don Ciriaco, il rosso di Giacomo

Pubblicato in: I vini del Mattino

Riuscire a conciliare due passioni è impresa sempre difficile, spesso impossibile. Ma Giacomo Pastore l’ha fatto con il Don Ciriaco, un Aglianico del 2003 con il quale ha sintetizzato la sua militanza politica con l’impegno nel mondo del vino nato dentro l’esperienza di Antica Hirpinia, l’azienda più grande di Taurasi alla quale aderiscono oltre 150 piccoli produttori. Giacomo è noto a chi ha seguito la marcia trionfale del rosso più importante del Mezzogiorno: animatore di iniziative, incontri, manifestazioni, quasi una sorta di jolly che produttori e amministratori hanno potuto giocare in casa e nelle fiere specializzate di tutto il mondo. Arriva sempre un momento in cui questi personaggi, vedi Luigi Moio o Angelo Valentino per citarne due impegnati nelle docg irpine, sentono il bisogno di fare qualcosa di molto personale, unico, senza dover rendere conto a nessuno se non al proprio estro. Mier è un termine dialettale di origine greca, usato ancora oggi su queste colline per indicare il vino, che esprime la filosofia di questa piccola azienda, l’uso delle tecniche tradizionali contadine del passato ovviamente aggiornate alle conoscenze acquisite nelle ultime quindici vendemmie irpine. La macerazione avviene per dodici giorni nei tini di castagno di Caposele, poi, dopo un breve passaggio in acciaio, torna nelle botti grandi dove resta a lungo: ecco perché il Don Ciriaco 2003 pur essendo il risultato di una vendemmia siccitosa e calda si smarca decisamente da tutto il panorama dei polputi e fruttati rossi di questa annata in cui in realtà ci sono ben poche bottiglie da conservare a lungo, quasi tutte da bere al più presto. Ricorda l’Aglianico di Alessandro Caggiano o il Campoceraso di Struzziero: il colore è rosso rubino assolutamente non concentrato, c’è ancora la mitica unghia aranciata descritta con precisione sino a qualche anno fa e praticamente scomparsa dopo il 2000, il naso è floreale e tabaccoso, in bocca morbido e ancora molto fresco. Un vino del cuore, insomma, che ribadisce la voglia di esprimere il territorio della piccola produzione, quella che finalmente troverà vetrina tra qualche mese nella Enoteca regionale dei vini Irpini nel castello di Taurasi di recente aperto dal sindaco Antonio Buono e dal presidente della Comunità Montana Nicola Di Iorio in occasione dell’Anteprima. Vini come il Don Ciriaco non sfonderanno nei concorsi, ma ammalieranno quanti amano girare tra queste colline come fece Mario Soldati, scoprire i centri storici ricostruiti dopo lo spaventoso terremoto del 1980, entrare nei gesti semplici di comunità contadine abituate a vivere con dignità austera e laboriosa nel freddo. Quel freddo capace di fare grande, grandissimo, il loro vino


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