra in corsa l’enologo attuale Antonio Pesce. Vendemmia 5 stelle. Ottima con quelle gradite escursioni termiche estive. Pare proprio sia tra i migliori della batteria. In primo luogo per esaltare un’annata così favorevole scelgono di non filtrarlo. Qui possiamo parlare di un vino completo. Piacevolissimo ha un naso di frutta matura ma polposa e ancora masticabile, bastoncino di liquirizia, spezie sempre delicate in cui ritroviamo un lavoro sapiente col legno, alleato e mai protagonista. E’ un vero crescendo, humus, polvere di caffè, note balsamiche, pepe nero ed un sorso ricco. Il tannino è presente ed al contempo elegante. Veramente una voce dai toni giusti e seduttivi. Il bicchiere prediletto.

Santa Vara Taurasi DOCG 2003
Qui parliamo di un’annata molto concentrata. Caldo torrido e di circa il 50% in meno di produzione. L’avvocato Morelli ci racconta che questo vino in azienda lo definiscono il quinto figlio del professor Di Stasio. “ A una settimana dalla vendemmia è stato piantato in asso dall’enologo precedente” così il professore si trovò a rimboccarsi le maniche e a far nascere questa bottiglia. E’ bello leggere attraverso i racconti l’amore per questa terra, le vigne ed il vino. L’onore di non voler mollare e crederci. Il naso è di frutto rosso maturo. La speziatura qui è più presente ed ancora note di pellame, cuoio,  liquirizia e chiodi di garofano, noce moscata. La bocca ha buona struttura e tannini giusti. Qui i mesi in legno sono stati 18. Il vino termina abbastanza lungo ed interessante.

 

Santa Vara Taurasi DOCG 2002: Molti hanno rinunciato a vinificare data l’annata difficile, mentre La Molara, alla sua seconda uscita ha deciso di provarci. Non male il risultato, giacché parlarne oggi come un vino rosso rubino dall’unghia granata e attribuirgli ancora freschezza magari lascia intuire che in fondo è una scommessa vinta. Ha comunque qualche difficoltà al bicchiere in un naso un po’ in disordine e meno performante. Certo poi non è agevolato dal confronto diretto con le altre bottiglie che si esprimono fortissime. Sottobosco, frutta sotto spirito e tannino lieve e levigato lo rendono un vino che si difende dall’annata e dal tempo con buona piacevolezza.

 

Santa Vara Taurasi DOCG 2001
Una vera perla. Grande fu l’annata, con escursioni termiche, una vendemmia avvenuta dopo i primi 10 giorni di Novembre. Un’altra 5 stelle. Tannini composti e setosi, frutta come la prugna e la marasca, al sorso è integro, saporoso, carico e gradevole. La speziatura è presente. Ancora percepiamo il cuoio, le foglie di tabacco, toni tostati, pepe nero, china . La bocca gode di una struttura morbida e calda ma che ha ancora un accento, seppur moderato, sulla freschezza. Davvero una bella prima annata riuscita in vigna e in cantina.

 

Ciò che colpisce è la concezione d’insieme. Un vero progetto armonico in cui ogni vino ben esprime l’annata da cui proviene ma porta la firma discreta e moderata della cantina. Piace l’uso sapiente del legno in cui i vini risultano scevri da ogni fervore falegnameristico ormai demodé.Belli e buoni i tannini sottili ed eleganti. Giova il mestiere con cui si pongono questi soci mostrando consapevolezza del territorio che è ben assecondato in bottiglia. Affascina la grande omogeneità qualitativa.

 

Alla fine della degustazione nessuno parla più del freddo e solo le bottiglie trovano spazio tra i commenti compiaciuti di una sala esperta. Il buon lavoro premia.

 



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