I bianchi del Sannio sfidano l’emozione del tempo

Pubblicato in: Verticali e orizzontali
Coda di Volpe 2009 Fattoria La Rivolta

I vini del Sannio sono destinati a non emozionare? Bah, dipende sempre dalla sensibilità di chi beve. A me hanno regalato momenti straordinari e ricordo perfettamente la prima volta che ne bevvi uno invecchiato. Eravamo a casa di un amico, parliamo del 1998, e il padre era appassionato di Champagne. Scesi in cantina per operare un saccheggio, scoprimmo una cassa di Vigna del Monaco di Ocone del 1995. Scettici e ignoranti,  ne godemmo profondamente.

Il punto vero, come per tutti i vini campani, è che il Sannio ha sempre avuto una grande produzione (più della metà del vigneto regionale è qui, il 49% che sale al 64% sulle denominazioni) pensata da un anno all’altro e solo da poco si è iniziato a ragionare sui tempi più lunghi di uscita vincendo le resistenze dei ristoratori e della clientela.

Del resto i vitigni sono gli stessi dell’Irpinia, il Sannio ha in più la Falanghina mentre le condizioni pedoclimatiche hanno caratteristiche simili, del resto si tratta di due aree ammagliate da una catena di monti su cui il Veusvio ha eruttato tanto, con grandi escursioni termiche.

Come tutte le cose, dunque, bisogna costruire il progetto. Partendo da una base magnifica e straordinaria. Ieri mattina a pranzo con gli amici di sempre abbiamo tirato fuori Coda di Volpe, Greco e Falanghina di sei e sette anni. Una età ragionevole.
Della Coda di Volpe di Paolo Cotroneo abbiamo più volte scritto e dobbiamo anche dire di aver provato bellissime emozioni anche quando ha toccato i dieci anni.

Che la Falanghina abbia grandi capacità evolutive lo abbiamo visto in più di una occasione, a partire dalla 2001 di Fontanavecchia, dalla storica verticale di Vandari di Venditti del 2014 e da quella della Falanghina e di Greco di Mustilli. Devo confessare che per me la sorpresa ieri è stato il Greco del Sannio, decisamente longevo quanto, se non di più della sua espressione irpina.

Senza dilungarci nelle note bottiglia per bottiglia che magari riprenderemo singolarmente, possiamo affermare con assoluta certezza queste tre cose.

1-Nessun bianco aveva il minimo segno di cedimento olfattivo
2-Tutti avevano delle bellissime note evolutive che andavano dalla frutta matura, al miele alle note di idrocarburi.
3-La freschezza, dopo sei e sette anni, regna ancora sovrana in queste bottiglie tutte pensate per essere bevute entro la prima estate dalla vendemmia.  Segno che hanno ancora tanto da dire.

Naturalmente per poter passare dalla sorpresa in una bevuta di amici alla possibilità di fare reddito serve che a crederci siano proprio i produttori. Quello che è accaduto, dopo i nostri ripetuti inviti, nell’Irpinia dove finalmente ci sono oltre dieci aziende di Fiano di Avellino che aspettano un anno prima di andare in commercio, deve succedere anche nel Sannio.
Può sembrare un controsenso in un momento in cui la Falanghina sta conoscendo un successo pazzesco, ma è proprio nei momenti favorevoli che bisogna portare legna in fascina.


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