
di Tommaso Esposito
Coordinata da Luciano Pignataro, la tavola rotonda in cui si è presentato il libro ” La Buona Pizza” di Tania Mauri e Luciana Squadrilli con foto di Alessandra Farinelli è stata veramente interessante.
Il merito è innanzitutto degli spunti di riflessione che vengono dalla lettura del testo.
Ne estrapoliamo alcuni.
Primo.
La pizza è democratica giacché declinata in differenti tipologie frutto di specificità territoriali.
Ne discende che ogni pizza è capace di raccontare un pezzo d’Italia senza alcuna rivalità.
Secondo.
La pizza napoletana ha la sua importanza dall’alto dei suoi due o tre secoli di storia.
Proprio per questo oggi è quella che più velocemente sta raggiungendo nuovi traguardi affrancandosi dalle sue origini popolari che la costringevano, fino a qualche decennio fa, ad essere semplicemente un cibo riempi-pancia.
Terzo.
La pizza sarà il motore dell’economia del food per i prossimi anni e perciò ha bisogno di nuovi modelli di comunicazione e nuovi stili di narrazione. Niente classifiche, niente guide.
Cosa fanno allora le autrici?
Girano l’Italia da Nord a Sud per fotografare, non soltanto con la camera, ma anche con l’occhio la mente il cuore, storie di coltivatori, allevatori e artigiani.
Quelli che gravitano intorno al mondo della pizza.
Collezionano tante e tante testimonianze.
Di pizzaioli ne scelgono dieci.
Da Simone Padoan a Enzo Coccia.
Da Stefano Callegari a Franco Pepe.
Da Marzia Buzzanca a Salvatore Gatta.
Sullo sfondo di Napoli, in particolare, ci sono Gino Sorbillo con i tre fratelli Salvo.
E la Pizza Marinara, scelta come esempio apodittico del miracolo gastronomico.
La prova provata, per dirla con le parole di Don Pasta il prefatore, che: << Cosa sacra è la pizza, perché si basa sull’atto magico della trasformazione della materia>>.
Eucarestia, quasi.
Buona lettura, insomma.
E che si apra il dibattito.
Ma, soprattutto, che si mangi oggi e sempre la pizza.
La buona pizza.
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