Jerez de la Frontera: sherry, Gonzales Byass, Tio Pepe e la gita

Pubblicato in: Città e paesi da mangiare e bere

di Sara Marte

Il paesaggio è uno schiaffo in pieno volto. Viaggiando verso sud dalla ricca ed elegante Siviglia, direzione Càdiz, giungiamo a Jerez de la Frontera. La vista tutt’attorno esplode graffiante come quando il vento alza la sabbia del deserto. C’è una malinconia commuovente e perseguita l’eco di quei canti gitani struggenti. E’ un “nulla” così smarrito ed espressivo.

Quarantatré gradi e ancora un’esplosione, questa volta di cartelli.  BODEGAS ! ovunque, in ogni direzione! C’è una cartolina suprema che usano per rappresentare Jerez, un’azienda simbolo, un nome notissimo: Gonzales Byass, TIO PEPE, Sherry.

Allora lì vogliamo e dobbiamo andare; vadano a quel paese tutti quegli snobismi sul turismo commerciale! Quanto potrà mai essere di plastica ‘sta gita?! Arrivati alla biglietteria per il tour guidato, che parte in pratica ogni ora, con 15 euro ci assicuriamo la visita della cantina, guida, tapas e degustazioni. Entriamo nella sala d’attesa molto curata tappezzata da foto dei reali di Spagna e personaggi famosi in gita in cantina. Video spiegano brevemente le bottiglie dell’azienda assieme a informazioni stringate. Fin qui tutto bene! Comprensibile e facilitato.

La guida è pronta e come una litania recitata mille volte, parte con una cantilena monocorde. Siamo qui nella patria dello sherry (nome inglese dello Jerez), ci siamo venuti a posta! Quei furbacchioni degli Inglesi vi giunsero per commercio dopo la cacciata dei mori e lì nacque l’idillio. Apprezzarono il vino e per conservarlo durante il trasporto ci aggiunsero alcol! Fatto! Tecnicamente dunque lo sherry è un vino liquoroso che parte da una base di circa 11 % di alcol e che subisce poi alcolizzazione.  Aspetteremo il XIX secolo per la nascita delle più rinomate ed antiche bodegas, come appunto Gonzales Byass nata nel 1835.

Ricavato dal Palomino de Jerez (95 % del vigneto della regione) e moscadel, abbiamo poi l’esclusivo Pedro Ximenez, spesso contrassegnato semplicemente come “PX”, da uve pedro ximenez appassite e lungamente invecchiato; questa la vera punta di diamante della produzione. Parlare dello sherry è poi parlare del “velo de flor” e da qui una macrodivisione. Nelle botti, riempite solo per i 5/7, si forma una pellicola di lieviti , il flor appunto, che permette al vino di evitare ossidazioni: questo è lo sherry fino, dal colore chiaro ed un gusto delicato. Nell’oloroso invece, superato il 17% di alcol, avviene un processo ossidativo giacché il vino viene a contatto con l’aria e non troviamo quindi formazione del flor. Abbiamo a questo punto un colore bruno, materia ricca e profumi più intensi. Altre tipologie prodotte qui in cantina e certamente comuni sono l’ammontillado che è un “fino” invecchiato in botte; il Manzanilla è poi un fino prodotto a Sanlùcar de Barrameda, cittadina vicino al mare.

Alzando gli occhi ci troviamo di fronte ad un’arena con le botti che portano la bandiera di ogni singola nazione dove è distribuito il Tio Pepe, oltre 150 paesi. Siamo nella Real Bodega de la Concha, struttura del 1869 del famoso architetto Eiffel; attraversiamo poi il piccolo ma eloquente museo de la viňa .

Il sottofondo della guida dal tono soporifero si carica di entusiasmo alla vista del primo evento di plastica: Un trenino rosso che ci porterà in giro per l’azienda. Peccato che in pratica non vedremo nulla, se non il giardino della casa dei Gonzales ed una grossa struttura, la Gran Bodega, costruzione degli anni ‘60.

Finalmente scesi, comincia il paseo in questa bianca cittadina; bella la suggestiva via dei geranios rojos.

Arriviamo ora alla bodega Solera del 1847.Troviamo quindi le botti poste una sopra l’altra per il classico metodo solera tipico dello sherry. E’ chiamato così per il suolo cioè suelo,da qui solera. Dalle botti più basse è prelevato parte del vino per essere imbottigliato . Sono quindi ricolmate con sherry presente nelle botti sovrastanti e così via fila dopo fila e anno dopo anno. Si giunge dunque a prodotti finali che contengono sherry di oltre 50 anni , seppur in piccolissime quantità e in blend con le diverse annate. E’ emozionante ed immenso guardare la storia di due secoli studiata come fosse lontana ed irreale.

Simbolo della cantina è la tipica bottiglia con le braccia “sui fianchi” , così ci troviamo di fronte alla “Colleción de Arte Contemporánea Tio Pepe” L’arte in una bottiglia. E’ divertente , commerciale ed affascinante.

Ormai siamo coinvolti; hanno vinto loro e una strana smania ci trasforma in turisti di plastica ; scattiamo foto dov’è vietato e ci emozioniamo per la collezione di botti firmate dai personaggi in visita in azienda, da Picasso a Orson Welles, passando per i reali di mezza Europa a politici di ogni epoca.

La guida con fare impassibile non riesce a sorridere nemmeno quando sa di raccontare una cosa offerta a noi plastificati proprio per sorridere. Ecco a voi “Los ratones de Tío Pepe”.  Scusa hai detto ratones? Cioè topi?. La simpaticona  continua impassibile “ qui si sono alternate generazioni di topi e per buon augurio lasciamo loro sempre un assaggio” Uffa! Era una cosa carina e l’hai rovinata come una barzelletta spiegata.

Scopriamo che il fondatore dell’azienda Manuel Maria Gonzales a soli 23 anni decise di dedicarsi ai vini di Jerez. Byass è il cognome dell’importatore inglese che fu suo socio e contatto dal 1855. Nacque dunque una società che però dal 1988 è totalmente dei Gonzales e rimane dunque solo il nome che è parte della storia. Nella sala proiezioni il video che parla della storia di Tio Pepe, troppo simile a un film luce di propaganda, riabilita la guida e ne fa sentire quasi la mancanza. Quasi!.Passiamo per la Bodega Los Reyes dedicata alla famiglia reale. Ora tocca alla degustazione. Peccato non ci sia nessuno a spiegare ma solo compunti camerieri a versare.

Scelgo per voi un grande classico delle estati andaluse: Sherry fino. Si beve freddo, spesso come aperitivo, con formaggi, ed io suggerisco un Manchego e tapas. Durante le feste si beve diluito con la gazzosa ed ecco il rebujito. Il colore è luminoso e ricco, di un bel giallo paglierino chiaro. I classici sentori di mandorla e frutta a pasta gialla. L’albicocca in un buon grado di maturazione e la mandorla tostata. Leggero del miele colora l’olfatto e oli essenziali  di buccia di agrumi. In bocca è abbastanza sapido e colpisce per una texture grassa e avvolgente. Rimane lungo e intenso. Infine questo è da considerarsi un vino e non un liquorino da tenere nell’armadio dei fine pasto, quindi raffreddatelo, apritelo e bevetelo.

Intanto abbiamo perso di vista la guida che si è  congedata discretamente. Che peccato! Abbiamo dimenticato di salutarla! Magari le avrebbe fatto piacere, e chi sa , forse avrebbe anche sorriso!



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