
di Carmen Autuori
Il confine tra fede, tradizione, storia e leggenda non è mai netto nella cultura popolare dell’Italia meridionale. Accade in occasione delle feste più importanti come il Natale, la Pasqua, la commemorazione dei defunti, per la festa del santo patrono. Un intreccio profondo che emerge anche nella preparazione di piatti che non rispondono soltanto al bisogno primario di nutrirsi, ma che sono carichi di significati simbolici, ereditati da antichi riti pagani – per lo più di carattere propiziatorio – successivamente confluiti nel cristianesimo.
A Nola, la città della Festa dei Gigli Patrimonio Culturale Immateriale Unesco, il 15 novembre in occasione della festa del compatrono San Felice, si rinnova la tradizione del Tutero e l’ombrello.
I compagni, i mariti, i fidanzati nolani usano donare alle rispettive compagne, mogli, fidanzate, il tutero, un particolare torrone con nocciola avellana, zucchero e miele, dalla forma allungata che richiama ad una simbologia fallica, quindi ad auspici legati alla prosperità ed alla fertilità. Ad accompagnare il dolce è un ombrello, allegoria che rimanda al senso di protezione verso la donna, oltre a rappresentare un accessorio molto utile in questo periodo dell’anno caratterizzato da piogge.
<<La tradizione del tutero e dell’ombrello è molto sentita da tutti noi nolani – spiega Gennaro Gallucci, titolare della storica pasticceria fondata nel 1864 -, ed è un simbolo identitario di quella cultura gastronomica che attinge a piene mani dalla ricca biodiversità della nostra terra. Penso alle nocciole di Avella e al miele di straordinari produttori come nel caso di questa particolare tipologia di torrone che prepariamo in onore del Santo compatrono. Un’altra tradizione che a Nola resiste come in pochi altri luoghi, è l’abitudine di festeggiare l’onomastico, ancor più del compleanno. Un modo per ricordare quanto sia forte il legame tra il popolo e i santi>>.
Sullo sfondo la figura di San Felice che si pone tra la storia e la leggenda, primo Vescovo di Nola, padre di uno dei primi nuclei della cristianità in città, vittima delle persecuzioni contro i seguaci del nuovo credo, ad opera del prefetto Marciano al tempo di Diocleziano.
Sempre secondo la tradizione il 15 novembre dal tabernacolo posto nella cripta del Duomo fuoriesce un liquido biancastro, la manna, da una cannula che sarebbe in diretto collegamento con la tomba del Santo. Si tratta di una sostanza ancora indefinita e che fino ad oggi non è stata sottoposta ad alcun tipo di analisi. Tuttavia, il popolo nolano è molto legato a questo segno che interpreta come una forma di protezione del Santo. Il miracolo oltre al 15 novembre si ripete l’8 dicembre.
A rafforzare la tesi del miracolo, nel museo diocesano è custodito un libricino – una sorta di diario che va dal ‘600 al 1926 – dove sono annotate tutte le vicende legate al miracolo della manna.
Come ogni anno, la Città di Nola si prepara a vivere le giornate dedicate a San Felice con un ricco calendario di appuntamenti religiosi e civili dal 13 al 16 novembre.
Un intreccio di fede, tradizione e identità nolana che, come ogni anno, rinnova il legame profondo tra la città e il suo Patrono.
Si ringrazia per le fonti e per le foto il giornalista Antonio D’Ascoli
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