Borgogna, Bernard Dugat-Py

Pubblicato in: Champagne e Vini francesi

Il sito di Bernard Dugat-Py

Il concentratore del Pinot Noir.
No, non nel senso dello strumento, o per lo meno io non l’ho visto a l’Aumonerie. Perché quando si parla di concentratore si pensa subito ad una diabolica macchina enologica e non alla massima capacità di estrarre dal frutto tutto quello che la pianta può estrarre dal terreno.


Bernard Dugat, poi anche Py, è un produttore la cui congiunzione di cognomi è esplosa al mondo degli appassionati di Borgogna nella seconda metà degli anni ‘90 proprio per aver fatto sobbalzare chiunque assaggiasse i suoi vini tratti dal comune di Gevrey Chambertin a causa della inaudita concentrazione di profumi, di colore e di sensazioni mai viste e sentite prima.


La variazione di stile del Domaine, volendo tentare il paragone tra due strepitose annate come la 1996 e la 2005 è evidente quanto distinguere il giorno dalla notte.
Bottiglie sul tavolo, cavatappi, bicchieri idonei e via.
Al di la del colore ovviamente più evoluto del 96, sarà la trama rarefatta dello stesso colore a ricordare una certa classicità di stile sobrio che poi si manifesta in una gamma di profumi vicini all’amarena ed al tartufo nero. La nouvelle vague si manifesta invece già all’occhio con un colore scuro impenetrabile, naso folgorante di ciliegia matura, conchiglie oceaniche e infine lo stesso tartufo nero.

In bocca le due diverse espressioni rimangono diversamente piacevoli, nel senso che per quanto preferisca i vini “fini” a quelli “grossi” questi due sono comunque tutti e due coerenti a quello che ci si potrebbe attendere su quel comune, ma è la raggiunta saturazione degli elementi che destabilizza e divide l’opinione degli amatori dei vini del comune di Gevrey Chambertin.

Il confine raggiunto, il limite è stato toccato, ma a volte anche sforato. Forse per sottolineare questa vetta conquistata, a suo tempo gli esperti Bettane & Dessauve, per conto della Revue de Vins de France, decisero agli inizi degli anni 2000 che questo piccolo proprietario di un orticello di 7 ettari di terreni piantati con vecchissime vigne (media di 65 anni…) avesse raggiunto il pinnacolo della modernità Borgognona.
Pregarono addirittura pubblicamente altri proprietari disattenti o superficiali perché “dessero in gestione” i loro devastati terreni a Saint Bernard in modo che potesse espandere il suo savoir faire.


Mi hanno ricordato Henry Gault e Christian Millau quando uscirono da Bocuse dopo un pranzo memorabile e vollero tornarci la sera stessa, anche solo per due haricots verts, e poi stilare il decalogo della Nouvelle Cuisine da divulgare a beneficio degli chef più grossolani dell’epoca.

Di questa roba in Italia all’inizio del millennio ne girava poca o nulla. Il centro-nord Europo è stato il primo mercato ad accorgersi del fenomeno Dugat-Py, insomma, quelli che il vino non lo fanno, se lo fanno gli viene così così, ma ne bevono a secchielli.
La politica commerciale mi sorprese pressoché da subito. Nulla da vendere al Domaine, nulla che si trovasse normalmente chez les cavistes. E furono allora figure di intermediari piuttosto particolari, che in Italia non credo esistano, che tramite buone relazioni epistolari con Madame Jocelyne Py mi misero nella condizione di ricevere il suo vino a partire dal millesimo 1999 .
Come un bambino il giorno di Natale ad aprire le scatole bianche, e poi stappare queste meraviglie sconosciute e poi ribadite nei millesimi 2000, 2001, 2002 . Ore ed ore davanti al Faro a guardare il mare e ascoltando il bicchiere che raccontava di scogliere bretoni, di frutti rossi maturi, di profondità terrestri, di sottobosco autunnale.

Il torrido 2003 spaccò quello che sembrava un meccanismo commerciale assodato presso parecchi piccoli Domaine.Produzioni dimezzate, concentrazioni di frutta cotta , arrostita, vulcanizzata.
Prezzi raddoppiati o comunque partiti con grafico esponenziale ingiustificato per una confettura di Pinot Noir.
Il 2004 non è stato buono ne qui ne altrove per i rossi Borgogna, ma i prezzi rimasero quelli, anzi no, chez Dugat-Py in leggera crescita.
Pensare che invece chez Leroy si declassò tutto e si dimezzarono i prezzi…
Il 2005 è stata poi l’annata a prova di imbecille, nel senso che solo quelli che si sono dimenticati di vendemmiare non hanno fatto buoni vini, figuriamoci Bernard.

Nel frattempo alcune vinificazioni fuori da Gevrey impegnarono il buon Bernard: Vosne Romanée (già dal 99 ) poi Pommard e Meursault (già dal 2004) e Chassagne Montrachet (2005), tutti ricavati da vecchie o vecchissime vigne e con esiti più che confortanti. Sul lato commerciale si cominciò a capire sempre meno il senso delle per altro legittime scelte di Madame Py, che alcuni frustrati commercianti francesi , ma anche semplici clienti privati, cominciarono a non capire Pyu’ e si limitarono sommariamente , e a mio modesto avviso in forma eccessiva ( o forse anche no) ad apostrofarla “ Elle est folle..” o “ Elle aime beaucoup l’argent”.

Le microproduzioni di Bernad Dugat hanno fatto storia quanto quelle del cugino Claude, l’uomo de la Griotte, arrivando a superarlo per esclusività con i pochi ranghi di Chambertin la cui produzione si aggira sulle 200 ( duecento) bottiglie messe in commercio ogni anno.

La speculazione è ovviamente partita sopra alla scarsità di prodotto e alla vasta portata mediatica che ha sostenuto il Domaine. Comunque niente paura, per chi volesse togliersi il dente basterebbe sedersi per esempio al Relais Bernard Loiseau a Saulieu e concedersi il lusso di uno Chambertin 2005 barattandolo con 21 biglietti verdi europei.

Ma in fondo ciò che conta per lui, io credo, io che l’ho guardato bene negli occhi, non è il denaro ciò che cercava ma aprire lo sguardo su un orizzonte diverso dalla visuale classica e dimostrare che si possono mantenere le peculiarità di un Terroir, esasperandole, arricchendole, rischiando si il fuori giri e arrivando a volte allo stucchevole, ma a volte anche toccando il fatidico 20/20mi.


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