
di Carlo Macchi
La barbera è un’uva molto particolare: ha acidità alta, tannicità bassa, una tonalità di colore molto intensa ma che spesso non è serbevole negli anni.
Fino a quando non si è iniziato a lavorarla con rese più basse e ad usare (spesso con la grazia di un elefante arrabbiato…) il legno in vinificazione e affinamento la sua sembrava una strada segnata e in discesa. Eppure i profumi della barbera giovane sono qualcosa di meraviglioso, intriganti, seducenti e la sua acidità birichina è accompagnamento perfetto per tantissimi piatti.
Non nego di amare molto le Barbera giovani (Asti, Alba, Monferrato, questa o quella per me pari sono…) e di non adorare tante Barbera maturate in legno. Inoltre ho spesso avuto difficoltà a trovare il giusto equilibrio nelle Barbera con più di 5-10 anni. Poi mi sono imbattuto in questa meravigliosa Barbera d’Alba Bric Loira 2003, che viene da vecchie vigne di Castellinaldo e fermenta (udite, udite!) in rotomaceratori, per poi andare in legno piccolo, sia nuovo che usato.
La 2003 è stata una vendemmia difficilissima per la serbevolezza della barbera, perché il grande caldo ha azzerato praticamente la parte malica e abbassato non poco l’acidità, innalzando spesso a dismisura il grado alcolico.
Insomma c’erano tutte le premesse per un vino alcolicamente carico e stanco è invece mi sono trovato davanti ad una “ballerina” leggiadra, con un naso dove ancora il frutto stava facendo capolino e che non risentiva minimante del legno, sviluppatosi in terziari che si declinavano in note balsamiche. Bocca sontuosa, equilibrata, profonda, con nessuna nota matura, anzi con freschezza “da barbera”.
Una goduria che mi avrebbe lasciato a bocca aperta se non l’avessi avuta occupata da una serie di libinosi sorsi di questo nettare di bacco. Un grande vino, ripeto un grande vino, fatto da un produttore che andrebbe tenuto in maggior considerazione.
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