Il pane di Ascoli Satriano

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Dunque il mio vicino Salvatore Greco, che di professione fa archeologo e per questo va in giro in tutto il Sud a scavare alla ricerca delle vestigia dei popoli antichi, l’altro giorno mi ha regalato un pezzo di pane e mi ha detto:
“E’ quello buono di Ascoli Satriano. Vengo da là .”

Lui è di Avetrana e il Salento ce l’ha nel sangue e pure nella penna.

Uhm, il famoso pane splendido mi son detto tra me e me mentre aprivo la busta di carta per cercarne i sentori volatili.
Quello che qualcuno identifica con il pane elogiato da Orazio nella Satira V durante il suo viaggio da Benevento verso la Puglia:

“ Sed panis longe pulcherrimus, ultra
callidus ut soleat umeris portare viator. “

“Ma vi si trova un eccellente pane,
Tal che in uso ha l’accorto viaggiante
Di caricarne il dorso, e ha ben ragione.”

Mi ha fatto un bel dono e mi ha ricordato l’usanza antica dei contadini che condividevano la fatta di pane nel dì di festa.
Ad Ascoli Satriano, in provincia di Foggia, qualche secolo fa (come passa il tempo direbbe Totò) Pirro, il re dell’Epiro, sconfisse i Romani.
Ed oggi in otto forni diversi si produce questo pane di farina di grano duro, emulo del più noto di Altamura.
Salvatore l’ha comprato da “ Pane e Dintorni “ di Priore Paolo Sante in Via San Rocco 15.
Eccolo qua: la tentazione dell’assaggio è irrefrenabile.
Il disciplinare prevede forma rotonda con doppio taglio.
E’ così la mia e raggiunge il mezzo kilo.
E’ cresciuta con la biga, il lievito naturale di pasta proveniente dalla panificazione precedente, rinfrescato con farina e acqua salata tiepida e lasciato fermentare tutta la notte.
La semola viene aggiunta il mattino successivo e l’impasto si lavora a lungo. Ci vogliono cinque ore di riposo in cassetti
di legno.
E finalmente in forno. Rigorosamente a legna.
Colore bruno dorato con leggera infarinatura superficiale ha la crosta.
La mollica sfuma il colore verso il giallo ambrato, quello della semola, e l’alveolatura è variabile con le bolle più grandi spostate verso l’alto.
Soffice, elastica, spugnosa al tatto e al palato.
Sentori ampi di farina e di miele lontano.
Gusto tostato appena per la crosta, ma decisamente dolce per la qualità della farina e la lievitazione particolare.
Mamma mia è tutto diverso dal mio pane cafone campano.
E lo giuro: è meno scontato di quello di Altamura.
Ci sta proprio bene una fetta di soppressata regalatami da Alfonso.
Ma di questa vi parlerò un’altra volta.
Tommaso Esposito


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