Magico Vulture, otto bottiglie per bere Barile

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Nomen omen, Barile una delle capitali del vino italiano durante la crisi della fillossera. Dalla ferrovia che attraversa ancora il paese partivano i vagoni per dissetare il Nord e la stessa Francia in crisi produttiva. Il suolo vulcanico, risultato di una terribile eruzione di circa 700mila anni fa che aprì addirittura sette bocche, aveva preservato le viti dalla malatia, come del resto nella vicina Irpinia.
Fu in quel periodo che nacque l’azienda Paternoster, ormai vicina al traguardo dei cento anni.
Oggi il paese di origine albanese come Ginestra e Maschito, fondato da chi decise di abbandonare i balcani dopo la presa di Costantinopoli, più volte devastato da forti terremoti e protagonista del brigantaggio anti piemontese, è un tranquillo centro di poco più di duemila residenti, ossia la metà rispetto a cento anni fa, in continuo calo demografico dopo il censimento del 1951.
Un paese che però ha conservato la tradizione vitivinicola, siamo nella parte dell’areale dell’Aglianico del Vulture a 650 metri sul livello del mare. Clima secco, con grandi escursioni termiche.
Insomma, tra suolo vulcanico, luminosità, altezza e buone pratiche agricole, siano in un territorio vocato alla produzione di vino di qualità. Il versante nord del paese nel corso dei secoli è stato trasfornato in una sorta di gruviera, con le decine e decine di cantine scavate nella roccia. Un’area bellissima da visitare che si chiama Shesh, proprio alle spalle di piazza Caracciolo, dove ha sede l’azienda Basilisco acquisita da una decina di anni dai Feudi.

Storia, emozioni, sapori e profumi riassunti in una magnifica serata organizzata dalla Pro Loco presieduta da Daniele Bracuto in collaborazione con l’Ais e l’enologo Fabio Mecca, quarta generazione di Paternoster.

Una serata perfetta al Boschetto, in cui i i vini del territorio sono stati presentati con i piatti tipici, secondo una consuetudine che dovrebbe essere la normalità e che invece in Italia è una eccezione. Tre vini, gli antipasti, altri tre e il piatto di strascinato ammollicato tipico della regione, ultimi due con il brasato all’aglianico di podolica.

In questo contesto ricco, a cui hanno preso parte quasi novanta appassionati, alcuni da Foggia, altri da Troia, abbiamo bevuto i vini dei produttori. Vediamo brevemente.

Lerà 2018 Rosato Basilicata igt, Terra dei Re
A rigor di logica l’azienda è a Rionero, ma i proprietari e molte vigne sono qui ed è questo il motivo per cui ha aperto la serata. L’interesse di questo rosato, un segmento in cui si dovrebbe credere di più, è che si tratta della prima vendemmia di Riccardo Cotarella in Vulture. Color cipolla, fresco, pimpante e sapido nel finale.

Titolo 2017 Aglianico del Vulture docg, Elena Fucci
Conferma, in questa annata siccitosa, la sua vocazione alla bevibilità anche se rispetto alle altre annate ha già un sentore di ciliegia matura che domina. Tannini risolti, freschezza, un vino moderno molto amato dalle guide, il primo ad aver alleggerito l’Aglianic all’inizio del nuovo millennio, quando nel territorio si eccedeva in barrique e bottiglie che provocano la tendinite a causa del peso.

Il Viola 2015 Aglianico del Vulture doc, Tenuta Le Querce
Il rosso della bellissima azienda di Leonardo Pietafesa si è presentato molto ben evoluto, bevibile, fresco, decisamente gradevole al naso e con molta energia al palato.

Teodosio 2015 Aglianico del Vulture doc, Basilisco
Anche l’azienda del gruppo Feudi ha scelto di essere rappresentata dal vino di ingresso che ha confermato le sue caratteristiche: eleganza, piacevolezza (che non significa banalità), grande verve al palato e chiusurua lunga.

Likos 2015 Aglianico del Vulture doc, Vigne Mastrodomenico
La giovane azienda di Barile seguita dall’enologo Cristoforo Pastore esprime sempre grande pulizia ed eleganza con le sue etichette. Come nelle precedenti, il rapporto tra frutto ee legno è perfettamente equilibrato.

Don Anselmo 2015 Aglianico del Vulture doc, Paternoster
L’azienda, acquisita da Tommasi, ha scelto la sua leggendaria etichetta storica che ha fatto epoca, un cult per gli appassionati. La bravura di Fabio Mecca è stata quella di conservare lo stile rustico di questo Aglianico, poco legno al naso e al palato, grandissima freschezza e una maturazione affidata al tempo.

Alberi in Piano 2014, Aglianico del Vulture doc, Cantina il Passo
Ultima nata in ordine di tempo a Barile, questa azienda ha presentato un aglianico  di cinque anni che ha confermato la necessità di aspettare un po’ in attesa che naso e palato si allineano: buona frutta e allungo di cenere  efumé, buona freschezza, tannini risolti e chisuura precisa e pulita.

Il Vetusto 2013 Cantina di Barile
Abbiamo chiuso con una storica etichetta (l’altra è il Carpe Diem) della storica azienda di Barile che è sempre stata un punto di riferimento per i viticoltori della zona. Elegante ed efficace la beva.

CONCLUSIONI
I vini di Barile si sono notevolmente alleggeriti rispetto a dieci anni fa, puntare sulla bevibilità e sul giusto dosaggio con il legno restituisce identità ad una zona ricca di storica e che ha tutte le condizioni pedoclimatiche per fare grandi vini, come in effetti già fa. Vedere tutti i produttori insieme a tavola è stata la ciliegina sulla torta di una serata fantastica, carica di entusiasmo, che ha visto protagonisti coloro che credono nella viticoltura millenaria del Vulture e si impegnano giocando la loro vita tra campi e cantina. Un motivo per venire qui lontano dalla pazza folla.

 


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