La protesta di un turista: “Troppa fila, clienti non rispettati. Pizza impossibile Da Michele o da Sorbillo”

Pubblicato in: Polemiche e punti di vista

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Riceviamo e pubblichiamo

Gentile sig. Pignataro,
vorrei raccontarLe, quanto più possibile in sintesi, questa mia recente esperienza napoletana.

Dopo essere venuto spessissimo a Napoli ma sempre per lavoro, quindi mordi e fuggi, questo 6 dicembre, con alcuni amici, mi regalo, insieme a mia moglie, una breve vacanza nella vostra bellissima città.

Com’è d’obbligo decidiamo di farci una pizza e, naturalmente, ci affidiamo a Lei.

Pensiamo quindi di andare dal “mitico” Michele, n. 1 della Sua lista, ma apprendiamo, francamente con una certa sorpresa, che non si può prenotare e che di regola si fanno file di un paio d’ore fuori dal locale; i nostri amici hanno una bambina in carrozzella e quindi scartiamo giocoforza Michele.

Ci rendiamo conto che molto vicino al nostro albergo c’è Sorbillo ai Tribunali, n. 5 della Sua lista, e quindi stabiliamo senza indugio che è il posto che fa per noi.

Le dico subito che la pizza da Sorbillo alla fine non l’abbiamo mangiata e che motivo di questa mia missiva è chiederLe se, a Suo parere, la loro organizzazione, e segnatamente il modo che hanno di trattare la clientela, è, non dico manageriale come ci si dovrebbe attendere da un locale così rinomato, ma diciamo pure “commercialmente tollerabile”.

Il mio amico si è recato sul posto il 7 dicembre che non erano ancora le 20.00, una signora gli dice che deve lasciare il nome per essere messo in lista d’attesa, lui domanda quanto tempo, approssimativamente, ci vorrà (c’è sempre il problema della bambina) e gli viene detto 30/40 minuti; lui lascia il nome e rimane all’aperto in strada finchè alle 21.00, cioè dopo più di un’ora, abbastanza stanco, torna a chiedere alla signora che gli risponde che manca… un’oretta.

A questo punto, con il massimo garbo, chiediamo alla signora di vedere a che punto si trova il nostro nome nella lista; lei dapprima, con altrettanto garbo, rifiuta poi, alle nostre insistenze, si mette ad armeggiare tra quattro, ripeto quattro, liste diverse finchè non ci trova.

Abbiamo tolto il disturbo.

Voglio subito sgombrare il campo e farLe capire che sono del tutto immune da ogni forma di stupido pregiudizio su Napoli ed i napoletani; anche se vivo a Roma sono siciliano, quindi già di per sé assai più affine ad un napoletano di quanto possa esserlo ad un, diciamo così, “padano”, sono venuto, come dicevo, tantissime volte a Napoli per lavoro e so bene che i napoletani sono tra le persone più civili ed ospitali al mondo, quindi lungi da me l’intento di fare di tutta l’erba un fascio e di criticare per partito preso.

Quello che trovo inaccettabile è la spocchia ed il totale disprezzo per il cliente che manifestano questi “Baroni della pizza” scordando che, se hanno fatto i “soldi”, lo devono certamente alla loro abilità ma ancor di più ai clienti che questi “soldi” hanno elargito.

Già non è molto “manageriale” lasciare le persone fuori al freddo per ore (se non puoi ampliare i locali nella sede storica aggiungi altri locali in città e non mi si venga a dire che sarebbe difficile garantire lo stesso livello qualitativo – Michele può aprire a Roma, a Milano, a Torino, a Londra e non può aprire altre sedi a Napoli???) e poi perché non consentire, al limite con un sovrapprezzo e solo per la metà dei tavoli, di prenotare?

Ancora meno “manageriale” è tenere 4 liste; avrei voluto chiedere alla signora se la prima lista era quella dei “parenti”, la seconda degli “amici”, la terza degli “amici degli amici” e la quarta (dove stavamo noi) quella dei “poveri cristi”.

E devo dirLe in tutta onestà che non mi capacito del perché i napoletani, che quanto ad orgoglio ed intelligenza non prendono lezioni da nessuno, si facciano trattare così a pesci in faccia e non abbiano ancora mandato in rovina questi signori disertando le loro rinomate pizzerie.

Lei mi dirà che a Napoli la coda fuori la si fa addirittura pure da Marinella ed è verissimo, la coda ieri l’ho fatta pure lì ma Marinella, da gran signore come solo i napoletani (ed i siciliani) sanno essere, ha offerto caffè e sfogliatelle e, soprattutto, non barava sulle precedenze.

Per farla breve siamo andati in un localetto qualsiasi dove, accolti con cortesia ed un sorriso, abbiamo pagato il giusto per mangiare una pizza più che dignitosa, magari non all’altezza di quella dei depositari del verbo, ma comunque buona (almeno per i nostri palati non sopraffini).

Che poi, a dire il vero, che ci sia tutta questa differenza a me il dubbio rimane perché vede, sig. Pignataro, se da Michele o da Sorbillo ci va Lei, oltre a farLe saltare la fila (com’è giusto dato che per Lei è lavoro) ci credo eccome che Le fanno una pizza che racchiude tutti i pregi della loro arte eccelsa (e chi è quel deficiente che prepara un piatto raffazzonato al critico gastronomico del “Mattino”?), ci credo eccome che Lei venga trattato e riverito come merita ma ho i miei dubbi che avvenga lo stesso se mi presento io (che sto nella lista dei “poveri cristi”) mentre le pizze si sfornano in serie a velocità supersonica ed il cameriere mi spinge con gli occhi a mangiare in fretta e togliermi dai cosiddetti per far posto al pollo successivo.

Questo è tutto e sottolineo che non mi interessa far parte della schiera di persone che, non sempre disinteressatamente, lodano sperticatamente e distruggono inesorabilmente un locale sui social; io sto scrivendo solo a Lei perché mi interesserebbe conoscere la Sua opinione sull’argomento.

A dire il vero non ho idea di che fine il Suo staff farà fare a questa mia e-mail ma, in fin dei conti, anche questo poco importa; avevo voglia di farLe questa domanda e l’ho fatto.

Cordiali saluti

Renato Lorefice

Gentile Signor Lorefice
Sulla questione delle file c’è poco da commentare: anche a Milano si diceva che mai si sarebbero adattati a fare la fila ma alla fine c’è. La pizzeria non è un ristorante e la velocità con cui si assorbono le file è proverbiale, non si accettano prenotazioni e non c’è il caffé finale proprio per velocizzare il flusso. Anche a New York, per mangiare il pastrami da Katz mi sono dovuto sottoporre a una bella fila. La ristorazione pop è questo, prendere o lasciare.
Del resto a Napoli ci sono 1500 pizzerie e in genere si cade sempre bene come è accaduto a Lei. E ci sono anche ristoranti con pizzeria che prendono le prenotazioni (per dire, tra i più famosi, Ciro a Santa Brigida, Da Umberto, Gorizia)
Sulla questione delle quattro liste da Sorbillo non so cosa dirLe, sarà come dice Lei ma non ne avevo mai sentito parlare in precedenza.
Il motivo per cui pubblico questa lettera però è un altro: perché attesta, effettivamente, quanto diversa possa essere l’esperienza del cliente comune da quella del critico o del giornalista o del foodblogger in una pizzeria. L’ho detto e lo ripeto: in un ristorante è difficile barare anche se il cuoco non c’è mentre in pizzeria è necessario che ci sia il manico. La differenza si sente. Un ristorante prende le prenotazioni e in quelli di alto livello, ma anche di medio, non c’è differenza sostanziale tra come viene trattato il critico e il cliente normale. Lo abbiamo verificato in più di una occasione. La pizza invece è un prodotto artigianale, soprattutto quella napoletana ottenuta da forno a legna. Lo sappiamo dai feedback che riceviamo su alcune delle più blasonate pizzerie, spesso contrastanti.
Ecco perchè stiamo per lanciare una classifica delle pizzerie italiane, 50 topPizza, realizzata esclusivamente da ispettori anonimi che, come Lei, faranno esattamente la stessa esperienza.
Per la verità qualche esperimento lo abbiamo fatto anche su questo blog e le reazioni di alcuni dei diretti interessati non sono state così garbate perché forse si sentono dei Padreterni o, come dice Lei, dei Baroni della Pizza.
Dunque spero che questa sua lamentela sia presa come un monito e spero che Gino Sorbillo e la famiglia Condurro la invitino presto a mangiare una loro pizza.


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