
Il Roero incontra Napoli, sfida l’estate e la cucina di mare per rappresentare il potenziale e la varietà della produzione di uno dei territori di punta del Piemonte.
Più giovane e sabbioso, il suolo del Roero si distingue dalla Langa offrendo rossi più gentili da Nebbiolo, il nobile vino piemontese di fama internazionale. Ma è l’Arneis a comandare per numeri, così proponendosi in tante versioni in quanto tipicamente neutro e più facilmente plastico alle scelte di indirizzo.
La serata si è svolta nella cornice esclusiva del noto Caracol e si colloca nel tour che il Consorzio ha avviato per promuovere e potenziare la DOCG – tra le poche ad includere sia un bianco sia un rosso – facendo tappa in 4 città italiane di riferimento per mercati e costume: dopo Roma e Napoli, sarà il turno di Bologna e Milano, accompagnati dal racconto del collega Paolo Zaccaria.
Un tipo di iniziativa particolarmente indicata per un territorio dominato da piccole realtà per un totale di 258 soci e oltre 1300 ettari vitati a Napoli guidato dal presidente del Consorzio Massimo Damonte e dal vice-presidente Negro, oltre che la responsabile comunicazione Francesca Iraldi.
Un percorso fatto di stili e tipologie rappresentative delle versioni previste dal disciplinare: Spumante, Roero bianco di cui anche la versione Riserva (16 mesi di invecchiamento) prevista dal 2017 e Roero Rosso di cui ance versione Riserva (32 mesi di invecchiamento). Tutto in perfetta armonia con le preparazioni dello chef Angelo Carannante, il quale ancora una volta si dimostra riferimento per il territorio partenopeo.
La bolla Metodo Classico 2019 delle sorelle Tibaldi risulta cremosa, elegante e vivace ma con la giusta presenza per accompagnare con sobrietà e finezza. Il Roero bianco d’annata (2024) di Porello è esuberante ed esotico; da incorniciare il Roero “7 anni” di Angelo Negro (2017) per quanto appagante ma equilibrato, setoso e stratificato. Poi è il momento dei rossi serviti freschi a sfidare pregiudizi e piatti di pesce. Prima il Roero 2022 di Gabriele Cordero con frutto rosso definito, spezie miste e sottobosco, succoso al punto giusto con un tannino che non spinge nemmeno col raffreddamento; prima del Roero 2001 di Monchiero Carbone (Printi), in stile vintage fatto di materia avvolta dal legno che arricchisce la struttura tannica.
“Dopo il successo dell’esordio romano abbiamo scelto Napoli come naturale proseguimento di questo percorso di promozione e potenziamento della DOCG – sottolinea il Presidente Damonte. Quello partenopeo si sta affermando come uno dei centri più dinamici per il vino italiano, in termini di ricettività e crescente interesse verso il Roero. Anche qui i nostri vini hanno riscontrato grande apprezzamento, non solo per le peculiarità sensoriali ma anche per la loro capacità di dialogare con la cucina locale. Una conferma del valore e dell’appeal della nostra denominazione che sa parlare e farsi apprezzare anche fuori i confini piemontesi”.
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