Atelier Moessmer a Brunico. La montagna di Norbert Niederkofler la immaginavo più alta

Atelier Moessmer Norbert Niederkofler
Via Lampi, 4 – Brunico (BZ)
Tel.
0474 646629
ateliernorbertniederkofler.com/

Atelier Moessmer - Norbert Niederkofler con Mauro Siega e Lukas Gerges (credits Lorenzo Polato)

di Giulia Gavagnin

Norbert Niederkofler non è solo stato il primo chef italiano a conquistare tre stelle Michelin in Alto Adige. Soprattutto, è stato il primo a compiere un gesto intellettuale rivoluzionario. Ha insegnato a “cucinare la montagna” in una forma contemporanea e ne ha codificato la forma e il gusto. Si sa, ai pionieri vanno sempre e comunque tributate le giuste lodi. La sua filosofia “Cook The Mountain” ha ormai fatto il giro del mondo: anche grazie a un sapiente uso della comunicazione, la sua idea di cucina etica fondata sul principio di prossimità, sulla stretta stagionalità del menu, sul rispetto dei cicli naturali del prodotto e sull’uso accorto degli scarti, è divenuta un esempio da seguire per chiunque ne condivida i principi, nonché uno slogan immediatamente riconoscibile.

Come ormai tutti sanno, nel 2023 Norbert Niederkofler ha lasciato le mura del ristorante St. Hubertus a San Cassiano in Val Badia per approdare soltanto un paio di mesi più tardi negli eleganti spazi dell’Atelier Moessmer a Brunico, una villa storica di proprietà dell’omonimo lanificio che confezionava i loden per l’imperatore Francesco Giuseppe. Ivi confermando le tre stelle Michelin (più la stella verde, ca va sans dire), di fatto, Niederkofler ha portato a termine il proprio percorso, tornando a casa come Ulisse. Altoatesino della Valle Aurina, dopo essere aver trascorso l’età della formazione in Svizzera, in Germania, negli Stati Uniti e avendo vissuto l’intero cursus honorum da grande chef nella ladina Val Badia, che lo ha portato sino alla terza stella, con l’apertura di Brunico si è definitivamente avvicinato alle sue più profonde radici, oltre che al luogo natio. Lui stesso ha dichiarato che l’apertura di Atelier Moessmer costituisce un ulteriore passo del suo percorso professionale, in cui la filosofia Cook The Mountain è diventata un’urgenza -soprattutto intellettuale- della quale ha preso coscienza a seguito della nascita del figlio Thomas: di lì ha anteposto la sostenibilità a ogni altra istanza. E all’Atelier ha inteso spingere al massimo l’intreccio tra sostenibilità, stagionalità e Km. 0, privilegiando cotture veloci e rispettose della materia effettuate open air dalla sua giovane e competente brigata nella bellissima cucina a vista davanti al bancone in stile “omakase” dal quale gli ospiti si godono lo spettacolo.

La stessa formula l’ha replicata a oltre duemila metri di altitudine a Plan de Corones, dove si è insediato negli spazi adiacenti al museo di fotografia Lumen in uno spettacolare ristorante sospeso progettato dall’architetto altoatesino Martin Gamper, l’AlpiNN. Anche qui, una giovane brigata confeziona a vista piatti più semplici ma improntati alla medesima filosofia. E, last but not least, da poche settimane l’infaticabile altoatesino ha inaugurato ad Anterselva Ansitz Heufler, un edificio storico con camere e trattoria tipica che serve anche da punto di raccordo tra le due attività principali. Da Lutago, Valle Aurina, a mezza Pusteria: possiamo dire che Niederkofler è davvero diventato The King of The Valley.

Su Atelier Moessmer va detto, innanzitutto, che è un luogo magnifico. Si trova a un quarto d’ora a piedi dal centro di Brunico in un quartiere residenziale, di fronte alla fabbrica dei famosi loden. E’ costituito del corpo centrale, la villa dei Moessmer risalente alla fine dell’Ottocento, che fu anche luogo di meditazione e dello scrittore Joseph Zoderer. Rispettando gli spazi originali, sono state ricavate la sala del caminetto, dove viene servito l’aperitivo; la libreria con i volumi storici della famiglia Moessmer risalenti all’epoca in cui Brunico era ancora austriaca e una buona collezione di distillati e acqueviti che sarebbero piaciute al buon Gino Veronelli (Capovilla, Rochelt, Reisetbauer..), una sala da pranzo, tutte decorate con motivi del lanificio.

A lato, collegata da un corridoio-ponte dove fanno bella mostra di sé alcune delle preziose bottiglie della cantina, vi è un edificio iper-moderno di legno scuro e acciaio, che ospita la famosa cucina a vista con il bancone omakase. Per recuperare un edificio vincolato dalla Soprintendenza è necessario inserire almeno una parte di edificazione in stile contemporaneo, mi spiegano. Penso che la Regione a Statuto Speciale sia un luogo di meravigliose delizie, non solo culinarie, ma anche normative. Ovunque nel resto dell’Italia per una cosa del genere scatterebbero i ceppi, forse ho solo capito male, ma sento di essere in un luogo talmente speciale che preferisco non occuparmi dei poteri quasi sacri, quasi occulti, dei sudtirolesi.

Infatti, il gentilissimo sous-chef (da lunga data) di Niederkofler, il friulano Mauro Siega, mi accompagna nelle secrete della cucina sotterranea a illustrarmi come nascono i piatti che conia insieme al Maestro. Ovviamente dalla raccolta nei campi, nei boschi e negli anfratti montani di erbe selvatiche, radici, bacche, drupe, funghi e quant’altro la Natura offra in quel momento. Dal rapporto stretto con allevatori e macellai di prossimità, per avere salmerini e trote guizzanti; pecore, agnelli e vacche grigie allo stato brado o semibrado, per utilizzare al meglio anche le loro parti meno nobili. Un’enciclopedia compilativa di ingredienti di montagna, da estrarre all’occorrenza soprattutto nei mesi più inclementi, quando il freddo e il gelo impediscono di disporre di grandi varietà alimentari. E poi, la cantina, creata ex novo, essendo rimasta quella del Rosa Alpina alla famiglia proprietaria. Ci sono tutte le referenze francesi e piemontesi necessarie, con un’ovvia attenzione anche a un territorio che sta cambiando parecchio. Dai vini tecnici e, diciamo, anche un po’ troppo “pettinati” di una ventina d’anni fa, l’Alto Adige sta conferendo fiducia ad alcuni giovani produttori che spingono più sulla mineralità che sull’aromaticità, con esiti talvolta quasi transalpini. Vini che, a mio giudizio, si sposano assai bene con la cucina dell’Atelier, profondamente identitaria.

 

Tutto ciò premesso, per arrivare al punto. Com’è oggi la cucina di Niederkofler all’Atelier Moessmer? Dopo aver affrontato il menu degustazione estivo (o, uno “dei” percorsi estivi: ricordo a me stessa che la pratica del foraging può apportare sempre variazioni, più o meno millimetriche) mi sento di dire che, forse, il lodevole intento di codificare la cucina di montagna ha portato a una standardizzazione di alcuni gusti e alla non celata intenzione di piacere a tutti. Anche alla Michelin (e –of course- alla 50 Best), ca va sans dire. Che non è certo una colpa: un’attività commerciale nasce per avere la più vasta clientela possibile e per fatturare. E in un’area che per istanze linguistiche e posizione geografica chiama a raccolta molta borghesia di lingua tedesca e dal Nord e dall’Est Europa benestanti, la sperimentazione che si fa lingua universale, lasciando indietro qualcosa a livello di “emozione”, anche magari contrastante, è perfettamente comprensibile.

Quel che però può essere un velato oggetto di critica, è l’aver allestito una macchina perfetta (verrebbe da dire “teutonica” ma sarebbe una battuta scontata, oltre che stupidella) che “cucina la montagna” come oggi molti ristoranti contemporanei cucinano il loro territorio (Amazzonia, Foresta Equatoriale, Asturie, Danimarca ecc.). Con la preparazione antecedente degli ingredienti e l’assemblaggio-show nella spettacolare cucina a vista, dove le cotture sono –per forza di cose- rapide e talvolta esitano piatti semplici, forse troppo. C’è persino un sospetto di un pizzico di Noma-dipendenza. Cioè, capiamo l’intento di non voler in alcun modo alterare una materia prima eccellente, esaltata attraverso i prodotti che la montagna offre e trattati nel modo più rispettoso possibile. E capiamo anche perfettamente che non siamo in Costiera Amalfitana, questo non è luogo di una cucina mediterranea piaciona in cui basta raccogliere i prodotti freschi dall’orto e sono tutti contenti. Forse è proprio questo il punto. La cucina di montagna è così difficile, che codificarla attraverso gli stilemi della cucina internazionale contemporanea è impossibile. Soprattutto, se si ha l’impressione che si guardi un po’ troppo al Profondo Nord (Europa).

Probabilmente, nel suo intimo desiderio di attingere alla purezza della materia nella sua totalità, negli anni Niederkofler ha tolto, sottratto troppo. Niente olii, se non l’olio di vinacciolo, niente salse, se non con l’acqua (di montagna, of course), anche qui un innamoramento ormai diffuso per i carboni, solo che se alle braci o ai legni non ci metti un certo Victor Arguinzoniz mancherà –ahimè- l’effetto “wow”. Espressione un po’ stupida, certo, perché la bocca aperta è degli stolti. Ma, per rendere l’idea, il miglior piatto assaggiato durante il percorso –alla fine della fiera- è stata la celebre e celebrata tartare di coregone (opzionale nel percorso, insieme agli gnocchi di rapa rossa e alla tarte tatin) con scaglie di pesce fritte, brodo di uova di pesce, olio all’aneto, erbe e vino bianco di Terlano: un piatto che ha più di dieci anni e che per la sua forte evocazione del territorio, fa davvero dire “wow”, come gli stolti.

Tanto premesso, il percorso inizia con l’aperitivo nella stanza del caminetto, dove i deliziosi ragazzi di sala si premurano di spiegare con cordialità i quattro amuse bouche. Tra il cannolo, la tortillas di montagna, la crepe e la pasta fillo, si distinguono queste ultime: con tartare di cervo e la tartelletta con erbe di montagna che pulisce perfettamente il palato.

La prima portata vera e propria è l’”insalata estiva”, dal design che per forza di cose riporta a un “certo” tre stelle in Piemonte e a un cert’altro due stelle sul Garda bresciano.  Mela verde, acetosa, verbena, melissa, funghi gialletti, ribes, dragoncello, una bella idea di quel che la Natura offre in questi giorni. Con un estratto di sambuco e mela in accompagnamento. Senz’altro una bella entrata, anche se non crea più l’effetto dirompente che questo genere di vegetale puro suscitava anni addietro.

A seguire: trota demi cuit con “acquapazza” di corniola, uva spina, colatura di erbe, acqua di pomodoro. Un buon piatto in cui si apprezza l’acidità dell’eterea salsa che crea un effetto che vagamente ricorda quello della preparazione campana che, certamente, poco a che vedere con “cucinare la montagna”. Un divertissement geografico che definisce con pulizia la bontà della materia prima.

Il risotto con latticello, burro acido, fieno, ed erbe di montagna ha avuto un impatto olfattivo decisamente piacevole, che mi ha ricordato l’approccio di Antonia Klugmann. Tuttavia, servito in una ciotola artigianale di piacevole manifattura ma non esattamente funzionale al piatto, è giunto appena un po’ avanti in cottura. Non è stato certamente il miglior piatto del lotto.

Il pane in stile “puccia” ha accompagnato un burro montato di Riscone di qualità eccelsa.

Sono poi giunti i due piatti alla brace. Il diaframma avvolto nel grasso; e l’agnello impreziosito dalle erbe di montagna, il suo fondo, e accompagnato da un soffice pancake con la sua pancia.

Senza dubbio due belle portate dove si apprezza la qualità dell’animale, ma che non hanno raccontato la montagna come mi aspettavo, probabilmente per un sapore edulcorato che non narra di pascoli e pastori, ma che sembra più un’esibizione tecnica volta a sottrarre la “durezza” della montagna.

Ineccepibili i dessert, con “albicocca e zabaione” e “biancomangiare” nella versione montana.

Non v’è dubbio che Atelier Moessmer sia un luogo dove la cucina è di altissimo livello.

Tuttavia, proprio per la peculiarità e l’intento filosofico sotteso alla cucina di Niederkofler, forse in alcuni tratti l’approccio contemporaneo alla stesura dei piatti lo allontana dall’obiettivo finale. Chiudere gli occhi e pensare, respirare la montagna. Quantomeno, a me, che sono per il 50% montanara, seppure di versante bellunese, non è capitato. Certamente, ad altri clienti sarà capitato. Mi è piaciuto? La risposta è: “si, ma…”.

Poichè Herr Niederkofler ha appeso in cucina un cartello in cui enumera alcuni principi, al primo posto: “Non dare mai retta a quello che gli altri scrivono di noi, perché quando uno incomincia a credere a quello che gli altri scrivono di NOI, è da lì che incominciamo a essere RAMMOLLITI”, mi sembra resiliente abbastanza da non dare retta al mio scombiccherato dire. Anche perché, parliamo sempre e solo di sfumature.

Prost!!

 

Atelier Moessmer Norbert Niederkofler

Via Walther von der Vogelweide, 17

39031 Brunico (BZ)

Tel. 0474 646629

 

Scheda del 13 febbraio 2025

Atelier Moessmer a Brunico – Chef Norbert Niederkofler

di Silvana Tortorella

Le Dolomiti dell’Alto Adige, rappresentano la musa ispiratrice nella visione di “Cook the Mountain” dello chef Norbert Niederkofler a cui la rossa, con l’apertura nel 2023 del ristorante Atelier Moessmer a Brunico, ha affidato sin da subito la custodia delle 3 stelle Michelin. Già nel 2008 sorprese il mondo della cucina d’autore “con la montagna”  quale invito forte e deciso a rifiutare le scelte facili e rassicuranti, discostandosi da quella cucina convenzionale stellata con l’idea di tutelare sia l’ambiente che il patrimonio del sapere contadino; ribadendo così l’importanza della ricerca che privilegi gli scambi dialettici con la natura e il territorio, consacrando con la sua interpretazione, la cucina povera nell’arte della gastronomia contemporanea.

Quattro i menù nell’anno, ed ognuno è un racconto che scandisce le quattro stagioni; un lavoro instancabile di raccolta per fare dispensa da utilizzare nelle stagioni meno generose. Una profonda conoscenza del territorio, il continuo ed instancabile confronto con produttori e allevatori delle valli ed una squadra di giovanissimi ragazzi motivati dallo stesso ideale di cucina, sono l’anima del ristorante.

Nel vasto parco della famosa azienda di loden Moessmer, in una villa dall’ austera bellezza architettonica, con interni dal design minimal accoglienti e rilassanti, si apprezzano dettagli che omaggiano la vicina fabbrica di loden come ricordato nella copertura del soffitto di una sala o nella copertina dei menù.

Un susseguirsi di sale storiche, arredate con elementi di design contemporaneo d’autore, introducono alla cucina, una serra d’inverno tutta in vetro annessa alla villa, dove un imponente chef’s table abbraccia gli elementi tecnici fuochi e brace, consentendo ad un numero limitato di ospiti di poter godere dell’armonico e silenzioso lavoro della giovanissima brigata che si muove con atti certi e sicuri sotto l’occhio vigile dello chef.

 

 

Nel salotto lo chef  intrattiene con garbo e simpatia gli ospiti, dedicando ad ognuno il tempo per raccontare la storia della villa, nel mentre che viviamo l’esperienza della preparazione dell’amuse bouche tra churros ripieni di una delicata crema, piadine cotte alla brace con prosciutto di agnello di montagna e uno choux che ricorda il Bauerntoast, un tipico snack altoatesino.

Un unico menù degustazione di dodici portate al quale, a scelta,  si possono aggiungere tre grandi classici dello chef; una rincorsa di consistenze e sapori che non stancano né la mente né il palato anzi una dopo l’altra incuriosiscono per poi sorprendere nella loro unicità. Sapori insoliti e non sempre facilmente riconoscibili nelle proposte dell’Atelier Moessmer.

Un risotto cotto con il brodo aromatizzato alla trigonella che rilascia appena un sapore di cereali e mantecato dal formaggio di capra che gli conferisce un sapore deciso e sapido che ben contrasta con il fresco pesto di ortiche.

Sorprende anche un piatto più ricco e complesso come il maialino cotto alla brace e accompagnato dai Cevapcici, piatto tipico dell’est Europa, creato con le parti di scarto del maiale nappato con laccatura di carote e erbette della montagna fritte. La carne del maialino risulta morbida e dolce, dopo la sapiente cottura alla brace accompagnata da un fresco pesto di erbette e da croccanti finferli estivi.

Non si può non raccontare il pane offerto all’Atelier Moessmer, gonfie ed invitanti pagnottelle del tipico pane nero altoatesino ricco e complesso grazie ad un mix di farine dei molini di piccoli produttori delle valli, con aggiunta di polline e semi di cereali che si accompagnano ad una nuvola di burro zagolato da Cristoph, il casaro di una valle vicino Brunico che alleva solo 14 mucche in alpeggio per l’estate.

Le presentazioni dei piatti sono affidate al giovane personale di sala che, con empatia e dovizia di particolari anticipano l’esperienza gustativa. Anche  la cantina è il risultato di una ricerca sapiente ed accurata.

 

 

Atelier Moessmer Norbert Niederkofler

Via Lampi, 4 – Brunico (BZ)

0474 646629

http://ateliernorbertniederkofler.com/


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