Il Carciofo secondo Federico: pregi, effetti salutari e un infuso al vino per sostenere il fegato

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di Federico Valicenti

Chissà perché ogni volta che vedo un carciofo lo associo quasi subito ad uno spot pubblicitario di un vecchio carosello televisivo, dove il liquore Cynar veniva servito ad Ernesto Calindri seduto ad un tavolo da bar nel bel mezzo del traffico d’ auto. L’attore con viso serafico invitava a bere il Cynar, a base di estratto di carciofo, per combattere il logorio della vita moderna. Un vecchio spot di almeno 30 anni fa.

http://www.youtube.com/watch?v=v_ouhqOVRVQ

Probabilmente il filmato avrebbe fatto la gioia dello scrittore di agricoltura Columella (4 – 70 d.C.) che, chiamandolo col nome latino di Cynara, invitava a consumare il carciofo, lessato in acqua o vino, come rimedio sia medicinale che alimentare mentre le parti meno edibili del carciofo consigliava agli agricoltori di bruciarle e spargere, come fertilizzante, la cenere nei campi. Il nome Cynara, secondo quanto dice Columella nel suo De re rustica, deriverebbe dal fatto che questa pianta si concimava con la cenere, cinis. In realtà, sembra che la parola Cynara derivi dal greco che trova la personificazione mitologica in una fanciulla dagli splendidi capelli biondo cenere, sedotta da Giove e trasformata nella pianta del carciofo. Carciofo che ha ispirato al nostro sommo poeta e filosofo Orazio ( 65 a.C. –8 a.C.) il nome di una giovane liberta sua amante chiamata Cynara, amata dal poeta per il suo aspetto polposo e saporito o anche per le sue bellissime e pungenti spine.

La coltivazione del carciofo da noi conosciuto venne introdotta in Europa dagli Arabi sin dal ‘300, notizie molto dettagliate riportano il suo sfruttamento dalle zone di Napoli e dopo vari innesti la diffusione prima in Toscana e successivamente in molte altre regioni. Nel secolo XV il carciofo era già abitualmente entrato negli usi gastronomici italiani, come dimostrano le numerose presenze in quadri di natura morta. Una grande estimatrice di questa pianta fu Caterina de’ Medici, che, apprezzandone particolarmente i cuori, lo avrebbe portato dall’Italia quando andò sposa al re Enrico II.

Anche se ai primi del ‘500 Ariosto affermava del carciofo “durezza, spine e amaritudine molto più vi trovi che bontade”. Addirittura il botanico Castore Durante, nel XVI secolo attribuiva al carciofo proprietà che permettevano di stabilire lo stato di gravidanza ed il sesso del nascituro, egli, infatti, scriveva: “A conoscere se una dona è gravida se le dia a bevere quattro once del succo di queste foglie, e se lo vomiterà è gravida. Al che si fa ancora la prova tenendo l’orina della donna per tre dì in vetro, poi si cola con una pezza di lino bianca, nella quale rimarranno ,s’è la donna gravida, certi animaletti, che rossi denotano il maschio e i bianchi la femmina” .La marcia trionfale di questa pianta non conobbe soste neppure nei secoli successivi, tanto che ai primi dell’Ottocento il grande gastronomo Grimod de La Reyniere decanta “Il carciofo rende grandi servigi alla cucina, non si può quasi mai farne a meno, quando manca è una vera disgrazia. Dobbiamo aggiungere che è un cibo molto sano, nutriente, stomatico e leggermente afrodisiaco”. Che sia afrodisiaco lo afferma anche la scrittrice Isabel Allende che nel suo bel libro Afrodita, intriso di racconti e ricette piene di eros, scrive “Di chi sfarfalleggia qua e là, si dice che abbia un cuore di carciofo’, perché distribuisce foglie a destra e a manca. Si mangia con le mani e con lentezza: c’è un che di rituale nel denudare il carciofo privandolo delle foglie a una a una per intingerle in una salsa di olio, limone, sale e pepe, e condividerle poi con l’amante”.
Cosi il carciofo ha ispirato poeti, pittori e botanici, rivolgendosi a massaie, cuochi e letterati che intimamente vedono nel carciofo e nei suoi colori, con le sue spine e il suo sapore dolcemente acre, un erotismo appena velato, accennato dalla seducente femminilità del fiore e dalla mascolinità della pianta che si staglia famelicamente a raccogliere i profumi di madre Terra e i raggi di padre Sole.

(Luciano Bisante – Liquori d’erbe, grappe medicinali e vini curativi – Ed. Demetra, Bussolengo, 1993)
Di questa pianta si utilizza la foglia che ha azione coloretica, ma ha anche la capacità di rigenerare le cellule del fegato, diminuisce il contenuto di colesterolo nel sangue prevenendo l’arteriosclerosi.
Nella foglia di carciofo è pure contenuto un principio amaro, la cinaropicrina che ha azione antitumorale.
Preparazione del vino: far macerare per una settimana in un litro di buon vino bianco 50 grammi di foglie di carciofo. 2 bicchierini al giorno, prima o dopo i pasti..


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