Addio ad Antonio Iannella, grande protagonista dell’Aglianico del Taburno

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Antonio Iannella

E’ un giorno triste per il mondo del vino sannita, che piange la scomparsa del torrecusano Antonio Iannella.

L’ultima volta che ho incontrato Antonio è stato nel mese di febbraio dell’anno scorso. La pandemia era appena iniziata, il lockdown ancora da venire. Non avevamo  ovviamente contezza di quello che ci aspettava. C’era anche Luciano, a cui facemmo visitare la bella cantina che Antonio e la moglie Maria avevano tanto desiderato e lavorato sodo per portarla a termine.

Eravamo stati chiamati perché si pensava di organizzare qualcosa di bello per festeggiare i cento anni del legame della famiglia di Antonio con il mondo del vino del Taburno. Subito prese forma l’idea di una grande degustazione nello spazio bottaia, invitando tutti i comunicatori del mondo del vino.

Il virus ha fatto allontanare più volte quella data, mentre Antonio si è trovato alle prese con una spola diventata a mano a mano sempre più frequente e pesante con le strutture sanitarie.

Oggi, purtroppo, apprendiamo che il buon Antonio ci ha lasciato. E siamo tristi non solo per quel grande evento, che lui intendeva – e voleva – come momento di riflessione utile per l’intero comparto vitivinicolo del Sannio, di Torrecuso e del Taburno in particolare. Si, perché il suo amore per l’Aglianico del Taburno era un amore sconfinato. Ogni volta che parlavamo di vino, metteva sempre in primo piano quel vitigno difficile da cui nasce un vino scontroso, ma così profondamente autentico e carico di valori. Proprio come era lui.

Di Antonio mancheranno i suoi sorrisi silenziosi e sinceri. Soprattutto mancheranno quelle poche, sagge parole che proferiva durante gli incontri. Più che parole si trattava di veri e propri consigli, grande aiuto per comprendere un mondo che lui conosceva a trecentosessanta gradi.

Nel mondo del vino lui era nato e cresciuto. E in questo mondo ha colto tante belle soddisfazioni. Un mondo che non sarà più lo stesso, ma che da oggi noi amiamo ancora di più, ricevendo simbolicamente in eredità una vite di quel grande vitigno che Antonio ha impiantato.

Pasquale Carlo


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