Je t’aime moi non plus

Pubblicato in: Album

di Giancarlo Maffi

Stavo aspettando una persona, parcheggiato sul lungomare di Viareggio con pioggia e vento.  Da una delle solite radio in quota mediaset usci un pezzo che non ascoltavo da secoli: JE T'AIME, MOI NON PLUS

Teletrasporto e macchina del tempo e colpo al cuore, adrenalina a mille e ricordo lancinante.

Era giugno 1970, compivo quattordici anni. Comparve mio padre quella domenica dalla lontana Svizzera, per il suo blitz di una domenica al mese in visita alla seconda, chiamiamola così, famiglia. Dodici volte l'anno, mai un natale che fosse uno, al massimo il 26 se tutto filava per il verso giusto. Secondo lui quell'anno diventavo adulto. Che la terra dove è sepolto, in una frazione di Locarno, CH, gli dia pace. Gli ultimi anni della sua vita cercò di recuperare un rapporto impossibile. Non era mica cattivo, tutt'altro, e forse è che quello che lo fregò. Troppo educato per dire no. Non lo fece nemmeno con mia madre che gli chiese di avere un figlio, contro tutto il resto del mondo. Correva il 1956, non era facile. Torniamo al '70. Quella domenica naturalmente si vivrà alla grande, gastronomicamente parlando. Nonna Leonilde, detta Linda, si mette ai fornelli e tira fuori il meglio, dal suo saper cucinare per figli e nipoti attraverso due guerre. Ormai non c'è più la necessità di allungare il minestrone con l'acqua. Altri tempi, quelli. Salame bergamasco e polenta; casoncelli alla bergamasca, sorta di ravioli ripieni di brasato conditi con burro e parmigiano; brasato con polenta e gorgonzola sciolto sotto la medesima, Valcalepio rosso. Sarebbe stata una goduria. Per me era uno stress, anche perché ormai grandicello, stavo perdendo l'ammirazione per il papà duro lavoratore e iniziava a montare un po' di nervosismo verso qualcosa che non mi era chiaro. Le luci della rivoluzione sessantottina  sui fatti personali.

Si presenta con i soliti gadget, che poi allora era roba di lusso, ragazzi. Cioccolato Cailler, Toblerone, formaggini Tigre e i Gala, acidi e buonissimi, dadi Knorr, quelli originali, burro Fucks, fantastico. Era contrabbando, ai tempi, mica paglia. Aveva creato un doppiofondo e fregava ogni volta le guardie di frontiera.

Romanticismo da spallone con i cavalli dell'Alfa Romeo. Venti giorni prima mi aveva chiesto per telefono: che vuoi per il compleanno, giancarlo? Volevo rispondergli: che tu non faccia piangere la mamma la prossima volta e che tu rimanga una volta a dormire. Ventiquattro ore di una famiglia normale, stronzo. Sarebbe stato fiato sprecato.

Azzardai, timido: non riusciamo a trovare un disco talmente vietato che ne hanno parlato addirittura in chiesa: JE T'AIME, MOI NON PLUS, di Serge Gainsbourg e Jane Birkin. Mi piace e mi piacerebbe ascoltarlo con una mia compagna di scuola, mentii spudoratamente. Chissà il Florio( strano nome per un bergamasco emigrato) che cazzo capì: si presentò con un nuovo mangiadischi arancio, ben DUE copie del 45 giri in odio al papa di allora e una scatola di preservativi. Fu una domenica di educazione sessuale modello Bignami: tutto concentrato in un' ora, con studio approfondito di una versione in tedesco e in bianco e nero di Le Ore. Qualche cinquantenne se la ricorda, quella rivista?

Ma io il disco lo volevo per farmi bello con i compagni di gioco. Era una rivalsa: c'era già chi fumava e se la tirava da grande. A me la sigaretta faceva schifo. Possedere Je t'aime moi non plus era una rivalsa sociale: non ce l'aveva nessuno, in quell'agglomerato di qualche migliaio di abitanti alle case popolari ” della Clementina”, rione operaio di Boccaleone, Berghem de sota.

Comunque quelle voci erano uno sturbo mica da ridere: Non che si capisse molto bene: al centomillesimo ascolto più che un sospiro la sensualissima voce di Jane Birkin sembrava, per dirla con Clerici, più un “grantolo”, ma tant'è.

Si era ancora poveri, laggiù in quel quartiere polveroso ma dignitoso, era già oro colato il “je viens” finale.

Poi, è vero, alla fine ebbe  ragione il genitore. La seconda copia, tenuta come reliquia nuova intonsa, fu sverginata l'anno successivo come sottofondo romantico e sensuale di quella famosa prima volta, con quella famosa ragazzina che mi piaceva e che fortunatamente era più sveglia e adulta di me. Armeggiò con miglior sorte del maffino in erba con quella scatola di, ancor oggi, anticlericali preservativi.

Il disco durava qualcosa più di 4 minuti. Il Vostro playboy ( mi viene da scompisciarmi dal ridere ancora oggi), ammetto pochissimo romantico quella volta, ci mise molto di meno per raggiungere l'estasi del duo Gainsbourg-Birkin.

Ma il flashback sul lungomare di Viareggio, l'altro giorno, mise a fuoco l'andare del tempo, troppo veloce per i miei gusti. Un po' di malinconia sulle note di quel geniale pezzo.  Per me più romantico che ormonale, comunque. Anche il ricordo di un padre comunque civilissimo, che forse sarebbe dovuto nascere cinquant'anni dopo. Il massimo del suo imprecare fu: “accipicchia”, una volta che sui tornanti di una delle sue amate montagne si fermò il motore della sua stra-amata Alfetta.  Inizia di nuovo un carnevale, qui a Viareggio, in un mezzogiorno piovoso. Sono passati 40 anni. Fattene una ragione, Maffi…


Dai un'occhiata anche a:

Exit mobile version