
«Sentenza importante, ma questa è solo la punta dell’iceberg, bisogna continuare le indagini», dichiara Roberto Burdese
Era il settembre del 2007 e la vendemmia era in corso in quasi tutte le regioni d’Italia quando la nostra penisola fu scossa dall’ennesimo scandalo legato al vino.
Oggi, dopo 6 anni, finalmente si è arrivati a sentenza con la condanna per frode in commercio di Bruno Castagna, nei cui stabilimenti furono rinvenute ingenti quantità di una sostanza che veniva etichettata come vino e che conteneva acido cloridrico, acido solforico, zucchero e altri prodotti che poco o nulla hanno a che vedere con il vino.
I controlli portarono alla luce legami con altre realtà italiane. L’indagine fu divisa in più filoni che hanno interessato diversi tribunali. Il primo a esprimersi è stato oggi quello di Verona che ha riconosciuto Slow Food Italia, parte civile del processo, come realtà portatrice di interessi quali la tutela della salute pubblica e della genuinità degli alimenti, la tutela del consumatore e la difesa della lealtà e trasparenza nel commercio. A Slow Food è stato inoltre riconosciuto il danno derivante dal reato perseguito.
«È una sentenza importante. In primo luogo perché testimonia l’attenzione del nostro sistema giuridico verso questa materia, per il bene di un commercio giusto e a tutela della genuinità dei prodotti. Secondariamente perché riconosce, per la seconda volta in Italia, Slow Food come associazione portatrice degli interessi dei consumatori e produttori», dichiarano Stefano Cavallito, Alessandro Lamacchia e Katjuscka Piane, legali di Slow Food.
«Finalmente si è arrivati alla conclusione di questa vicenda di frode commerciale, grave per l’immagine e l’economia del vino italiano. Vicenda che ha fatto tremare anche per le possibile ripercussioni sulla salute del consumatore, poi scongiurate. Ora chiediamo che anche gli altri filoni dell’indagine e i tribunali coinvolti si esprimano», dichiara Roberto Burdese, presidente di Slow Food Italia.
«Il rammarico», continua Burdese, «è che per colpa di pochi produttori disonesti sono tante le persone danneggiate e, soprattutto, il Made in Italy. La somma riconosciuta dal tribunale di Verona, poco più che simbolica, è tuttavia sufficiente a spronarci nel proseguire l’attività di monitoraggio delle situazioni che vanno a scapito dell’onesto lavoro dei contadini, degli artigiani del cibo, o che minacciano la salute dei consumatori e il territorio agricolo. Attività che sono al centro dell’agire di Slow Food».
Slow Food Italia, ufficio stampa, Valter Musso, v.musso@slowfood.it tel 0172419615
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