
di Raffaele Mosca
Diciamolo da subito: questa non è un’annata per gli amanti del Brunello di Montalcino “vecchia scuola”. E non è affatto un male, perché qualunque gloria enologica rischia di perdere quota se rimane sempre uguale a sé stessa. Non è questione di tradire la propria identità storica, ma di essere disposti al dialogo con il mondo e con il tempo. Penso che la crisi di Bordeaux, inimmaginabile fino a dieci anni fa, l’abbia reso estremamente chiaro: nessun produttore al mondo può permettersi di rimanere fermo su di uno schema prestabilito.
Il Brunello ha dalla sua parte una minore facilità d’imitazione rispetto a qualunque vino da vitigni bordolesi. E questo ha garantito per ora il mantenimento di un quasi primato a livello nazionale. Ma il modello che ha fatto la sua fortuna – spesso basato su di una declinazione piena e potente del Sangiovese – rischia di avere meno appeal in una fase storica in cui i consumatori nei mercati più maturi cercano anche altre qualità. E un’annata giocata sulla delicatezza aromatica, ma che non rinuncia del tutto a corpo e calore, è esattamente quello che ci vuole per fare passi in avanti sul fronte della contemporaneità senza forzature. Per certi versi l’annata 21 del Brunello di Montalcino ricorda un po’ la ‘16, seppur con le dovute differenze legate a una stagione più calda e straordinariamente siccitosa. Si parla addirittura della seconda più arida di tutti i tempi dopo il 2003.
Salvo rare eccezioni, però, non c’è traccia di “bollitura” nei vini, anzi lo stile è molto fine, in alcuni casi quasi soave. Sará anche per l’andamento bizzarro: la 2021 è stata fredda all’inizio e poi mediamente torrida, ma senza picchi stratosferici. Una prerogativa ha fatto la differenza: escursioni termiche estreme tra agosto e settembre, che hanno permesso di raccogliere l’uva non proprio tardivamente, ma meno precocemente rispetto ad altre annate. “ Se si vedono i grafici, la particolarità della 2021 sta proprio nelle temperature diurne più alte rispetto alla 2020, alternate però a delle minime notturne molto più basse” spiega il master of Wine Gabriele Gorelli. In alcune zone ci sono state anche delle gelate primaverili che hanno ridotto seriamente i quantitativi, concentrando allo stesso tempo corpo e acidità.
Il risultato? Vini d’impatto con alcol solitamente elevato, ma raramente monolitici. Anzi potremmo dire che le escursioni termiche hanno fissato gli aromi e plasmato nasi tra i più profumati di sempre, con bagagli floreali e officinali che non si vedono sempre da queste parti. Le strutture, per quanto importanti, non sono quasi mai eccessive; le acidità sono più sostenute rispetto alla 20’. I tannini variano più di tutto il resto: in alcuni casi sono abbastanza spigolosi – quasi nello stile della ‘19 – e in altri decisamente più fini e garbati.
Un elemento ricorrente nei vini è un frutto rosso ricco, carnoso e in qualche caso lievemente candito, che li allontana un po’ dagli stilemi classici e gli dà molta immediatezza. Un problema per la longevità? Non penso, perché non è detto che siano davvero necessarie reticenza e rigidità iniziale per garantire longevità. È più l’equilibrio tra le parti a favorirla che le singole componenti. Altrimenti i vini bianchi potremmo buttarli tutti dopo massimo due anni.
Chiaramente non tutti i Brunello 2021 sono ugualmente compiuti: in qualche caso c’è una scodata alcolica finale che va a contraddire il senso di finezza aromatica e frena la progressione nel rush finale. In altre, invece, qualche traccia verde legata a una maturazione non perfetta. Ma la qualità è mediamente molto buona, anzi forse un pelino superiore – o quantomeno più diffusa – rispetto a quella dell’acclamata e più classica 19’.
Due grandi crucci vengono fuori ogni anno: il primo è l’eterna “lotta” tra zona nord e sud della denominazione. Ed è innegabile che l’andamento climatico delle ultime annate abbia favorito la zona settentrionale, foraggiandone l’exploit. Ma nel 2021 le differenze sembrano meno marcate.
A mio avviso c’è anche una questione stilistica: probabilmente alcuni produttori nei versanti più assolati – ovvero sud-ovest e, in misura minore, sud-est – si sono resi conto che è necessario lavorare per “contenere” la materia sempre più esplosiva; hanno fatto balzi avanti nella ricerca di una maggiore freschezza e facilità di beva. È per questo che i ‘21 “meridionali” sono particolarmente allettanti.
L’altra questione importante è la dicotomia Brunello Base – Vigna. È oramai assodato che nelle annate più difficili il divario tra il vino classico dell’azienda e la selezione sia più evidente. In una come la ‘21, invece, si assottiglia molto e viene da chiedersi se la differenza di prezzo sia sempre giustificata. Non che non ci siano vini di punta o single-vineyard notevoli, ma questa è una delle annate in cui si capisce davvero che la forza del Brunello sta soprattutto nei vini semplicemente etichettati come “Brunello di Montalcino”. Questo non significa, però, che la creazione di un sistema ufficiale di sottozone non sia una mossa necessaria per far fronte alle richieste pressanti di una specifica nicchia di mercato che ama la vivisezione del territorio. Basterebbe anche solo introdurre la possibilità di menzionare in etichetta i versanti e le loro frazioni più importanti per fare notevoli passi avanti in questo senso.
Ma ecco i migliori Brunello di Montalcino 2021 da Benvenuto Brunello 2025:
Collemattoni
Cominciamo da un “nuovo classico” della zona di Sant’Angelo in Colle, oramai particolarmente performante in quasi tutte le annate. Lo assaggiamo prima in sala e poi in cantina di fianco alla ‘19 e alla ‘20. E si rivela più classico per austerità e dinamismo rispetto a quest’ultima annata, ma anche meno burbero e mordente dell’altra. Non è esplosivo, anzi gioca su tonalità atipicamente scure in questo momento. Ma è reattivo, energico, ben impostato e potenzialmente longevo.
Col di Lamo
Una delle migliori annate degli ultimi tempi per quest’azienda del nord pieno della denominazione. Dispensa fragranze fruttate e floreali che preannunciano un sorso gentile, aggraziato, con grande energia acido-sapida a condurre i giochi e un finale snello e invitante. Estremamente contemporaneo.
San Guglielmo
Solo un ettaro in zona nord-ovest, da cui viene fuori un’espressione dinamica e gentile, con un naso spiccatamente mentolato e floreale e una bocca all’insegna del buon equilibrio tra polpa e freschezza, dalla persistenza lunga e soave allo stesso tempo.
Pietroso
Oramai un “benchmark” per le zone più fresche e alte di Montalcino. Anche in questo caso si smarca dagli stereotipi dell’annata e tira fuori un profilo di classicismo intramontabile: fresco, croccante, balsamico e appena terroso. Il tannino è fitto e incalzante, ma ben sostenuto dal frutto. Finale salino, succoso, ancora in divenire, ma di bella precisione.
La Magia
Il cru aziendale, Ciliegio, ha conquistato la critica internazionale negli ultimi anni. Quest’anno, però, ci sembra un pelino conciato dal legno nuovo in cui è affinato. Il “base”, invece, è straordinario per profusione di aromi floreali, officinali ed ematici. La percentuale di tonneaux e botti nuove scende al 20% e permette al vino di esprimere slancio, freschezza e pulizia, con l’integrità di frutto tipica delle interpretazioni più moderne e un finale tonico di arancia sanguinella.
Il Palazzone – Vigna Le Due Porte
Non lo conoscevo e mi è rimasto impresso: da zona prossima al paese, fonde note animali con liquirizia, frutto rosso sotto spirito e pot-pourri. Salino, dritto, senza sovrastrutture, con un bel frutto supportato da un tannino delicato, finale dinamico e suadente. Una sorpresa!
Fuligni
Vecchia gloria del crinale ad est del paese che si difende sempre alla grande, anche se l’azienda ricade nell’area più colpita dalle bizzarrie climatiche. Il naso è scuro, profondo, meno espansivo di altri. La bocca, invece, è in perfetto equilibrio tra polpa e acidità, con un tannino già molto ben integrato e un finale corrispondente.
Caprili
Il vino del presidente neo-eletto del consorzio Giacomo Bartolommei proviene dalla zona di Santa Restituta, che è nel sud-ovest, ma beneficia di altitudini sopra i 400 metri. Incarna uno stile lievemente “funky”, con note ematiche e selvatiche frammiste a mela matura e arancia candita. Notevole per energia e succosità, con un tannino abbastanza fitto e un accenno alcolico, ma anche tanto frutto e freschezza impeccabile che dà ritmo e profondità.
Castello Tricerchi – A.D. 1441
Uno dei casi in cui senti veramente la differenza tra il base, comunque valido, e il vino di punta. È “nordico”, fine ed etereo, con un sottofondo di frutti rossi appena canditi, lampi di arancia sanguinella e iodio. Ottimo per purezza ed equilibrio, con un tannino elegante e un finale preciso e salivante, senza traccia di calore.
Caparzo – La Casa
Espressione magistrale di Montosoli, forse la più grande vigna di Montalcino in questo momento. A un naso chiarissimo di fragola, pesca gialla e finocchietto selvatico fa seguito una bocca altrettanto gentile, con tannini quasi impalpabili e tanta freschezza citrina a sostenere il frutto. Finale di ampio respiro, balsamico ed orientaleggiante.
Le Chiuse
Gran bella versione di un vino classico, frutto della zona più storica della denominazione e di vigne che in passato erano parte dei possedimenti della Biondi-Santi. Parte scuro, profondo, con accenti terziari che danno già spessore ed ampiezza. La bocca, però, è giovanissima, trascinante, con acidità dirompente e tannino sostanzioso che garantiscono una buona performance a lungo termine. È comunque già notevole per equilibrio e facilmente abbinabile a piatti succulenti.
Canalicchio di Sopra – Vigna Montosoli
Altra interpretazione magistrale di Montosoli, forse un po’ meno espansiva rispetto al La Casa, ma sempre delicata e ariosa, con tanto agrume e un tocco di spezie orientali che dà grande eleganza. Tannini più fitti rendono un senso di austerità, ma sono ben bilanciati dal grande frutto e da un’eco floreale-balsamica che prende la scena nel finale lungo e garbato.
Castello Romitorio – Filo di Seta
Vino da sempre sempre molto acclamato dalla critica, ma che in qualche caso ci è sembrato un po’ troppo moderno. Non è questo il caso, anzi si tratta di una versione di somma finezza, con giusto un pizzico di tostatura che incornicia un frutto di purezza cristallina. Grande energia al palato, tannino pettinato e frutto coerente, finale altrettanto preciso e suadente.
Salicutti – Sorgente
Difficile scegliere tra i due cru di questa realtà biodinamica. Piaggione è leggermente più austero; Sorgente brilla per finezza e delicatezza, con un naso complesso tra note animali e un accenno di tabacco, sfumature più gentili di frutta rossa matura e pot-pourri. Il sorso è salino, dinamico e mordente, con tannino relativamente sottile e un ritorno di arancia sanguinella a dare ritmo e profondità al finale.
Lisini
Da tempo una delle migliore espressioni di stampo classico della zona di Sant’Angelo: avvolgente, esuberante, ma senza eccessi. Gioca su toni di frutti rossi maturi, melagrana e kirsch su sfondo di terra bagnata e macchia mediterranea. Offre volume e ampiezza senza pesantezza, con un tannino incisivo, ma perfettamente avvolto dal frutto. Il finale è lungo e di rara compostezza.
Le Potazzine
Altro Brunello “classico” di grande stoffa da una delle zone più alte della denominazione. Elegante, dominato da note di frutti rossi freschi e accenti balsamici, con dettagli di pot-pourri e arancia sanguinella. Il sorso è dinamico e di grande sapidità, animato da un tannino arrembante, ma perfettamente estratto. Fiori rossi e rimandi balsamici contribuiscono ad allungarne la persistenza fenomenale.
Gianni Brunelli – Le Chiuse di Sotto
Altro classico in grande spolvero: elegante e suadente, con sentori di ribes selvatico e lampone arricchiti da un accenno di affumicatura e un ricordo balsamico-mediterraneo. Salino e mordente, ma anche pieno, mette insieme corpo e souplesse aromatica come pochi altri. Il tannino, per quanto ruggente, è perfettamente intessuto nella struttura. Finale lungo e cangiante.
San Filippo – Le Lucere
Unico assaggio fuori salone. La zona è quella subito ad est del paese. La gelata ha ridotto la produzione del 20%, ma il cru di famiglia è in forma smagliante. Fragrante, floreale e fresco di frutti rossi appena raccolti, con qualche accenno balsamico, vegetale e un tocco di terrosità sul fondo. Il sorso è coerente: offre salinità, freschezza, purezza di frutto e giusto un pizzico d’influenza del rovere che non disturba, anzi arricchisce il quadro. Finale lungo e suadente.
Poggio di Sotto
Una versione molto diversa da quelle storiche di questo vino “cult”, ma non meno elettrizzante. Inizialmente austero e riduttivo, lascia emergere lentamente un carattere mediterraneo e balsamico, con note di liquirizia, finocchietto e frutti rossi freschi, qualche accenno floreale e terragno. Ha pienezza e matrice terragna da Sud, ma sempre in un contesto di grande finezza e garbo. Tannini finissimo sostengono frutto ricco, ben calibrato da freschezza indomita. Il finale, lungo e suadente, rivela dettagli diversi ad ogni nuovo assaggio.
Giodo
Di stile mediterraneo esuberante, ben espressivo del quadrante meridionale di provenienza, ma senza esagerazioni, anzi sorprendente per delicatezza. Il naso è caleidoscopico e cangiante, con toni di fragolina selvatica spolverata di spezie orientali, sottobosco, mela rossa e humus, qualche accenno floreale. Ha energia, grinta, sapore e volume senza peso, con un tannino felpato che dà una texture eccezionalmente elegante. Più libero, meno tecnico del consueto, è trascinante per dinamica sin da subito, ma possiede la stoffa giusta per invecchiare alla grande. Chiude lungo, suadente, cremoso quanto basta. A mani basse il miglior assaggio di Benvenuto Brunello 2025!
Gli altri Brunello di Montalcino 2021 degni di menzione:
Argiano – Vigna del Suolo
Cortonesi – La Mannella
Fattoi
Franco Pacenti
Padelletti
Podere Giardino – Le Tracce
Sesti
Tassi – Giuseppe Tassi
Tiezzi – Vigna Soccorso
Dai un'occhiata anche a:
- Giornata mondiale della pizza, chef Ciro regala la pizza della felicità
- Al via il Congresso Nazionale FISAR con l’intervento di Riccardo Cotarella
- Nola, pasticceria Ruah: nasce il dolce “Sorellanza”. La creazione di Gennaro Langellotti dedicata al Premio Sorellanza 2025
- San Gennà…Un dolce per San Gennaro 2025: vince Alessandra Bernardini con Pucundria – Il miracolo è nel ritorno
- Ferrari Trento e Terrazza Bosquet in un menù a quattro mani a Sorrento
- La cucina di Salvatore Morello e i vini di Frank Cornelissen si incontrano da Concezione
- Alla pizzeria Robertino Cupo di Palomonte Otto Mani e un Forno: la bella serata dei quattro pizzaioli degli Alburni e del Vallo di Diano
- Cene stellate a Zermatt del Capri Palace