
di Francesco Raguni
Nascosta sulla Strada Provinciale 68, la stessa che dà il nome ad alcuni dei suoi vini, si trova l’azienda agricola di Arianna Occhipinti. Verso la fine di agosto, entrando in vigna e scorgendo le viti gremite di grappoli, si trova Arianna concentrata a lavorare alla selezione manuale degli stessi, dettando i ritmi di un lavoro che per i viticoltori è sacro: la raccolta dell’uva. La sua storia, così come le sue viti, ha radici profonde: l’azienda, infatti, nasce nel 2004, qualche anno dopo aver accompagnato lo zio Giusto (tra i fondatori dell’azienda COS) al Vinitaly ed essersi innamorata del mondo del vino. Così nascono i vini di Arianna Occhipinti, da un ettaro di terreno vitato a Nero d’Avola e Frappato in contrada Fossa di Lupo. Negli anni successivi, l’azienda cresce, recuperando piccole parcelle in diverse contrade come Bombolieri, Pettineo, Bastonaca e Santa Margherita. Oggi la superfice vitata conta ben 40 ettari di vigneto, a cui se ne affiancano ulteriori, dove si coltiva l’ulivo, il mandorlo, alberi da frutto e il grano Tumminia. In contrada Bombolieri si trova pure un piccolo orto. In azienda, inoltre, si pratica il sovescio (tecnica agronomica che aiuta e migliora la fertilità e la struttura del suolo).
Il rispetto del territorio e la sua massima valorizzazione sono solo alcuni dei principi cardine della filosofia di Arianna Occhipinti. Proprio in relazione a tale obiettivo, ad esempio, nasce la linea di prodotti “Orti & Dispensa”, composta da farina, pasta, succhi di frutta e confetture.
In cantina, inoltre, si segue la filosofia del biodinamico: chimica totalmente abolita, rispetto del calendario lunare, fermentazioni con soli lieviti indigeni. “Non amo etichettare i miei vini secondo dei metodi. Lavoriamo in biodinamica in campagna e accompagniamo naturalmente i vini nel loro divenire in cantina. Sono vini nati dall’amore costante di chi li ha fatti, nati dal rispetto del terreno e della vigna. Il mio è un vino rispettoso delle proprie unicità e di chi lo berrà perché è un vino sano, sincero, che non fa male” afferma Arianna. Le viti hanno un’età che varia dai 7 ai 65 anni e appartengono a diversi varietali.
La lungimiranza di Arianna Occhipinti si è manifestata, in primis, proprio nella riscoperta del Frappato, uva autoctona che trova nei suoli di Vittoria terreno fertile per la sua massima espressione. Spesso sottovalutata e usata come uva da taglio per domare la potenza del Nero d’Avola, ad oggi ha trovato nuova vita proprio grazie a questa viticultrice. In purezza, si presenta al calice con un colore rosso rubino, foriero di sentori di piccoli frutti rossi e grande freschezza. Questo è il risultato di 25 giorni di macerazione e un affinamento strutturato nella seguente maniera: 6 mesi in cemento e 12 in botte di rovere austriaco. Il Frappato, comunque, non viene vinificato soltanto in purezza, ma anche in blend con il Nero d’Avola per realizzare Grotte Alte, il Cerasuolo di Vittoria DOCG di Arianna.
Il nome di questa referenza è tratto da un luogo ben preciso, cioè “i costoni di roccia calcarea su cui si regge Vittoria”. La peculiarità del Cerasuolo in questione risiede certamente nelle percentuali del blend, composto (insolitamente) al 50% da Frappato e al 50% da Nero d’Avola. Le escursioni termiche dei Monti Iblei e le rocce brune in cui le viti affondano le loro radici conferiscono a vino un’identità chiaramente riconoscibile. Il Grotte Alte, dopo 30 giorni di macerazione sulle bucce in vasche di cemento, affina per 48 mesi in rovere francese da 50HL e poi 4 mesi in bottiglia. La frutta matura, al naso, cede il passo ai terziari, scatenando così una staffetta di profumi. In bocca è tanto fresco quanto sapido, il tannino è setoso e sintomatico di un vino che sa di poter invecchiare ancora per tanto tempo.
Di grande interesse è anche la linea di etichette dedicate alle tre contrade simbolo di Arianna: Fossa di Lupo, Bombolieri e Pettineo, tutte e tre 100% frappato. Ciascuna di esse è vinificata nella medesima maniera, cioè in vasche di cemento con macerazione sulle bucce per 20 giorni. In particolare, il vino effettua un passaggio all’interno di una botte “diamante”, contenitore in cemento dalla forma esagonale che consente la creazione di moti convettivi all’interno del liquido che vi riposa. Il cemento è fondamentale per Arianna in quanto non altera le proprietà del vino, essendo un materiale tendenzialmente neutro.
Contrada Pettineo sorge oltre il promontorio della Serra di San Bartolo, zona in cui il terreno è molto sabbioso con qualche presenza sporadica di ciottoli calcarei. Il frappato di Contrada Pettineo è un vino dai sentori balsamici, molto gastronomico, dall’acidità sostenuta e dal tannino meno avvolgente. Contrada Fossa di Lupo, invece, è ciò da cui è nato tutto: terre sabbiose, che si colorano di rosso, e grande presenza di calcare sono i suoi tratti distintivi. Il vino espressione di questa parcella ha un naso ricco di frutta matura e un sorso austero, con un tannino più scalciante. Contrada Bombolieri, infine, si trova su un promontorio ricco di calcare, sabbioso in superfice e con una buona presenza di argille. Non a caso, all’olfatto risulta maggiormente complesso, grazie alla sua nota ematica e al palato più rotondo e fresco.
Interessante, inoltre, l’esperimento correlato al Grillo trapiantato in una zona atipica, cioè la Contrada Santa Margherita. La vigna in questione si trova a 490 s.l.m. alle pendici del monte Arcibessi, monte appartenente alla catena dei Monti Iblei. Il tratto distintivo di queste zone è il suolo, ricco di argilla e calcare. Il vino passa dal cemento al rovere austriaco (25 HL) per poi riposare altri 4 mesi in bottiglia. In questo terreno, il Grillo, uva tipica della Sicilia Occidentale, ha trovato una nuova personalità.
Il risultato è certamente differente dalle espressioni che questo vitigno assume nel versante opposto appena citato: alcol meno marcato, frutto più spinto e maggiore facilità di beva. I vini di Arianna, comunque, non finiscono qui. Il viaggio tra le 10 etichette dell’azienda, che porta dagli SP68 (bianco e rosso) alle Contrade del Frappato e al Cerasuolo, ha ulteriori tappe, una tra tutte il Siccagno. Nero d’Avola in purezza, nato “da quell’uva concentrata che appunto si dice Siccagna”. Mora, liquirizia, tabacco sono alcuni dei descrittori olfattivi che regala al calice. In bocca è avvolgente, dall’acidità sostenuto e dal tannino mai troppo aggressivo. Sicuramente una espressione peculiare del Nero d’Avola.
E così, nel Sud della Sicilia, tra muretti a secco e terre rosse, splende questa realtà che porta il nome di Arianna Occhipinti, che crede nel vino siciliano e rispetta e ama la terra da cui lo stesso nasce.
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