28 luglio 2001
L’Italia, proprio come i paesi musulmani durante il Ramadan, si ferma per quaranta giorni. Per fortuna, a differenza dei nostri fratelli arabi, possiamo ammazzare il tempo dedicandoci a Bacco. Ma, dannazione, come? Il caldo e l’afa rimandano inesorabilmente i grandi rossi all’autunno mentre non sempre a tavola i bianchi sono all’altezza della situazione. Per esempio: in che modo possiamo fronteggiare le deliziose zuppe di pesce preparate in questo periodo dai ristoranti della Terra delle Sirene e del Cilento? Una buona idea è provare qualche rosato campano rispolverando l’antica e solida tradizione andata ormai completamente perduta negli ultimi dieci anni. Molte aziende ancora si cimentano con i rosati, ma lo fanno per onore della bandiera, le produzioni sono limitate e non è più facile trovarli come un tempo. Eppure il rosato non è affatto un rosso malriuscito, e nemmeno una speranza di bianco (il Salento docet). Proprio per questo è difficile trovare etichette valide: gli sforzi degli enotecnici, i picci della critica, le esigenze semplificanti del mercato, hanno praticamente interrotto la ricerca in questa direzione ed è difficile per ora avere riscontri incoraggianti. Eppure se provate il Ravello rosé di Episcopio (ovviamente a Ravello, via Toro, 16. Telefono 089 857244) su cui caparbiamente insiste Marco Vuilleumier (nella foto) avrete trovato la pozione magica: si tratta di un mix tra Piedirosso e Serpentaria, vitigni tipici della Costiera Amalfitana. Spostandoci alle falde del Vesuvio, possiamo scegliere il Lacryma Christi di Scala (Portici, telefono 081 7767641) e soprattutto quello di Sorrentino (Boscotrecase, via Casciello, 5. Telefono 081 8584963) a cui la guida dei sommeliers ha assegnato ben tre pigne. Il vulcano assonnato rende unico il blend tra Aglianico e il Piedirosso (10 per cento). Dunque, sia rosato questo agosto, mese di riposo forzato e di noiose liturgie mai interrotte, nemmeno per sbaglio, dalle preghiere.
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