Basilicata d’autore. Il Canestrato di Moliterno raccontato da Federico Valicenti

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Canestrato di Moliterno: lo abbiamo portato a UnoMattina ed è in corso una delle più antiche sagre dedicate a questo straordinario formaggio lucano che ha appena ottenuto la igp. Ce ne parla lo chef Federico Valicenti.

di Federico Valicenti

Secondo Giacomo Racioppi da Moliterno, storico, politico ed economista (21 maggio 182721 marzo 1908), il nome del paese Moliterno deriva dal radicale “mulcutrum” che a sua volta deriva da “mulgere”, mungere, da cui “mulcternum” che significa” luogo dove si produce il latte, cioè si munge l’armento e si coagula il latte”, un luogo quindi privilegiato per l’allevamento e, di conseguenza, dell’arte casearia.

E’ una tradizione che parte da lontano, la popolazione indigena degli Enotri abitava nelle zone interne della Basilicata che faceva della pastorizia e della trasformazione del latte, un’attività primaria, come testimoniano due oggetti attualmente conservati presso il museo archeologico nazionale di Grumento Nova (PZ), una formaggetta in terracotta avente la striatura tipica dell’attuale canestrato ed una grattugia in bronzo risalenti al IV secolo a.C.. In seguito la civiltà Enotra fu assorbita dal popolo dei Lucani che intorno alla prima metà del VI secolo a.C. fondarono Grumentun, l’attuale Grumento Nova. Dopo la distruzione di Grumentum, da parte dei Saraceni tra l’872 – 975 d.C. i Lucani/Grumentini sfuggiti al massacro, si mescolarono alle popolazioni indigene attestandosi in “Mulcternum”, portando in dote l’arte del fare il formaggio.

Altra testimonianza sulla cultura “formaggiera” del piccolo centro lucano la fornisce Padre Daniele Murno che, in una sua nota sul celebre formaggio pecorino di Moliterno, ci ricorda che sin dal primo formarsi del borgo Medioevale attorno alla torre del Castello, i pochi abitanti di Moliterno si dedicavano esclusivamente all’attività pastorizia e casearia. Dal 1700 l’attività di mungere gli armenti si trasforma in una vera e propria attività imprenditoriale. Cosi Moliterno con i propri locali particolari chiamati “fondaci” e per il clima freddo umido, ottimo per stagionare centinaia di forme di formaggio da esportare nelle lontane terre d’America, diventa il luogo privilegiato dai casari che popolavano la costa ionica d’inverno e le alture dell’entroterra in estate.

Il formaggio a Moliterno è nella storia documentata da almeno duecento anni. Bianculli, docente nella Regia Università di Napoli, altro noto personaggio di Moliterno, dona il merito alla qualità dell’aria “di cui speciali germi agiscono sulla fermentazione del formaggio” dimostrato dal fatto “che le stesse donne adibite alla cura del formaggio a Moliterno, trasportate nelle marine, territori del versante ionico della Basilicata, ed adibite alla cura di esso, non hanno dato quella ottima qualità che si era ottenuta nella nostra cittadina”. Andava coniugato l’arte casearia alla buona qualità dell’aria.

Una volta cagliato il formaggio i casari lo trasportavano nel “fondaco“, un magazzino a pianterreno, costruito appositamente per la cura del formaggio, era un ambiente diviso in uno o più locali da grandi archi e con il pavimento pendente per lo scolo della salamoia. Il primo periodo durava all’incirca tre settimane dopo di che veniva trasportato in un nuovo ambiente, pronto per la cura. Il formaggio, prima lavato con acqua a temperatura ambiente, in seguito veniva pulito con un mazzetto di erba ruvida a stelo chiamato “vrungo“, a sostituire lo straccio che non raccoglieva molto grasso. Successivamente calato in un contenitore di vimini chiamato “fuscella”, quindi capovolta per farlo sgocciolare , per poi salarlo con il sale minerale con cui si spalmava prima una faccia poi l’altra ed infine i lati fino a che il sale veniva assorbito dal formaggio. A questo punto il formaggio messo nella “fuscella” veniva posto per terra.

Dopo circa sette giorni il formaggio veniva di nuovo preso e manipolato attentamente per verificare che tutte le parti fossero salate uniformemente. Trasferito nel secondo ambiente, il formaggio veniva levigato
con la pietra pomice per eliminare le parti ruvide. Per il mese di Marzo già si poteva far fronte alle richieste di commercio dall’America, si trattava del formaggio primitivo non ancora maturo e piuttosto tenero usato non per grattugiare ma da tavola. Per la seconda richiesta era pronto e stagionato per la spedizione che veniva effettuata solo dopo aver svolte alcune operazioni consistenti nel trasporto in soffitta del formaggio per farlo essudare, lavato con acqua bollita e riportato a temperatura ambiente. Negli anni ‘60 del secolo appena trascorso, si ebbe l’intuito di valorizzare al meglio il formaggio e di allontanarlo dalle contraffazioni cercando di creare un disciplinare che ne salvaguardasse il nome, nacque la denominazione di Canestrato di Moliterno per indicare un formaggio tipico, prodotto secondo le antiche tradizioni casearie lucane, dalle aziende del luogo.

Il progetto di valorizzazione non andò avanti e sembra che altri si impossessarono della ricetta e del nome Moliterno che continuò ad esistere, ma non prodotto secondo tradizione e non nella zona d’origine. Infatti si chiama “Moliterno” il pecorino prodotto dal caseificio Central di Cagliari e da Auricchio Spa. Nel 1984 le due aziende avevano registrato presso il Ministero il marchio d’azienda “Moliterno”. Ma perché continuare a spacciare il Moliterno di un’azienda sarda come formaggio Moliterno della regione Basilicata? Probabilmente il Moliterno sardo ha raccolto, a propria difesa il nome Moliterno dal latino “mulctrum”, mungere, dal quale il derivato “mulcternum” che è il “luogo dove si mungono gli armenti, dove si produce il latte e lo si caglia”. Lo stesso rivendica la cittadella di Moliterno avvalendosi dello stesso toponimo per dare il nome alla sua arte. Sembra quasi che rivendicare il logo di un formaggio che non si produce nella nostra Regione diventi una ragione per non valorizzare l’esistente, il nostro formaggio. Addirittura qualcuno pensa che “questo furto”, mai avvalorato, diventi il furto ad un’intera comunità che ha fatto del proprio nome un indirizzo di capacità imprenditoriale e onestà intellettuale.

Mentre negozietti e simili spacciano per formaggio Moliterno quello di Central che del paese Moliterno non è, facendo diventare non truffa ma inganno la vendita di un prodotto che ha simile il nome ma diverso il sapore, il profumo e il procedimento di caseificazione. Diffidate delle imitazioni e guardate bene il marchio per riconoscere il vero “Canestrato di Moliterno”. A rinforzare ancora di più la nostra opinione, è arrivato finalmente il riconoscimento del Ministero, fortemente voluto dai produttori, dall’amministrazione comunale e dalle istituzioni regionali a dimostrazione che quando si fa sistema tra operatori e istituzioni e si crea una rete di interessi, si lavora per gli imprenditori, per il territorio, per la Regione. Il consorzio di tutela del Canestrato di Moliterno è nato affinché il prodotto venga tutelato da false imitazioni e si ritorni a produrlo nella zona d’origine. Come ogni Consorzio di tutela che si rispetti, per garantire serietà e qualità ottimale del prodotto è stato istituito un disciplinare di produzione in cui sono sancite delle norme, che si devono necessariamente rispettare, la stagionatura deve avvenir nei Fondaci di Moliterno.

Il formaggio pecorino di Moliterno, oggi come in passato, è un marchio che costituisce un identità territoriale oltre che una risorsa gastronomica ed è ,soprattutto, un patrimonio di cultura e tradizioni.

PILLOLE

Il Canestrato di Moliterno IGP Stagionato in Fondaco è un formaggio prodotto da latte di pecora (70%) e di capra (30%) allevate allo stato brado.

Processo produttivo: la cagliata, ottenuta dalla coagulazione del latte intero e crudo con l’aggiunta di caglio di agnello o capretto, viene rotta in grumi e, dopo qualche minuto di riposo, viene pressata in canestri di giunco, di qui il nome “Canestrato”, che conferiscono le classiche striature che costituiranno la crosta. Dopo 30-40 giorni di asciugatura nelle aziende di produzione, la stagionatura avviene nei Fondaci, grotte situate nel comune di Moliterno, che garantiscono le condizioni microclimatiche adatte alla stagionatura.

Tipologie: in base alla stagionatura il Canestrato di Moliterno IGP può essere:

primitivo: canestrato stagionato fino a 6 mesi;

stagionato: canestrato stagionato da 6 a 12 mesi;

extra: canestrato stagionato per oltre 12 mesi;

Tendenzialmente dolce e delicato all’inizio della stagionatura, primitivo), con il protrarsi della stessa, evolve verso caratteristiche organolettiche più accentuate e piccanti, dal sapore forte ed aromatico (stagionato e extra.)

Ottimo come formaggio da tavola o da grattugia.

Per poter ottenere il marchio del Consorzio di Tutela ed essere immesso nel mercato, il disciplinare prevede che il Canestrato di Moliterno abbia una stagionatura minima di 60 giorni.

Sagra del formaggio Pecorino

La sagra del formaggio é certamente una delle feste più rappresentative di Moliterno.

Il suo esordio risale all’agosto del 1982 e da allora è ripetuta annualmente la prima decade di agosto. La sagra del formaggio si svolge ogni anno lungo percorsi caratteristici nel centro storico ricostruendo uno scorcio di vita passata. Lungo il percorso, nei luoghi e nei locali più caratteristici, sono allestiti gli “stand” dove è possibile degustare o acquistare il rinomato pecorino di Moliterno.

Durante il corso della giornata si assiste alla “cagliata” cioè alla preparazione di alcuni formaggi freschi che si ottengono mediante la lavorazione del latte appena munto.


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