Assaggi sparsi a Vitigno Italia 2019

Pubblicato in: Eventi da raccontare

di Mimmo Gagliardi

Insolita versione “autunnale” per la ormi storica kermesse napoletana sui vini italiani. Autunnale perché nonostante siamo a fine maggio, quindi tra un mese sarà estate, il meteo risente degli effetti di questa strana primavera all’insegna del vento, del freddo e della pioggia. Fortunatamente questi effetti non influiscono sul pubblico di appassionati, curiosi e addetti ai lavori, perché il Castel dell’Ovo è stato pacificamente invaso per tutti i tre giorni della manifestazione.

Tanta Campania nelle varie sale e terrazze ed è giustissimo così: c’erano molte piccole aziende per le quali è complicato proporsi fuori senza prima farsi conoscere in casa. Vitigno Italia può essere un buon banco di prova e di confronto per loro.

Girovagando tra i banchi ho saggiato alcuni vini interessanti e sono riuscito a prendere questi pochi appunti nonostante il pubblico che affollava, ben venga, le sale. Non mi soffermerò sulla conduzione dei vigneti e su varie metodologie di produzione che mi sono state illustrate perché sottrarrebbe spazio ai vini:

Tenuta La Favola si trova a Noto (SR), in pratica la parte il vertice più basso della Trinacria, quella che guarda l’Africa e che, tecnicamente, è più a sud di Tunisi. Terreni situati a poca distanza dal mare ma composti di residui alluvionali e calcare, a comporre un ambiente unico per la produzione di vino in Sicilia. Anche in considerazione delle forti escursioni termiche tra il giorno e la notte e la presenza quasi costante del vento. Il bianco da Grillo e Moscato del 2017 è delicato, sottile e profumato, ma fine e con un’ottima beva che li rende godibili e freschi. Bella l’espressione del Frappato 2016, profumato ed elegante ma con una inaspettata forza al sorso. Ottima l’interpretazione del Nerello Mascalese in purezza del 2017, da manuale per profumi e gusto. Il Nero d’Avola mi viene proposto in tre versioni ed in tre annate diverse (2012-2016-2017), non comparabili tra loro, ma che forniscono una grande indicazione sulla versatilità e la capacità di ottenere un grande vino da queste uve. La 2012 è assolutamente stupenda. Menzione a parte per il passito da uve moscato.

L’A.A. Carlo Tanganelli è a Castiglion Fiorentino (AR), quindi è situata all’interno della Toscana, ai piedi degli appennini ed a poca distanza dal confine con l’Umbria. Zona di terreni alluvionali e calcare, l’ambiente risente della vicinanza della zona pedimontana con temperature molto variabili tra giorno e notte. Il Trebbiano (2013 e 2017) riporta tutti i tratti di sincerità dei profumi e del gusto unico di un’uva tipica di queste zone e del centro Italia in genere. Sempre interessante vedere l’evoluzione di questo vitigno negli anni. Il Sangiovese in purezza del 2016 è sanguigno, ferroso e fruttato. La leggera speziatura si avverte dopo il sorso e porta piacevolmente a richiamare alla mente i profumi della campagna aretina. Il taglio classico toscano Sangiovese (80%) e Colorino (20%) del 2018 fa venire fame e chiede al sorso di essere accompagnato da qualcosa da mangiare. Centratissimo. Nella versione 2013 mette in mostra un carattere ancora più forte e deciso, ma restando agile e alzando il tiro con gli abbinamenti possibili.

Il Vulture è rappresentato dalla Casa Vinicola D’Angelo, con base a Rionero in Vulture (PZ) ma con vigneti anche nei vicini Barile e Maschito, nelle zone di maggiore elezione per l’aglianico. Terreni grassi e ricchi di minerali, piattaforme calcaree poste a poca distanza dalla superficie garantiscono una riserva di acqua costante durante l’anno per le piante superficiali grazie alle numerose falde. Ambiente ideale per l’agricoltura, grazie alle forti escursioni termiche tra giorno e notte ed alla presenza di venti costanti. L’aglianico del Vulture, giovane DOCG, è un vino ricco, complesso, che necessita di maturare al punto giusto quando viene fatto seguendo logiche di alta qualità e non di alta resa. I vini proposti, Sacranite del 2016, D’Angelo e Canneto del 2015, provenienti da diversi vigneti, sono ancora giovanissimi. Tuttavia, col giusto abbinamento sono godibili e piacevolmente vigorosi. Il Caselle del 2012 già più avanti con l’età, ora sta cambiando colore passando dal viola al rosso rubino. Profumi unici e tipici di frutta, pepe e spezie, aprono la strada a un sorso fresco e robusto.

Torre a Oriente di Torrecuso (BN) è una giovane realtà sempre più in ascesa. La Falanghina e l’Aglianico che crescono in questo lembo del monte Taburno hanno espressioni ricche, forti e complesse, frutto di un terroir unico. La Siriana 2016 e la Biancuzita 2017, sono vini bianchi dalle grandi potenzialità di durata e invecchiamento, garantendo un sorso fresco e piacevolmente fruttato e speziato per molto tempo ancora. U’Barone 2012 è un rosso che va trattato con i guanti bianchi per la sua compostezza, eleganza e finezza. Ma il suo carattere autorevole emerge al sorso, rotondo, equilibrato e saporito.

Carputo Vini di Quarto (NA) sono cinque giovanissime sorelle che nei Campi Flegrei, territorio particolarissimo, dove i terreni sono ricchi di sabbie vulcaniche, pozzolane e zolfo ed il calore viene da sotto la terra prima ancora che dal sole, producono vitigni tipici come la falanghina e il piedirosso, ma anche una piccola quota di aglianico. La falanghina Colle Viticella 2017 ha un bel profumo di fiori e frutta, con una costante di note salmastre e sulfuree, nette anche al sorso. Etalon 2017 è un aglianico in purezza che regala belle sensazioni olfattive sorretto da un bella beva fresca.

Azienda Agricola Fulvio Cautiero di Frasso Telesino (BN). Nonostante Fulvio si lamenti (giustamente) dell’ultima annata, ha ancora disponibile qualche bottiglia degli anni scorsi ed ecco che ti piazza nel calice, nell’ordine, un piedirosso 2017 fresco ed agile, un Fois 2016 rustico ma elegante e forte e un Donna Candida 2015 da applausi. Tutti vini assolutamente splendidi e che vanno acquistati prima che finiscano, anche se io qualche falanghina del 2018 la prenderei lo stesso.

Tenuta Sant’Agostino è una giovane azienda di Solopaca (BN), situata su una riva del fiume Calore, su terra ricca di nutrimento, mai secca e con un substrato calcareo importante. L’Azienda sta sperimentando vini in anfore di nuova concezione (rivestite in gres porcellanato e con cera d’api) e i risultati promettono bene, visto l’assaggio dalle bottiglie in commercio e dai campioni da vasca. Piacevolissimi e molto ordinati i bianchi, Malvasia e Trebbiano in purezza, vini che fanno parte del retaggio storico del Sannio pur essendo stati introdotti qui agli inizi del 20mo secolo. L’Aglianico AttoPrimo è un bel vino fruttato, lievemente speziato e profondo. Azienda sicuramente da seguire per lo sviluppo dei progetti futuri e per l’entusiasmo nella sperimentazione.

Chiudo gli appunti di assaggio con una verticale completa di Taurasi DOCG dell’Azienda Vitivinicola Amarano dalla 2013 alla 2007 e non poteva essere altrimenti, perché una volta che sei entrato nel vortice causato da quel tornado che si chiama nonna Lucia non ne esci più. Sono passato da una 2013 in affinamento e non ancora in distribuzione, con un carattere deciso, forte e nerboruto, ad una 2007 matura, fresca ed equilibrata. In mezzo tanti vini, ciascuno diverso dall’altro, per una imperdibile fotografia del modo di fare vino secondo l’annata e secondo il volere della campagna. Medaglia d’oro per una 2008 da paura, con sentori dal sottobosco alla frutta nera e rossa, alle spezie, pepe nero su tutte, dalla piacevolezza assoluta al sorso.

Last but not least, non posso non citare i sempre buoni passiti e Marsala di Pellegrino, le birre, gli amari, i liquori, i distillati e i superalcolici dei vari interessantissimi operatori presenti, a completare una bella panoramica sulla proposta complessiva del bere bene italiano.

Ci vediamo l’anno prossimo!


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