Gennaro Esposito e i nuovi piatti alla Torre del Saracino


Via Torretta, 9

Tel. e fax 081.8028555
Sempre aperto
Chiuso domenica sera e lunedì
Ferie tra gennaio e febbraio
www.torredelsaracino.it

Avevo da darvi una buona notizia che sono sicuro vi farà piacere. Gennaro Esposito è in forma. Molto in forma.
Direi di più, è alle soglie di quella maturità espressiva che secondo Enzo Vizzari in un cuoco non può manifestarsi prima dei 35-40 anni.
E sono venti, intanto, che Vittoria e Gennaro hanno avviato questa impresa: due decenni di fritture, sempre perfette, golose e mai troppe nel menu visto che fanno parte del nostro patrimonio gastronomico da almeno due secoli, di abili giochi di consistenze, di capacità di riallacciare i sapori del territorio con le tendenze e le spinte della cucina internazionale e soprattutto, così tanto per gradire, di manipolare una materia prima sempre eccellente.

Andare da Vittoria e Gennaro è sempre anzitutto un divertimento: alcuni piatti ti strizzano l’occhio, altri ti ingolosiscono, molti li vuoi ritrovare, nessuno è banale, tutti si muovono con grande velocità grazie all’acidità, al fumé, alle note amare ripulenti. La cucina di Gennaro non cerca equilibri appaganti, papposi o piacioni, ma il movimento.

Si riapre con nuovi lavori in cucina: adesso ci sono un forno a legna dai cui nascono i pani e un grill per gli spiedi. In più una macchina per tostare il caffè, l’ultima fissazione di questo ragazzo che, dietro l’espressione sorniona partenopea e rassicurante, nasconde invece una pignoleria teutonica sul lavoro che affronta tutti i minimi dettagli.

La sala è collaudata e perfetta. Ritroviamo con piacere Gianni Piezzo.

 

 

Il benvenuto è già una partenza a razzo: il sapore del broccolo è centrato in maniera incredibie, mandorle e prosciutto giocano di consistenza e di allungo amaro e dolce. Il tutto completato da un succo di ananas, limone e barbabietola.

Ecco, il palato è pronto: l’entrata non vuole iniziare a placare la fame, ma la vuole decuplicare.

 

Il primo antipasto è tripudio di mare e orto: la triglia, buonissima, regge l’impianto vegetale, non è scissa. Ancora tanta freschezza.

 

 

 

Amo sempre l’uovo del menu: questo breakfast è una barocca costruzione vegetale in cui il calamaro gioca solo di consistenza. Buonissimo e goloso, nonché, ancora, fresco.

 

 

Questo piatto è forse quello che mi è piaciuto di più: c’è lo scugnizzo che ricorda l’usanza di arrostire i carciofi nella strada ancora oggi molto diffusa in tutto l’Agro-vesuviano, il culto del recupero con la guancia, l’aggiornamento del cuoco con le tecniche incrociate in modo ossessivo: il senso di gelatinoso dato dal baccalà viene contrastato dai tannini del carciofo e ingolosito dal bruciacchiato che ti rimanda alla tradizione. Incredibile.

 

 

 

L’anguilla non è nuovissimo come piatto, nel senso che è uscito in fine stagione 2011. Un bell’agro-dolce in cui il miele è integrato senza strafare. La soluzione di usare il miele con questo pesce l’abbiamo trovata, in altra versione, alla Trota di Rivodutri tra i nuovi piatti. Qui è meno vegetale, più votata alla freschezza.

 

 

Sul risotto non c’è nulla da aggiungere: è noto che Gennaro ha la mano, come si diceva una volta per le mamme che cucinavano: strepitosa freschezza, consistenze, uso del peperoncino come esaltatore del sapore, fumé, croccantezza. La testa non sta mai ferma e la gola non si appaga mai. Uno dei migliori in assoluto mai provati.

 

Anche per le minestre Gennaro ha la mano. Quella di scoglio mi colpì perché la provai fredda al termine di una trasmissione televisiva e non si era addensata alcuna colla gelatinosa tipica delle preparazioni di pesce. Con questa piatto il cuoco decide che è ora di smettere di salivare ed è il momento di iniziare a mangiare. Gola e piacere, decisiva la bottarga nel risolvere la ricetta.

 

 

Qui siamo in un gusto tipico napoletano, che Gennaro fa bene a non lasciare mai fuori dal menu.

 

 

Inizia la batteria delle carni come mai avevamo fatto. Le voglio provare tutte. Il maialino, un animale che non amo particolarmente come secondo, è trattato con un pelo e contropelo di freschezza. Anche in questo caso il cuoco si preoccupa che la carne dolce possa stancare, asseconda questa tendenza invece di ostacolarla ma nel contenpo aggiunge la freschezza delle albicocche e delle mele.

 

La zeppola di coniglio è il capolavoro, purtroppo come ho detto unico fritto vero della degustazione. La pasta perfetta, sdoganata dalla salsa, unica apparizione del pomodoro in questo percorso (ma non è tempo), la carne tenera e cotta a puntino. Una delizia.

Infine il calcio di rigore dove Gennaro rivela gli studi francesi ducassiani come spiegano le patate e il cipollotto, scelto però di territorio: è un presidio Slow dell’Agro-Nocerino.

 

 

Il reparto dolce stavolta lo trascuriamo. Segnaliamo comunque la leggerezza del primo e l’assenza di sensazione zuccherina nel secondo. Noi però vi consigliamo sempre il babà di Vittoria, uno dei migliori in Campania. Dunque del mondo.

 

I vini? Eccoli
Precieus d’Ambroise Blanc de blancs Bonnet-Gilmert
Biancolella Tenuta Frassitelli 2007 casa d’Ambra
Le Pergole Torte 1997 e 1994 Fattoria di Montevertine
Brunello di Montalcino Sugarille 1995  Pieve Santa Restituta
Taurasi 1999  docg Pietracupa
Bonnezeau Chateau de Fesles 2005 B. Germain
Riesling Forster Auslese 2008 Dr. Burklin-Wolf

 

 

Ce ne andiamo molto soddisfatti e tranquilli: la voglia di andare avanti è ancora tanta, la ricerca non è ferma e, last but not least, la ripartenza è stata ottima. Val la pena di ricordare, così, giusto per sport, che questo locale è uno dei pochi stellati ad essere aperti oltre dieci mesi l’anno, a pranzo e a cena.
Ossia, siamo nel mestiere.

Quanto costa mangiare alla Torre del Saracino?
Ci sono due menu degustazione: 4 piatti più formaggio e dolce 105 euro oppure 7 piatti più dolce 125 euro.

 

Post Scriptum
Ero a conversare con un bravo degustatore di vino e ovviamente si parlava di punteggi. Ossia sulle diversità che ci sono sempre di fronte ad una bottiglia e dunque se fosse in qualche modo possibile dirsi oggettivo questo metodo che in realtà è la soluzione statistica di pulsioni individuali.
Si è rifletutto che di fatto in una commissione che ben lavora ed è collaudata, alla fine le disparità tra professionisti sono sempre minime. Può essere 80 per uno, 79 per l’altro, 83 per l’altro ancora. Questa raccolta di punti, ripetuta negli anni alla fine offre, sempre per approssimazione, un giudizio abbastanza oggettivo, o comunque di riferimento.
Ma se uno ti spara 60, poniamo, su un Biondi Santi o un Montevetrano?
“O è un dilettante, o uno che non capisce nulla e dunque supponente, oppure uno in cerca di pubblicità” è stata la sua risposta.
C’è una quarta possibilità, però: che sia tutte e tre le cose messe insieme.

 


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