La Bastide St.Antoine – Jacques Chibois, Relais et Chateaux à Grasse (Costa Azzurra)

Pubblicato in: L'olio d'oliva

– del Guardiano del Faro –

Lavoravo da Roger Vergé al Moulin de Mougins, avevo carbonizzato un’aragosta e d’istinto, per non farmi riprendere dallo Chef, l’ho buttata di nascosto nel Water . I miei colleghi per coprirmi dalla prevedibile ira di Vergé hanno finto di cercarla nei forni della cucina per una decina minuti finchè fui costretto ad ammettere il fatto, tutto finì in una fragorosa risata

Viene difficile pensare a Jacques Chibois nel ruolo di brucia-padelle, ma gli incidenti di percorso e gli imbarazzi si sono evidentemente dissolti in fretta.

Comunque tra qualche anno tutto sarà più semplice e ai giovani talenti dei fornelli forse basterà mettersi davanti al pc e attendere che il Vate ostenti tutto il suo sapere tramite le tecnologie de La Telefonica, un cavetto usb tra il pc e il roner e via andare, per la pentola del risotto non saprei che collegamento usare, ma sicuramente la Telefonica e gli altri sponsor tecnici ci avranno già pensato.

Perigord + Limousin =  Provenza

Difficile pensare che sia logica questa somma di avvenimenti storici. La sua storia Jacques Chibois l’ha scritta da solo, lontano dal più profondo e tradizionale contesto storico delle origini paterne e materne.

I maestri sono stati in questo caso classici perché oggi così li definiremmo, ma negli anni di apprendistato di Chibois, lavorare a fianco di Michel Guerard ed in seguito di Roger Vergé e Louis Outhier significava già seguire sentieri diversi da quelli conosciuti , diversi anche tra di loro, molto diversi, dalle influenze delle Lande , ai profumi mediterranei di Mougins, a quelli finemente speziati di Mandelieu La Napoule.

Trovarsi poi a dirigere le cucine dell’ambizioso Royal Gray di Cannes nel 1982 fu la naturale evoluzione di un pensiero di cucina moderno e gourmand condiviso con la nouvelle vague di quel periodo da un club di otto fenomeni che fanno di nome : Marc Veyrat, Olivier Rollinger, Michel Bras, Jean Michel Lorain, Michel Troisgros, Alain Passard, Pierre Gagnaire e appunto l’unico mediterraneo del gruppo, Jacques Chibois .

Molti di questi sono già purtroppo fuori dai giochi, mentre la singolarità in negativo è che proprio Chibois è l’unico di questa banda di fuori classe a non aver raggiunto la terza stella Michelin.

Con i se e con i ma non si conclude niente però credo che nella situazione di lavoro e di successo avuto nel Royal Gray di Cannes le condizioni ci sarebbero state. Gault Millau aveva già finito il suo compitino, chef dell’anno e 19/20mi , fine delle discussioni. Piatti freschi, complessi ma acuti nei sapori, pensati e realizzati in quella fase creativa di massima ispirazione, quel periodo della vita di uno chef dove ogni cosa gli riesce al meglio. A distanza di tempo mi ricordo nitidamente almeno tre piatti targati 1989 oltre alla famosa farfalla di scampi con fagiolini verdi e basilico, il branzino alla vaniglia nouvelle vague, la millefoglie di cioccolato croccante amaro con banane al lime… e poi l’uso dell’olio di oliva e delle olive anche dove poco consueto, anche al capitolo dessert, diversi decenni fa.

Li le condizioni ci sarebbero state, però giustamente un individuo ricco di personalità e di capacità imprenditoriale ci deve provare a far qualche cosa di più indipendente. Provare a buttarsi in una cosa bella, non solo per lavorare, ma anche per viverne i diversi momenti della giornata. Tra le cucine dell’Hotel Gray d’Albion di Cannes alla fantastica Bastide St.Antoine di Grasse c’è una bella differenza. Un uliveto secolare che ti accoglie tutte le mattine con il sole che fa capolino dal golfo di Cannes è un altro modo per cominciare la giornata. Cambia anche la clientela da un palazzo sulla costa ad una dimora di campagna, clientela meno elegante, più rilassata, ma ugualmente esigente . Bisogna pensare anche a questo.

Però , per arrivare a concretizzare questo sogno, la pausa , l’intervallo, le grane burocratiche e tutto quello prevedibilmente conseguente alla finalizzazione di un progetto così ambizioso portarono per un  consistente periodo Chibois fuori dai giochi, ma quando ripartì con il solo ristorante, a cui si aggiunsero le camere e tutto il contesto tipico di un formidabile Relais et Chateaux, a quel punto la classe riemerse immediatamente, dal 1996.

Tuttavia, mantenere a galla questa Bastide comportò anche fare qualche compromesso,  da cui la necessità dei primi carta-menù-midi per attrarre la sfaccendata clientela che dimora placidamente tra le colline di Grasse e Mougins , operazione commerciale adottata anche  più o meno da tutti gli stellati e pluristellati della Costa  che inserirono nella loro lista delle proposte giornaliere questa variabile a prezzo solo teoricamente conveniente,  collocandola attorno ai 50 euro. Ecco, diventa difficile poter proporre un carta menù a 50 euro con una vasta scelta di piatti  ( 30 ) e ambire alle tre stelle Michelin . In realtà una nomination ci fu ugualmente a favore della Bastide, ma poi rientrò, qui come altrove sur la Cote, dove resta tuttora un uomo solo al comando,  Alain Ducasse e il suo fedele grand chef Franck Cerutti, liberi dall’onere del compromesso economico.

Questo però non deve privarci a priori dal piacere di un pranzo di altissimo profilo a La Bastide, perché i piatti in carta sono tuttora di ottimo livello. I piatti sono oggi tantissimi, tra i due menù degustazione principali, la grande carte ricca di materie prima da urlo e la carte-menù de midi di profilo più basso , alla fine saranno più di cinquanta e poco meno di sessanta, una cosa impressionante, impressionante anche che degli otto provati pizzicando nella grande carte o nei menù non uno era fuori posto, tutto molto buono e qualche cosa veramente eccellente .

Incredibile come si possa “far linea” con così tanti prodotti declinati in decine di maniere diverse. E incredibile anche la velocità di preparazione e di servizio nonostante i sessanta coperti occupati il martedì a pranzo. E mettiamoci pure dentro anche i menù stagionali tematici,  truffes, champignon, homard ecc…che allargano ulteriormente l’ampia gamma di scelta .

Bella anche la carta dei vini che finalmente dedica una pagina importante ai vini naturali proposti tra l’altro a prezzi più che invitanti. Sommelier giapponese anche qui, pare una moda ormai, venti anni fa ne erano pieni i grandi ristoranti, ma tra i clienti, ora invece fanno i/le sommelier, anche se non sanno esprimersi.

I ragazzi in sala non proprio sintonizzati, troppo agitati, basterebbe alzare di più la testa e muovere meno le gambe, certo le esigenze di un cinque stelle sono multiple, e quindi bisogna essere pronti ad ogni capriccio di ogni cliente, anche non proprio gourmet, e che magari pretende improvvisamente di avere il tavolo apparecchiato per sei persone in giardino a fine ottobre sotto un gazebo e alle 14.30 .  Quindi pronti a tutto, però fossero meno ansiosi suderebbero meno, nonostante tutte le anomalie a cui devono essere pronti a far fronte.

Far fronte anche ad un ritmo di lavoro impressionante, il ristorante è aperto 728 servizi sui 730 possibili, nei bisestili due in più. Questi chiudono solo la sera di Natale e del primo dell’anno, ed ad ogni servizio corrisponde una media di 60 coperti, sessanta a pranzo e 60 a cena, di media, perché d’estate sono anche il doppio. Il che vuol dire 43680 coperti all’anno, difficile spendere meno di cento euro a testa e quindi facile immaginare che il ristorante fatturi la cifretta di 5 milioni di euro l’anno. Poi ci sarebbero le 11 camere e le 5 suite a cinque stelle che possono costare dai 250 ai 1000 euro.

Adesso basta con i conti da ragioniere, se no mi viene il mal di testa.

Dicevo dei piatti provati, dal classicissimo e impeccabile foie gras in terrina con dolce purè di sedano verde e gelatina di porto ruby. Poi l’altro must inevitabile, il branzino nouvelle vague, con  finocchi fondenti alle erbe e  mirabile salsa all’olio d’oliva appena profumato da un tocco di vaniglia. Strepitosa la stagionale pernice rossa scozzese con le sue “frattaglie” ( fuori carta ! ) e tenerissima sella d’agnello ricomposta su uno spezzatino delle sue gustosissime trippette e rinfrescato da un fine ragout di verdure all’olio: carciofi, fave, zucchine.

Ancora olio anche al dessert, usato insieme alle olive e alla marmellata di gelsomino e sentore di verbena come unguento avvolgente per delle vere e selvagge fragoline di bosco , vere fragole e vere fragoline di bosco con un fine sorbetto di mandarini. Commovente, sembravano anche tante, una vera cascata di fragole, impossibile avanzarne anche una sola però.

Interessante il bianco  meridionale “biò”  di Gauby, tratto da Roussanne e Marsanne, di bella acidità e sufficiente complessità, mentre un po’ scontroso questo “biò” proveniente dalla nobile appellation Saint Emilion, duretto di tannini e poco profumato rispetto alle consuetudini di quella denominazione.

Stranamente scarsa la scelta di distillati, particolarmente nella categoria whisky, ma piacevolezza d’insieme veramente all’altezza della fama e della classe di un Relais Chateaux tra i migliori di Francia.

gdf

Bastide St.Antoine – Jacques Chibois

48 , Avenue Dunant (Quartier St.Antoine)

Grasse

tel. ( +39 ) 4 93709494

Menù :  59 – 130 – 160 – 190 euro

Carte : 110 – 250 euro

http://www.jacques-chibois.com/fr/index.php


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