Kurni: vino patrimonio mondiale dell’Umanità

Pubblicato in: Verticali e orizzontali

 

Di Vignadelmar alias Luciano Lombardi

Ludwig van Beethoven dedicò la sua Nona sinfonia all’Umanità. Mentre la componeva era conscio della portata universale di quello che stava creando. A lavoro finito, con la dedica, suggellò la definitiva grandezza della propria composizione.
Mentre con altre dodici persone, in Osteria, ci stavamo bevendo tutte e dodici le annate prodotte (dalla ’97 alla ’08), mentre vedevo ed ascoltavo Marco Casolanetti parlare con grande serietà ed umiltà delle sue creature enoiche, ho fatto fra me e me questo ardito parallelismo: Nona sinfonia di Beethoven e Kurni; secondo me non stona, non stride, non rischia di passare come una boutade.

Questo è un vino che non passa inosservato, non scorre nei nostri bicchieri senza lasciare il segno. E’ un vino che scava in profondità, va a pescare nel centro magmatico dei ricordi di ogni bevitore. Complesso, poliedrico, sfaccettato e sfacciato nella sua potente complessità. Fino ad ora ne sono state prodotte solo dodici annate, per questo ancora non può essere considerato un classico dell’enologia italiana, però ha inciso a fondo la memoria di ogni bevitore, ha lasciato traccia di sé, in Italia e nel mondo, continueremo a parlarne per decenni.

Riassumiamone brevemente le caratteristiche: Montepulciano 100%, circa 15.000 piante per ettaro, coltivazione ultrarispettosa dell’ambiente senza alcuna certificazione ufficiale, doppio passaggio in barrique nuove. Il vino viene vinificato separatamente da zona a zona e poi assemblato prima di essere imbottigliato. Parte del vigneto è molto molto vecchio. Le rese sono ridicole ed alla fine dai dieci ettari vengono fuori poche migliaia di bottiglie, circa 6000.

Su questo blog trovate il mio precedente pezzo sulla precedente verticale completa (’97 – ’06) di Kurni, volendo potete andare a rileggerla. Un semplice appassionato potrebbe pensare che nel frattempo poco sia cambiato, sbaglierebbe di grosso. La prima annata, la ’97, che alcuni definivano idealmente e/o concettualmente sfocata è di una bellezza impressionante. Ormai ne esistono pochissime bottiglie e tutte quelle di questa degustazione sono state messe a disposizione da un giovane appassionato, Francesco Morgese, grande collezionista. Quella che allora era stata la migliore, la ’01, ieri è stata fra le “peggiori”, forse colta in un momento di mutazione, di chiusura. Smette ora di essere giovane ed ancora non è adulta. Il trittico ’04 – ’05 – ’06 è stato accusato ingiustamente di dolcezza; andate ad assaggiarle ora, vi renderete conto quello che sono ora, sono l’esatta evoluzione che chi ha seguito il Kurni dalla nascita vi potrà confermare.

A questo punto è necessaria una considerazione: per esser capito il Kurni va seguito. Va bevuto negli anni con costanza e per quanto mi riguarda con autentica devozione. Va capito ed interpretato. Per capire le annate nuove bisogna ricordarsi come erano quelle che adesso sono vecchie. Ed allora fioriscono i corsi e ricorsi. Le verticali servono a questo, ci mettono di fronte all’evidenza, alla pistola fumante. Per questo è inutile arroccarsi in un asfittico ed aculturale sdegnoso preconcetto negativo. Per questo “accetto” critiche solo da chi questo vino lo beve da anni, con continuità, con curiosità, pagandosi le bottiglie che poi berrà, condividendole con altri sinceri appassionati come lui. Allora e solo allora le critiche sono le benvenute, frutto di sacrificio economico e spirito di condivisione. Spirito di condivisione che deve essere la molla che guida ogni bevitore. Puoi berti anche una bottiglia eccezionalmente buona, ma se lo fai da solo sarà comunque amara come il fiele.

Moltissimi ne parlano, ne scrivono, ne discutono vizi e virtù. Fra questi non tutti lo bevono con continuità, molti sono accecati dalla prevenzione enocattotalebana. Capirete che il solo fatto di fargli fare un doppio passaggio in barrique nuove, valga la scomunica senza appello, il rogo, la dannazione enoica eterna. Però noi bevitori senza fede, senza dio, senza dogmi, lo beviamo e lo ribeviamo con una certa soddisfazione.

Basta, mi rendo conto di averla fatta troppo lunga. Il pistolotto è fin troppo ridondante. Vi invito solamente ad andare in un’enoteca, cercate una bottiglia di Kurni degli inizi del 2000 ed una giovanissima, anche la neo uscita ’08. Vi sembreranno due vini ben diversi, giocati su note e contrappunti diametralmente ed apparentemente opposti. Probabilmente la ’08 di oggi, fra dieci anni avrà caratteristiche simili a quella di inizi 2000. Liberi di non crederci, però io ho fatto molteplici esperienze in tal senso, voi invece ???

p.s. Come aperitivo Casolanetti ci ha fatto assaggiare il suo Kupra 2008, da uve grenache, localmente dette Bordò, da un piccolissimo vigneto vecchio 110 anni.
Ma questa è un’altra storia, un’altra bellissima e buonissima storia.

Le foto sono di Nico Morgese


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