La Caravella ad Amalfi, il piacere di mangiare nella stella più antica della Campania

La Caravella, ingresso

La Caravella ad Amalfi
Via Matteo Camera, 12
www.ristorantelacaravella.it
Aperto a pranzo e cena. Chiuso martedì

«Qui è il giardino che cerchiamo sempre e inutilmente dopo i luoghi perfetti dell’infanzia. Una memoria che avviene tangibile sopra gli abissi del mare, sospesa sulle foglie degli aranci e dei cedri sontuosi negli orti pensili dei conventi».

Queste sono le parole che Salvatore Quasimodo, premio Nobel per la Letteratura nel 1959, dedicò ad Amalfi, città che amava come la sua Sicilia.
Ed è proprio durante le passeggiate e le lunghe soste ai tavoli della Caravella della famiglia Dipino che il profumo dei limoni lo conduceva alla memoria di quando era fanciullo, agli odori e sapori della sua terra.

Oggi Antonio Dipino, che continua con passione e un’ostinata ricerca nella cucina di quegli anni, ricorda con un’affettuosa pergamena i pensieri che il poeta volle dedicare ad una delle ricette più semplici – ma allo stesso tempo difficili – di sua madre: il soufflé al limone, che Quasimodo chiamava «il sole nel piatto».

E ancora oggi, a quasi sessant’anni dall’apertura di questo ristorante, il primo – ci piace sempre sottolinearlo – ad aver avuto una stella Michelin al Sud, è proprio ai limoni, a quei «cedri sontuosi» di cui parla Quasimodo, che dobbiamo guardare per ricucire il filo della memoria di una cucina così tradizionale eppure così moderna come questa della Caravella.

Senza l’acidità naturale e sincera dello sfusato amalfitano studiata e ristudiata mille volte, non si spiegherebbe perché piatti che sono nati ormai più di mezzo secolo fa, molti dei quali letteralmente ammazzati dalla più bieca ristorazione turistica, come l’insalata di mare o gli stessi scialatielli, qui non si sono mai seduti, non sono mai diventati stanchi.
E vediamoli, allora, in sequenza, questi piccoli tesori della gastronomia costiera:

Friggeva le alici, la mamma di Antonio Dipino, proprio come tutte le mamme della Costiera e per farle più buone le farciva con la provola di Agerola. Oggi Antonio le arricchisce con una crema di mozzarella e quella punta di sapidità che già sua madre aveva cercato e trovato nella colatura di alici. Piatto di intuitiva e infinita golosità.

Ed eccolo il prezioso limone, lo sfusato amalfitano, qui contenitore (ghiacciato) ed esaltatore al tempo stesso, che rende mille volte stuzzicanti le striscioline di seppie, calamari e totani con il contrsto terragno del tartufo di Giffoni.

Un classico dei classici, l’insalata di mare, che la ristorazione ha più martoriato che rivisitato, a partire dalle terribili vetrine frigorifero degli anni Settanta. Antonio Dipino lo resuscita con materia prima da paura, un po’ di calore e tanto limone ghiacciato grattugiato al momento. Davvero un miracolo marino.

Il piatto che vale – e varrà sempre – il viaggio, nei secoli dei secoli: pesce spada cotto nelle foglie di limone che gli regalano umore e profumi. Insuperabile.

Tutte le cotture possibili, sino al crudo, dei gamberi della Costiera, in un risotto realizzato con il brodo di limone e ringalluzzito dal caviale di limone: denti e palato ballano, non sai se per l’agrumato intenso o la cottura perfetta del riso.

«Scialatielli, casa»: queste sarebbero state le parole di E.T. se l’ExtraTerrestre di Spielberg fosse venuto dal pianeta Amalfi. La Pasta, qui è solo questa: serpentelli di acqua e farina che incontrano il mare. E quello della Caravella è sapido, crudo, netto e pulito. Imprescindibile.

E poi, ancora una ricetta ancestrale. Lo scorfano arrostito. Guai a metterne sulla griglia uno di piccola taglia – dice Dipino – è un piccolo maialino del mare: va cotto lentamente, con cura, senza farne seccare le carni. Una volta diliscato, solo un’insalatina a rinfrescare. Il mare nel piatto. Non c’è altro da aggiungere.

Lo stacco con il sorbetto cremoso. Limone e ancora limone.

Ed eccolo il «sole nel piatto» che commuoveva Salvatore Quasimodo, il soufflé più sontuoso che potrete incontrare sulle strade della Costiera. Nuvola di zucchero e uova, nella versione ‘a due colori’ che faceva la madre di Antonio, con limone e cioccolato.

A chiudere, un boccone da buttar giù con gli occhi chiusi, in silenzio. Melanzane al cioccolato, il dolce conventuale che chiude in maniera egregia questo cerchio magico della memoria.

CONCLUSIONI
Siete nella terra dei limoni, in un ristorante dove da quasi sessant’anni è proprio grazie all’acidità di questo agrume prezioso che si riesce a mantenere vivo il ricordo di piatti memorabili ma mai stanchi. E a trasformarli in opere di grande modernità.

E persino i ricordi legati ai poeti, pittori, personaggi famosi che negli anni hanno varcato la soglia della Caravella non sono mai solo semplici aneddoti, ma trovano una loro sacralità in questo piccolo tempio dell’arte ceramica che Antonio Dipino ha tenacemente saputo mantenere e ricostruire ogni giorno. Il tutto accompagnato dalla conoscenza e curiosità enologica di Antonio Faratro, mite ma sapiente custode di una delle cantine più ricche e profonde del Sud.


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