di Annatina Franzese
Metti una sera d’estate, la voglia si rilassarsi all’aria aperta e 4 ettari di resort, che si estendono dalle spalle del Santuario di Pompei fino ad arrivare al Sito Archeologico degli Scavi.
Aggiungici un sempre impeccabile Gioacchino Nocera, uno scioglievole Vincenzo Iannucci e un maestro cerimoniere Yury Buono, che pur avendo (aggiungerei purtroppo), chiusi i battenti del suo Vincanto causa covid, continua ad incantare ed il gioco è fatto.
Tutto questo è stata “pizza napoletana e vini vulcanici”, la serata organizzata al Bosco de’ Medici Resort per presentare il nuovo prefermento napoletano di Mulino Caputo, ispirato alla pasta da riporto.
“L’anima della pizza è l’impasto poi viene l’equilibrio degli ingredienti” spiega il pizzaiolo Vincenzo Iannucci, testimonial del Mulino – ” dopo biga e poolish, abbiamo messo a punto un nuovo prefermento che rimanda alla pasta da riporto”.
Le pizze presentate, preparate con questo nuovo prodotto Caputo, sono state equilibrate nel topping dallo chef di Bosco de’ Medici Resort, Gioacchino Nocera, che ha scelto, abbinandola al Lacryma Christi aziendale “Lavaflava”, una prima pizza con zucchine, scapece e alici, per poi passare a una delicatissima fiordilatte, ricotta al limone e gamberi rossi.
Per la seconda tranche, su cui ho consumato lacrime di piacere, al tavolo la margherita storica e la genovese con fonduta di caciocavallo, che abbinata al Piedirosso “Pompeii”, valeva da sola l’intera serata.
“Ho cercato di riportare sulle pizze i piatti che quotidianamente preparo agli ospiti del Resort. Da quando Vincenzo, napoletano doc è stato adottato da Pompei, si è creata tra noi una bella complicità che ha condotto a svariate collaborazioni”, racconta Gioacchino Nocera.
Sulla scelta della location è Yuri Buono a precisare: “Abbiamo pensato a Bosco de’ Medici Wine Resort, perché nessun luogo più di questo poteva raccontare meglio l’evoluzione del nuovo prodotto di un mulino. Pompei è terra di panificatori sin da prima dell’eruzione del 79 d.c. Addirittura si conta che, prima dell’eruzione, esistessero ben 40 panifici, ognuno con macine proprie, dediti alla produzione di ben 10 tipi di pani diversi destinati a differenti classi sociali”.
Un’antica Pompei, dunque, terra di farine. Farine che oggi, vengono raccontate.
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