
di Luca Matarazzo
I venti anni di Vitigno Italia celebrati da 7 vini che hanno segnato la storia dell’enologia in Campania
Esistono degustazioni durante le quali le lancette dell’orologio si fermano. A parlare è dunque il vino nel calice, un racconto fatto di scommesse, sacrificio e tanta pazienza. La selezione delle etichette destinate ai festeggiamenti per il ventennale della kermesse,
conosciuta ben oltre i confini regionali, ha dimostrato tutto il potenziale dell’evoluzione per i bianchi e rossi campani.
Soddisfazione dagli ideatori della manifestazione, Maurizio Teti e Chicco De Pasquale, che avevano puntato come mission proprio sull’esaltazione
dei vitigni autoctoni italiani, per raccontare attraverso essi il loro territorio d’origine.
Emozione anche per il giornalista Luciano Pignataro: «Racconto la storia di Vitigno Italia sin dal primo anno, quel lontano 2005 a Castel dell’Ovo – la sede prescelta all’inizio – e una Napoli ben diversa da quella attuale: all’epoca si viveva ancora una fase delicata di trasformazione in città, mentre adesso l’autenticità della metropoli partenopea è tornata ai fasti del glorioso passato».
Nella comunicazione i bianchi hanno preso il sopravvento, sdoganando l’idea del vino fresco da bere subito e senza fantasia nell’abbinamento gastronomico. Toccava ai rossi il riposo per anni in cantina, per domare quell’espressività tannica dell’Aglianico, principe sontuoso, austero e spesso irrequieto. Eppure, il fil rouge (è proprio il caso di dire) della masterclass è legato alla “riscoperta” della bontà unica e irripetibile del Taurasi, prodotto penalizzato da mercati, tendenze, scelte stilistiche e poca unione tra chi lo dovrebbe difendere.
La presenza del suolo vulcanico per gran parte del territorio, Cilento escluso, ha dirottato l’attenzione proprio su varietà quali Fiano, Greco, Falanghina, Aglianico e quelle a minor produzione della Costiera Amalfitana, con vini che dimostrano il giusto equilibrio tra immediatezza e longevità. A Tommaso Luongo, presidente di AIS Campania, il compito non semplice di decodificare le sfumature liquide di 7 campioni strepitosi e scattanti.
Si comincia con la Dop Vesuvio Lacryma Christi Bianco di Villa Dora Vigna del Vulcano 2005 frutto della consulenza illo tempore di Roberto Cipresso e del titolare Vincenzo Ambrosio, che da pioniere proponeva in vendita vecchie annate assieme alle nuove. Oggi sono presenti in commercio 21 vintage del cru, compresa questa ancorata su scie agrumate miste a salgemma e tanta salinità.
Commovente il Cilento Fiano Dop Pietraincatenata 2005 di Luigi Maffini, segnato dall’esperienza francese del prof. Luigi Moio e presentato da Raffaella Gallo, moglie di Maffini, parte del progetto visionario e territoriale che ha rivoluzionato l’idea stessa del Cilento. Nuance da idrocarburi e frutta a polpa bianca pressoché infinita.
Si continua con un altro “figlio” di Moio: il Costa d’amalfi Doc Fiorduva 2005 di Marisa Cuomo. Andrea Ferraioli e Marisa Cuomo avevano scommesso prima sulla conservazione dei micro vigneti a rischio abbandono tra Furore e Ravello e poi sulla scelta di un consulente enologico che li avrebbe fatti conoscere al mondo intero. Fenile, Ripolo (o Ripoli) e Ginestra varietà uniche nel panorama per un vino senza età, mediterraneo e marino.
La Falanghina del Sannio è stata nobilitata dalla famiglia Rillo di Fontanavecchia e dal genio di Angelo Pizzi nella Doc Taburno Falanghina Facetus 2005. In forma smagliante il rappresentante di una delle versioni d’antan della sottozona rappresentativa per l’areale. Pesca, agrumi e spezie forti ricalcano l’idea del progetto nato nel ’99 per ottenere dall’uva i connotati dei grandi francesi. Memorabili le 2001 e 2007… chi le ha le tenga strette.
L’ora rossa dei Taurasi comincia da Quintodecimo – Vigna Quintodecimo 2005 e ritorna il nome del prof. Moio, fondatore dell’azienda di Mirabella Eclano. «Senza la lettura dell’uomo non ci sarebbero capolavori di questo tipo» afferma Tommaso Luogo. I riverberi sono quelli del cioccolato fuso e la bocca da china e chinotto come avesse dimenticato il peso degli anni. Cupo e levigato, lascia spazio alla meditazione.
Presente Paolo Mastroberardino per Terredora Di Paolo, che ha portato il suo Taurasi Docg Pago dei Fusi 2005, emblema del compianto fratello Lucio, enologo di famiglia prima della nipoteDoriana e scomparso nel 2013 tra la malinconia di tutti. Nella bassa valle del Calore l’Aglianico matura con 15 giorni di anticipo rispetto alle altre zone, ma ciò che colpisce del vino è la verve agrumata lunga e scattante, poderosa nella trama tannica ancora palpabile.
Conclusione degna con un altro cavallo di razza: il Falerno del Massico Rosso Doc Vigna Camarano 2005 di Villa Matilde, storia di una dinastia e della Campania Felix amata dagli antichi Romani. Fondata dall’avvocato Francesco Paolo Avallone, l’attività prosegue ora nelle mani di Maria Cristina, terza generazione ed enologa, sotto l’egida di Riccardo Cotarella che li segue dal 1998. Succo, materia e bosco le note finali di un ventennale epico, in attesa dei prossimi traguardi di Vitigno Italia.
Dai un'occhiata anche a:
- Fiano di Avellino. Le dieci etichette da conservare per sempre
- Isole e Olena, presenta le migliori annate di Cepparello, in una strepitosa verticale
- La Calabria al Vinitaly: otto vini da sballo
- Chalet Azzurro Capri: la prima verticale dei vini di AIS, Concettina ai Tre Santi e Wine & Thecity
- Dieci meravigliosi Greco di Tufo da non perdere nel 2025
- Falanghina del Sannio, le dieci etichette da non perdere
- Un racconto in verticale di Franciacorta Rose’ Barone Pizzini
- La storia del Trebbiano Spoletino raccontata nel Trebium e nel Vigna Tonda di Antonelli San Marco