Chateau Margaux è un grande vino ?

Pubblicato in: Champagne e Vini francesi

Una volta ci sono andato a Chateau Margaux, ma ho trovato chiuso.

Ho suonato il campanello ma non mi risposto nessuno, forse erano in bagno, forse stavano tutti in cantina a martellare le barrique nuove, forse la signora Corinne Mentzelopoulos aveva ospiti, chissà!

Quando Luciano Pignataro e Giancarlo Maffi mi chiesero di scrivere di vini francesi su un blog filo campano  innanzitutto guardai le pareti , le due pareti del mio ufficio, si, sono solo due quelle intere, perché le altre due più che altro sono vetri, spesso aperti sul mare, da ponente  a levante,  aperture mentali che mi  danno luce e aria di giorno mentre di notte permettono ai lampi del faro di darmi il ritmo mentre scrivo.

Guardavo le pareti e cercavo qualche attestato, qualche diploma, qualche onorificenza. Niente. Zero tituli.  Dunque avevano fatto bene a non aprirmi a Chateau Margaux. Il lungo viale, la cancellata, l’imponente ed elegante Castello sembravano dire : con quale diritto ti avvicini al mito senza conoscenza e conoscenze !?! E con quale incoscienza invece il Pignataro e il Maffi garantivano per me alle spalle dei lettori?

Per me è sempre stata una cosa semplice e diretta il vino, la cucina è molto più complessa di un vino. Però il vino merita superiore e altissimo rispetto perchè in una singola vita un vignaiolo ha mediamente non più di quaranta possibilità di sbagliare, gli chef di cucina molte di più.

Qui però la storia è talmente lunga e gloriosa da non permettere neppure di stare a discutere se e quando una vendemmia è stata più o meno favorevole o se la vinificazione è stata più o meno adeguata. C’è il mercato in primeur da rispettare, c’è Wine Spectator e Parker a cui mandare i campioni, c’è il blasone del blocco dei Premier Grand Cru del Bordolese da onorare e rispettare, l’uno a sostenere l’altro.

Chateau Margaux non è un vino che ci si può permettere spesso, indipendentemente dal fattore economico, ma anche per non andare contro alla propria intelligenza. Io lo voglio interpretare diversamente dal più flatteur dei vini del Medoc, dal più femminile ed accessibile già in gioventù, o tra le più affascinanti etichette dell’intero Bordolese. Lo dicevo più su, per me il vino è diventata una cosa semplice, un piacere semplice ed immediato che può arrivare a darmi una grande emozione, quella che sicuramente proverà Corinne Mentzelopoulos quando gli presenteranno il rendiconto annuale , il risultato economico dell’impresa e l’incremento del conto corrente.

Per me Chateau Margaux 1982 non rappresenta una folle speculazione sulla grande annata ma un mezzogiorno di venticinque anni fa passato al bar con altri tre amici: Pierre, ristoratore francesista, Massimo, notaio francesista, Enrico, commercialista francesista. Tre tipi che presi singolarmente potevano caricarti in auto e :

il primo  partire nel primo pomeriggio per cenare a Les Millesimes a Gevrey Chambertin o al San Domenico di Imola, ma solo se fosse stato certo di trovare bottiglie della Romanèe Conti gerenza Madame Leroy.  Il  secondo , dopo il terzo gin tonic poteva al limite arrivare a Chamonix, tanto bastava per raggiungere l’Albert Premier. Il terzo più sobrio in termini di frequentazioni , nonostante i tre negroni pre dinner  ti aspettava poi a casa sua, in salotto con la famiglia schierata per stappare un La Tache 1978 con due fette di salame.

Al bar, con loro,  con meno di ventimilalire a testa ci spaccavamo in quattro un toast per bere una delle 400.000 bottiglie prodotte di Chateau Margaux 1982.

Chateau Margaux per me  è anche una sottile menzogna, mia, nascondendo un disagio profondo e compensandolo scomparendo una sera d’inverno per infilarmi in una trattoria di campagna per mangiare mortadella di fegato, risotto al tartufo e brasato con Chateau Margaux 1989,  a novantamilalire.

Chateau Margau 1990 rappresenta per me l’insegnamento definitivo di un caro amico , Paolo l’avvocato, che mi ha definitivamente fatto intendere che non è bevendo bottiglie dal valore assurdo di mercato pari a 1000 euro che ci si fa un idea chiara della qualità di un vino, però ti fa capire tante altre cose.

Chateau Margaux per me è stato il dire basta alla bevuta dell’etichetta, perché se è vero che tutto è relativo rimane però oggettivamente difficile liquefare, bere e digerire due biglietti da 500 euro.

Chateau Margaux , ogni volta che ne vedo una bottiglia sono contento di non avere più il desiderio di stapparlo, così come sono felice di non avere nulla attaccato alle pareti che mi condizioni a pensare che io ci capisca di vino e che lui debba essere per forza un grande vino.

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APPELLATION MARGAUX

A sud del Mèdoc (dal latino medio-aquae: tra le acque) si trova la più famosa delle appellations di Bordeaux, cioè Margaux, che vive della luce riflessa del suo Premier Grand Cru Classè omonimo e con i vigneti più estesi, rispetto alle altre tre denominazioni, tutte locate verso nord nella città di Pauillac e cioè Lafite, Latour e Mouton-Rothschild. Quest’ultima appellation è transitata in Premier Cru soltanto nel 1973, mentre le altre sono state così classificate nel lontano 1855. Esiste, poi, un quinto Premier Cru, sempre dal 1855, che è situato nella città di Pessac nelle Graves: Haut Brion.

Margaux è collocata sur le rive gauche de la Gironde, vicino all’estuario de la Garonne, proprio di fronte a Bourg, dove gli antichi Romani impiantarono le prime viti in questo territorio. Nel primo secolo d.C., poi, i Bituriges, un popolo di guerrieri celtici, svilupparono la coltivazione di un vitigno di provenienza greco-albanese: la “Balisca”, che essi chiamarono “Biturica” e poi “Vidure”, l’attuale Cabernet. I vigneti di Margaux si estendono in cinque comuni: Labarde, Arsac, e Antenac a sud. Margaux al centro e Soussan a nord. Complessivamente i Crus Classés di Margaux prevedono un Premier Cru, cinque Seconds Crus, dieci Troisièmes Crus, tre Quatrièmes Crus e due Cinquièmes Crus. I vitigni che si coltivano sono quelli classici del luogo: Cabernet sauvignon, Cabernet franc e Merlot in primis e poi anche buone percentuali di Carmènere, Malbec e Petit verdot.  In tutto il Médoc il clima è influenzato dalle due ampie distese d’acqua, l’oceano e la Gironda, che agiscono da regolatori del calore e creano le condizioni per un microclima ideale per la viticoltura. La Corrente del Golfo, poi, dà inverni miti, estati calde, e lunghi autunni assolati. Inoltre, la fascia continua di pinete delle Landes, che si estende quasi parallelamente alla regione, protegge tutto il territorio dai venti nord-occidentali.

Nel comprensorio di Margaux il terreno è composto di uno strato di ghiaia a ciottoli, sopra un sottosuolo ancora di ghiaia interstratificata con calcare. Qui solo i vini rossi hanno diritto alla denominazione Margaux. Nella vinificazione in rosso viene aggiunta spesso una piccola quantità di “vin de presse”, cioè il vino di ultima torchiatura, scuro, tannico, che si ottiene al termine della fermentazione alcolica e dopo la malolattica, spillato dalle fecce nella vasca e spremendo il residuo di bucce e vinaccioli. Questo procedimento consente al vino di ottenere più corposità e longevità. Tanto è vero che questi vini possono invecchiare tranquillamente anche per oltre 30 anni.

Lo Chateau Margaux è il vino più famoso e più grande al mondo, assurto a gloriosa rinascita nel 1977, quando la proprietà fu acquistata per 72 milioni di franchi da André Mentzelopoulos, che ha dovuto poi spendere una cifra analoga per rinnovarla. Ma sicuramente ne è valsa la pena. Il bouquet del vino Margaux è fine e complesso. In bocca esprime morbidezza e finezza e la trama vellutata di questo vino maschera la sua intensità. Sorprendentemente ricco e concentrato, con un finale elegante, persistente e con tannini maturi e splendidi di tostato e vaniglia, derivanti dal legno delle barriques. Insomma, un vino perfetto e di grande stoffa.

Ottimi vini di questa denominazione sono poi: il Palmer, il Rauzan-Ségla, il Brane-Cantenac, il D’Issan, e il Kirwan.

Enrico Malgi


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