
di Marco Galetti
La crema catalana, dolce al cucchiaio tipico della Catalogna, soffice e cremoso, si presenta in tutto il suo splendore con la superficie croccante di zucchero, caramellato con un ferro per cremar, un disco in ghisa arroventato con il manico lungo dal sapore romantico e antico, oppure con una fiammella a gas o, semplicemente, con un passaggio in forno col programma grill.
Differisce dal creme caramel, dalla crema inglese e dalla creme brulèe francese soprattutto per consistenza e metodo di cottura, la catalana è cotta sul fuoco, la leggenda narra di un vescovo in visita ad un convento di monache catalane che prepararono un budino troppo liquido al quale provarono ad aggiungere dello zucchero caramellato caldo, il vescovo assaggiandolo si bruciò e, in catalano gridò “quema” che significa brucia, così, forse, nacque la “crema cremada”.
Il latte, aromatizzato con la scorza del limone e con l’aggiunta di zucchero e cannella viene portato ad ebollizione e poi tolto dal fuoco mentre, in un’altra ciotola, tuorli, zucchero e maizena, precedentemente sciolta nel latte freddo, daranno vita ad un composto omogeneo che amalgamato al latte precedentemente bollito e aromatizzato, sarà portato ad ebollizione e mescolato sul fuoco per un paio di minuti, la crema calda, morbida e liscia, andrà distribuita nelle apposite piccole pirofile e lasciata raffreddare, ancora un paio d’ore in frigorifero a rassodare e sarà pronta per essere cosparsa di zucchero di canna che andrà caramellato con un ferro per cremar.
Ogni tanto sento il bisogno di qualcosa di dolce, come il suo segreto, nei locali sul naviglio solo qualche creme caramel dalla dubbia consistenza, troppo solido o troppo gelatinoso, nell’aria polveri sottili come nel dolce, per il resto terra bruciata, la crema bruciata me la sogno ad occhi aperti e resto a bocca asciutta…quando la vidi per la prima volta ero sotto il sole della Catalogna, sulle Ramblas, banale & scontato, come il soggiorno in Costa Brava, il mio approccio, lei probabilmente non capì, perché invece di andarsene si fermò a guardarmi con una mezza interrogativa sul viso, per nulla accigliato dal mio punto di domanda in attesa di risposta, le ciglia nerissime, come i capelli, sguardo nocciola caramellato, sesso in eccedenza che distribuiva da tutti i pori, le sorrisi.
Si chiamava Blanca, anche se aveva un bel colore ambrato, la piccola catalana che faceva impazzire, l’abbronzatura presa a piccole dosi, di porcellana finissima, scoprii dopo, le zone meno esposte e maggiormente erogene, Barcellona & Blanca, un viaggio lungo un sogno di mezza estate, che, da turista per caso, divenne naturalmente e spontaneamente l’indimenticabile estate della scoperta della catalana.
Il buio ci colse affamati, assaporai per la prima volta la crema catalana, rotta la crosticina in superficie i sensi, già svegli, non si riaddormentarono tanto facilmente, lei mi si offrì senza filtri di alcun tipo, mi raccontò della leggenda della crema e delle monache, tenne per se solo un segreto, ci bruciammo.
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