Vigna del Vulcano 2005 Lacryma Christi doc Villa Dora

Pubblicato in: Napoli
Lacryma Christi del Vesuvio

VILLA DORA

Uva: coda di volpe, falanghina
Fascia di prezzo: da 10 a 15 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno

La finezza, l’eleganza, l’energia. Sono queste le caratteristiche che si ricerca in un bianco invecchiato e il Lacryma Cristi di Villa Dora le ha sempre tutte. Da tempo l’azienda della famiglia Ambrosio ha puntato sulla necessità di allungare i tempi: una scelta lungimirante e coraggiosa perché sinora mai nessun bianco del Vesuvio era riuscito a vivere in bottiglia più di un anno. Invece, ripetutamente e in modo compulsivo, tutte le degustazioni che abbiamo fatto hanno dato risultati eccellenti.
Il vino parte da un blend equilibrato di Falanghina e Coda di Volpe, entrambi vitigni che traggono giovamento dallo scorrere degli anni anche se spesso vengono interpretati come freschi e veloci. Questo equilibrio in cui la Falanghina regala energia e la Coda di volpe rassicurazione, migliora con il trascorrere degli anni fino a toccare vette olfattive inimmaginabili per un vino il cui costo franco cantina si aggira attorno ai dieci euro. Eppure proprio da qui si vede la potenza delle condizioni pedoclimatiche ideale di un territorio da sempre vocato alla coltivazione dell’uva. Sicché al corredo di frutta bianca ben matura, zafferano, macchia mediterranea, si aggiungono note fumé e di idrocarburi che regalano complessità e lunghezza al naso. Al palato il vino è vivo, racconta ancora il territorio annunciato dall’olfatto grazie ad una palpitante freschezza che non è doma nonostante siano passati oltre dodici anni abbondanti dalla vendemmia.
Lo abbiamo utilizzato per avviare una bevuta singolare, la premessa bianca di un Nuit St George del 1957 e di un Aglianico del Vulture Basilisco 1991. Ed è stata una premessa gradevole e confortevole che ha accompagnato la prima parte della cena organizzata dal ristorante stellato Piazzetta Milù a Castellammare. Un percorso aperto da un piccolo grande capolavoro della viticoltura campana giustamente apprezzato dai migliori Sommelier della Penisola Sorrentina.

Scheda del 18 dicembre 2015. E’ vero, dall’ultima scheda di questo vino sono passati ben otto anni durante i quali è cambiata la percezione del Lacryma Christi, almeno nelle sue espressioni più alte. Merito di Vesuvinum, una manifestazione che le forse oscure e inspiegabili che opprimono la nostra terra hanno osteggiato sino a farla chiudere, ma anche di imprenditori lungimiranti come Vincenzo Ambrosio che hanno creduto nella longevità di questi vini bianchi. Longevità poi dimostrata dalle verticali di Vigna del Vulcano e nella confezione di una cassetta Villa Dora con più annate, caso più unico che raro nel panorama campano dei vii bianchi.
Dobbiamo dire con piacere che molti ristoranti della Penisola hanno adottato questo bianco invecchiato sposando la visione dell’azienda e bene hanno fatto. Si tratta, come in quetso caso, di un vino ancora molto fresco, parliamo ormai di dieci anni, ma assolutamemte in buon equilibrio, con buone note di frutta, miele di acacia, sbuffi di idrocarburi. Al palato l’acidità detta la beva e regge il vino in una sorso ampio, di corpo, molto elegante, lungo e piacevole. Un vero e proprio piccolo capolavoro che conferma quali siano le soddisfazioni possibili quando si lavora sui tempi lunghi dei vini bianchi in Campania, una regione che ha la vocazione spiccata per questo segmento.

Scheda del 24 gennaio 2007. Strano destino questo dei blend di territorio campani, alcuni illustri come il Solopaca e il Lacryma Christi hanno bisogno di riqualificazione d’immagine, altri come Galluccio e Cilento sono in competizione con le igt Roccamonfina e Paestum nettamente preferite dai produttori. Il motivo è forse da ricercare nel fatto che siamo in una regione dove tutti, dai produttori ai consumatori, forse anche i critici, preferiscono l’espressione in purezza dei vitigni. Una moda che non ha ragion d’essere, ma sempre più forte e affermata: aglianico, fiano, greco, piedirosso, coda di volpe e altri è come se nell’immaginario collettivo perdessero appeal se solamete sono uniti fra di loro o con altre uve. Forse dipendente dal fatto che la regione italiana che più di tutte ha puntato sui vitigni anziché sul terroir è è proprio la Campania e in questo dobbiamo dire l’Irpinia ha dettato la moda nonostante la forza evocativa e la letteratura sul Lacryma e il Solopaca. Solo il Falerno, possiamo dire, è una felice eccezione. Eppure i blend sono forse la massima espressione dell’abilità dell’enologo costretto a bilanciare le caratteristiche delle diverse uve in ciascuna annata: proprio questo rapporto delicato, l’equilibrio da raggiungere, è uno dei segreti dell’affermazione dei francesi perché vinificare e lavorare un solo vitigno crea sicuramente meno problemi: non a caso i paesi senza tradizione si sono affermando lavorando i vitigni internazionali in purezza più che in blend. Il Vigna del Vulcano è un blend che ormai ben conosciamo, ha il pregio di essere lavorato direttamente dal 2006 dall’enologo Roberto Cipresso, e ha alle spalle una solida presenza aziendale nata dal commercio dell’olio, dalla riqualificazione dell’ex villa Fabbrocino a Terzigno da cui si ammira il Golfo nella sua incantata bellezza nonostante la pioggia di cemento scaricata dal Dopoguerra sino agli anni ’70. L’annata 2005 non è stata facile da queste parti, ma a distanza di oltre un anno dobbiamo registrare la sua capacità di trovare un buon equilibrio in bocca mentre al naso è ricca di frutta bianca, erbe della macchia mediterranea e spezie dolci. Al palato ci riserva bella freschezza anche se la consueta struttura della falanghina perde qualche battuta e la beva si rivela un po’ corta. Finale pulito dal piglio autorevole. Non sappiamo dire se è un bianco marino o terragno, va bene sicuramente con un pesce grasso come la cernia o arricchito da verdure, oppure su alcune zuppe di legumi a tendenza dolce come i ceci e i piselli. Una bella espressione di territorio.

Sede a Terzigno, Via Boscomauro, 1. Tel. 081.5295016, fax 081.8274905. www.gruppodorotea.it. Enologo: Roberto Cipresso. Ettari: 13 di proprietà. Bottiglie prodotte: 50.000. Vitigni: piedirosso, aglianico, coda di volpe, falanghina.


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