Il panino in Campania non è una moda. 15 spunti di Benvenuti nel 2016

Pubblicato in: Polemiche e punti di vista
Egidio Cerrone

Marco Contursi ha scritto un pezzo sui panini che sta provocando alcune reazioni. Dopo il punto di vista di Daniele Berti e Andrea Docimo, ecco quello di Egidio Cerrone diventato famoso con il Puok e Med, adesso imitatissimo


di Egidio Cerrone*

1. Il panino non deve essere per forza una pietanza povera e merita i suoi riflettori. La pizza insegna.

2. Il moderno american burger in Campania non è una moda, siamo nella fase dell’entusiasmo.

3. Nella moda un prodotto è copiato solo per fini economici, spesso non si mette e non si toglie nulla al prodotto da cui è partita la moda. Non c’è passione.

4. Nell’entusiasmo c’è chi lo fa per moda e chi lo fa per passione, è un brodo primordiale da cui si distingueranno gli appassionati, quelli che mettono e che tolgono, quelli che reinventano, quelli che studiano, quelli che non dormono la notte, quelli che provano sempre nuovi prodotti, quelli che vedono una via (un mercato) e la percorrono con forte identità. I pionieri.

5. Il mercato del panino in Campania non è controllato dalla critica tradizionale. Per controllarlo bisogna capirlo, per criticarlo con generalismo spicciolo bisogna non capirlo.

6. Il mercato del panino in Campania è giovane, è figlio dei social, è figlio del marketing.

7. Il marketing non è un reato. Il social marketing non equivale a commettere un omicidio. Eticamente equivale a comprare la pubblicità dietro un quotidiano, pagare un ufficio stampa e qualsiasi tipo di adv.

8. I panini a tre/quattro piani non sono panini gourmet, ma come i panini gourmet sono una minoranza, e questo non può saperlo chi guarda il mercato senza conoscerlo.

9. I panini a tre/quattro piani sono solo operazioni di marketing, discutibili o meno, che funzionano. Fanno parte del gioco, tirano e fanno big likes. Se sono big likes veri fanno big clients. Il 10% di questi big clients ordinerà un panino a tre/quattro piani e quasi sicuramente non lo rifarà, il 90% ordinerà un single burger, con un formaggio e al massimo due contorni.

10. Anche ai food bloggers piacciono i big likes, che portano big followers. Ma anche ai giornalisti. Ogni tanto un food blogger gioca al gioco del marketing, ogni tanto lo fa un giornalista scrivendo o ospitando un pezzo da ultras. L’importante è conoscere profondamente i due personaggi: si potrebbe scoprire che in realtà il primo non ordina mai un double burger e che altre 99 volte parlerà ai suoi fan della cucina di casa e del cozzetiello con le polpette al ragù, e che il secondo ogni tanto si appassiona alle statistiche ma il resto delle volte cerca di dare ai propri lettori del sano giornalismo.

11. I panini a tre/quattro piani sono un male apparente (per lo più social) che sta portando al bene. Hanno creato entusiasmo, voglia di provare, hanno avvicinato le masse. Hanno portato un modello da migliorare, caratterizzare, magari italianizzare. Chi cavalcherà l’onda e pian piano educherà i propri clienti, sia beatificato. Chi riuscirà a fare marketing senza i panini a tre/quattro piani, sia santificato. Queste persone, beati e santi, già esistono e sono i pionieri.

12. Siamo negli anni dell’estetica. L’estetica fine a se stessa non serve a nulla, ma può fare, raddoppiare, triplicare le fortune di un grande prodotto. Steve insegna. Anche un single burger ha bisogno oggi di essere bello, anche un single burger va sviluppato in verticale, l’hamburger non deve essere di diametro notevolmente inferiore al pane che deve avere un suo volume, una sua lucentezza, una sua identità. I clienti vogliono vedere gli ingredienti e sì – mettetevelo in testa – vogliono fotografarlo, vogliono magnificare questo prodotto e vogliono condividerlo. Snobbate tutto ciò, sottovalutate tutto ciò e sarete fatti fuori dal mercato di oggi. Potete avere il miglior pane, la migliore carne, i migliori salumi, ma Steve venderà sempre più di voi, e il vostro prodotto sarà per pochi, e poi troppo pochi. Piangere non serve a nulla, iniziate a capire il successo altrui, soprattutto di quelli che ritenete inferiori al vostro valore/prodotto. Quando capirete che i foodblogger sono solo parte del loro successo, non sarà mai troppo tardi. Anche l’estetica del panino è marketing.

13. Dieci anni fa, fatta eccezione per pochissimi posti, il panino in Campania era solo un panino: pane industriale, carne surgelata e di dubbia provenienza impastata con uova, latte, spezie, margarina, pane, pane grattuggiato ecc., cotture da incubo, sottilette, scamorze di plastica, contorni da mensa rifritti su piastra.

14. Oggi c’è chi passa mesi a mettere a punto un bun con il panettiere di fiducia. C’è chi studia la formula del suo perfetto hamburger. C’è chi cerca in tutti i modi di affidarsi a macellai che possano garantire la provenienza delle carni. C’è già chi ha l’acume di non credere in chi “fa il mestiere” e già fa filosofia dell’hamburger: lo fa la razza o i tagli? C’è chi la carne la produce a partire dai campi. C’è chi struttura cucine da ristorante e sperimenta tecniche di cottura. C’è chi ha portato prodotti Slow Food alla grande massa ancor più velocemente del mondo pizza. C’è chi concepisce il panino come un piatto. C’è chi ama servire panini e non lo fa solo perché si fanno tanti soldi e tanti like. C’è chi emergerà solo grazie ai prodotti. C’è chi emergerà solo grazie al marketing. C’è chi, in maniera intelligente e consapevole degli anni in cui vive, sta facendo entrambe le cose. C’è chi si fermerà al 2015. C’è chi non supererà il 2016. C’è chi magari nel 2017 starà a parlare di lievitazione del bun e composizione dell’hamburger in qualche bella manifestazione.  C’è chi magari nel 2018 solleverà la questione di quanto è importante la razza nell’hamburger, quanto c’è di vero, quanto è marketing. Ma tutto questo è già successo, no?

15. Il panino in Campania non è un semplice panino, e nessun articolo generalista e mal ospitato può permettersi di attaccare parte di un movimento enorme senza comprenderlo. Nessun articolo offensivo e mal argomentato può permettersi di mortificare un movimento così positivo solo perché fuori controllo, spaventato dalla portata e dall’interesse che questo movimento sta creando senza l’aiuto di testate o quotidiani. Nessun articolo superficiale e così disinformato potrà mai fermare un entusiasmo così forte. E’ questo articolo la vera truffa e ci fa schifo (basterebbe i punti 8 e 9 a smontarlo), perché oltre a dire una sola cosa giusta – l’eccesso fa schifo – non fa altro che mettere insieme affermazioni da medioevo che manco Savonarola. Il panino in Campania non è una piastra e una friggitrice. Il panino in Campania ha già superato la moda, nelle sue massime interpretazioni si è già differenziato dagli estremismi yankee ed è diventato realtà. Perché è fatto di idee e strategie, amore e passione, di uomini che non accetteranno mai di essere minimizzati da chi non ha mai nutrito interesse in questo mondo e che ora lo rincorre con evidente affanno. Benvenuti nel 2016, vi stavamo aspettando.
*Egidio Cerrone. Fondatore, Proprietario e Scrittore di Le avventure culinarie di Puok e Med. Fondatore, Co-Proprietario e Amministratore di M26 – Social Media Agency. Fondatore e Co-Proprietario del “Untitled Puokemed Project” Burger Store.


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