
di Paolo Vizzari
Le annate difficili sono spesso quelle che poi si rivelano più interessanti per i cultori del particolare o del diverso, e il Vintage 2005 di Dom Pérignon, presentato in anteprima negli scorsi giorni all’Hotel Marriott di Venezia, non fa eccezione. E’ chiaro dal primo assaggio che si tratta di uno Champagne sui generis, figlio di un’annata partita torrida e finita tra acquazzoni e grandinate.
Impossibile, dunque, rispettare le abitudini consolidate della casa, e non stupisce che, al fronte di scarsi raccolti, le percentuali di pinot nero e quelle di chardonnay (solitamente intorno al 70/30) siano stavolta ribaltate.
Il risultato delle fatiche di Richard Geoffroy (chef de cave della celebre maison) è un vino diretto, immediato, reso mordente da un’acidità marcata che bilancia una bocca con forti note d’agrume in partenza e strascichi floreali sul finale. Oltre alla sua natura di perfetto aperitivo, sembra uno Champagne adatto ad accompagnare piatti di pesce (anche e soprattutto crudo) o carni bianche speziate, e buon esempio ne è il pranzo studiato per l’occasione da Giancarlo Perbellini (da poco in sella al ristorante “Dopolavoro”, struttura ultimata in questi giorni a fianco dell’hotel che domina Isola delle Rose).
Il percorso, aperto con crudo di gamberi e maionese al rafano, è proseguito con una pasta in crema di piselli, arricchita da formaggio di capra e “macedonia di crostacei”.
Perfetta l’ombrina con burrata, acciughe, e fave; sapori rotondi e intensi, ben adatti allo sposalizio col Vintage 2005.
Chiusura con una cassata atipica, di dolcezza trattenuta e bei giochi di consistenze. Nel complesso un pranzo primaverile sia nelle tinte sia nella freschezza, a conferma del buon periodo di Perbellini e della mano attenta del suo alter ego veneziano Federico Bellucco.
A completare la due giorni di assaggi, una cena al Vecio Fritolin e un pranzo all’ABC Quadri (bistrot al piano di sotto del più celebre ristorante di piazza San Marco), inframezzati da visite legate al mondo dell’arte in onore della Biennale (al via ufficiale il 9 maggio). Henri Rousseau a Palazzo Ducale, allora, poi Tilo Schulz e delle lunette di Francesco Hayez fresche di restauro all’Espace Louis Vuitton; infine Cy Twombly a Ca’ Pesaro, l’imponente museo-galleria cui Dom Pérignon si è legata finanziando la ristrutturazione di un intero piano. Giusto per non dimenticarsi che l’eccellenza non ha confini di contesto, e il bello e il buono vanno più che mai d’accordo.
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