Caravaglio vini: tra il cielo e il mare di Salina

Pubblicato in: in Sicilia
Nino Caravaglio

di Antonella Amodio

Non ho mai visto tante sfumature di verde come quelle che la natura consegna alla macchia mediterranea di Salina.

Arcipelago delle Isole Eolie, se il paradiso esiste è qui.

Sette sono le isole di natura vulcanica dell’arcipelago: Lipari, Salina, Alicudi, Filicudi, Panarea, Vulcano e Stromboli, ognuna con caratteristiche differenti, insignite nel 2000 del titolo di Patrimonio dell’Umanità da parte dell’Unesco, come Riserva della biosfera e Patrimonio culturale.

Salina è l’isola verde dalla forma conica (in realtà i coni sono due) dove le due montagne, Monte della Fossa delle Felci (con i suoi 962 metri) e Monte dei Porri (di 860 metri) proteggono la superficie di oltre mille ettari dell’isola, la Riserva Naturale Regionale, dove dimorano uccelli rapaci stanziali e migratori, come la poiana, il gheppio, il falco grillaio, il falco pellegrino, il falco della Regina, oltre ad essere casa di pini marittimi, ontani napoletani, castagni e tante altre varietà botaniche.

Ma Salina è anche isola enoica, dopo la coltivazione del cappero è quella dell’uva, con distese di vigneti che degradano verso il mare, a renderla ancora più verde, con l’onnipresente vitigno Malvasia.

Dal 1989 Nino Caravaglio produce vini secondo i dettami dell’agricoltura biologica, visto che a Salina le favorevoli condizioni pedoclimatiche non richiedono nessun trattamento per le uve. Più di 30 ettari divisi in micro appezzamenti tra l’isola di Salina, Lipari, Vulcano e Stromboli, dove oltre alla Malvasia, sono allevati il corinto nero, il catarratto e altri vitigni autoctoni locali. Nino Caravaglio è “maniacale” nella supervisione della vigna ed in cantina. I suoi vigneti sono giardini dell’Eden dove si producono vini che rispecchiano completamente la bellezza del luogo. Ed è questo il segreto del successo delle sue etichette, premiate dalla critica enologica mondiale.

La Malvasia passita è storia delle isole Eolie, e Nino rappresenta con questo vino la qualità estrema della denominazione di appartenenza, così come col vino Infatata, sempre ottenuto dalla Malvasia in un vigneto a forma triangolare sul versante Nord dell’isola Salina.

Senza contare il Nero Du Munti e lo Scampato, a base di uve corinto nero da vigneti di Lipari, nel vecchio cratere di Fossa del Monte, dove la sabbia e la cenere fanno da letto ai vigneti a piede franco.

Ma Nino è anche uno sperimentatore, un innovatore per le uve malvasia di Lipari. Il vino macerato L’Occhio di Terra Malvasia è una nuova visione di questo vitigno, così come Chianu Cruci, prodotto da vigneti posizionati nella valle tra i due vulcani dell’isola di Salina, è il vino bianco che rimane più a contatto con le bucce, circa 40 giorni.

Confesso di non amare i vini macerati, ma questo mi ha conquistata al primo sorso, per la freschezza e la compostezza che nell’anno 2021 è molto evidente.

Nino Caravaglio è proprietario ed enologo della cantina, un vero vigneron, ed è stato il primo, nel 2010, a vinificare la malvasia di Lipari come vino bianco secco, da bere a tutto pasto.

Siamo di fronte a vini che hanno grande verticalità, acidità e contenuta gradazione alcolica, ma soprattutto dotati di grande longevità e pulizia olfattiva. I progetti di Nino però non si sono fermati. Non voglio anticipare nessuna notizia, ma attenzione: sono in arrivo novità incredibili, da Salina e dall’isola di Stromboli, nel frattempo se ne avete occasione assaggiata Nzemi, il vino che produce con Palo Ferretti, dove la malvasia fermenta e affina in botti Pyramitt dalla forma ovale realizzate da maestri bottai altoatesini.

 


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