La rivincita della pizza fritta

Pubblicato in: La stanza di Carmen

di Carmen Autuori

Donn’ Amalia ’a Speranzella,
quanno frie paste crisciute,
mena ll’oro ’int’ ’a tiella,
donn’ Amalia ’a Speranzella.
Che bellezza chillu naso
‘ncriccatiello e appuntatiello,
chella vocca ’e bammeniello,
e chill’ucchie, e chella faccia
mmiez’ ’e tìttele e ’a vurraccia !
Pe sta femmena cianciosa
io farria qualunque cosa !…
Piscetiello addeventasse,
dint’ ’o sciore m’avutasse,
m’afferrasse sta manella,
mme menasse ’int’ ’a tiella
donn’Amalia ’a Speranzella

Così Salvatore Di Giacomo celebra, con i dolcissimi versi non solo Donna Amalia, una venditrice di paste cresciute di Vico Speranzella ai Quartieri Spagnoli, ma tutte le friggitrici partenopee nonché il cibo da strada più antico e diffuso di Napoli, la pizza fritta che quest’anno in occasione della seconda edizione  del Vera Pizza Day  in programma lunedì 17 gennaio, festa di Sant’Antonio Abate patrono dei pizzaioli, entra a pieno titolo nel disciplinare del AVPN (Associazione Vera Pizza Napoletana).

Dunque il 2022 inizia sotto i migliori auspici per questo celebre cibo da strada considerato, fino a pochi anni fa, come la Cenerentola delle pizze,  perché  se quella classica è una delle icone che ha fatto conoscere Napoli nel mondo, la pizza fritta racchiude in sé l’arte di reinventarsi della gente partenopea.

Erano i primissimi anni del dopoguerra e in città la maggior parte dei forni, distrutta dai bombardamenti, rendeva impossibile cuocere la pizza in maniera canonica, allora si pensò di cuocere i dischi di pasta in enormi pentole di olio bollente e venderli, per pochi centesimi per strada, davanti ai “bassi”. Protagoniste di questo commercio furono le donne, figure consegnate alla memoria collettiva  anche grazie al cinema.
Indimenticabile venditrice di pizze fritte fu una procace Sofia Loren, nel film “L’oro di Napoli” del grande Vittorio De Sica, che con sinuose movenze impastava e friggeva dischi di pasta lievitata al grido di << pizze oggi a otto>> che, tradotto, significa mangi oggi e paghi fra otto giorni.

Ma le origini di questo che nel corso degli anni si è rivelato essere lo stret food per eccellenza,  ha origini ben più antiche. La pizza fritta è, infatti, figlia di quella zeppola raccontata da Giovan Battista del Tufo nel << Ritratto o modelle delle grandezze, delizie e meraviglie della nobilissima città di Napoli>>, scritto nel 1588, nell’ originaria versione dolce che, ben presto, cedette il posto a quella salata, più saziante, complice l’atavica fame del popolo napoletano che poteva essere appagata da questo disco, gonfio, di semplice pasta cresciuta.

Ippolito Cavalcanti, duca di Buonvicino nel suo trattato <<Cucina Teorica Pratica>>  scritto nel 1837,  per il pranzo del martedì santo dà la ricetta delle zeppolelle di baccalà, mentre per il giovedì santo le consiglia arricchite da alici.  Anche Matilde Serao ne fa cenno nel suo << Il Ventre di Napoli>> dove il popolino può “ per un soldo avere dal friggitore quattro o cinque panzarotti, vale a dire delle frittelline in cui vi è un pezzetto di carciofo, quando niuno vuol più saperne, o un torsolino di cavolo, o un frammento di alici” . Ad ogni buon conto, fu tale il successo di questo cibo da strada che si crearono delle vere e proprie “Corporazioni di friggitori” le quali, oltre a fissare tecniche specifiche per la produzione, imposero anche un’ attenzione particolare alle nuove leve.  Ancora bambini, infatti, i futuri maestri del fritto andavano a bottega per imparare tutti i segreti di quest’ arte.

Il tempo e la grande fantasia del popolo partenopeo ha arricchito il contenuto del fragrante involucro di pasta lievitata. Ricotta e pepe, ricotta e cicoli, alici marinate, scarole, capperi e olive in quelle da consumare nei periodi cosiddetti di magro, sono, principalmente, gli ingredienti che ancora oggi si possono gustare nella pizza fritta che, a secondo del quartiere in cui viene preparato, assume il nome di calzone, pescitiello oppure battilocchio come scrive Viviani nella sua celeberrima “’ A rumba de scugnizzi”.

Un viaggio antico e glorioso quello della pizza fritta, dunque, che oggi costituisce il cavallo di battaglia di pizzerie conosciute nel mondo, La Masardona, D’e Figliole, Isabella De Cham, Teresa Iorio de Le Figlie di Iorio, la catena artigianale Zia Esterina, firmata da Gino Sorbillo, la Figlia del Presidente, Concettina ai Tre Santi, Vincenzo Durante solo per citarne alcune, tanto che il 2022 sarà ricordato anche come l’anno del riscatto dello street food che profuma di storia, di fantasia e, come direbbe donna Matilde, di ventre di Napoli.

Ingredienti per 7 pizze fritte

Ricetta di Gino Sorbillo

1 g di lievito di birra fresco

500 ml di acqua

22 g di sale

750 g di farina 00

Olio di semi di girasole o di arachide per friggere

 

Procedimento

Sciogliere il lievito di birra fresco in acqua, aggiungere il sale nella farina setacciata, unendo bene entrambi, e cominciare a far cadere nell’acqua farina e sale per fare una pastella utilizzando un cucchiaio per girare (non le mani).

Appena si arriva a mettere poco più dei 3/4 della farina, mantenere con la mano sinistra (che è sempre pulita) il bordo della ciotola dove si sta impastando e con la destra aggiungere la restante parte della farina poco alla volta, finendo di impastare con i pugni (non veloci) fino a quando la massa non diventa compatta e poco appiccicosa e si stacca dalle pareti del contenitore.

Dopo circa 13-15 minuti, mettere l’impasto su di un piano pulito e finire di impastare utilizzando al massimo altri 50 grammi di farina come spolvero per concludere il lavoro.

Creare quindi una palla di impasto di quasi 1300 grammi totali e farla riposare mezz’ora in un contenitore chiuso da pellicola o tappo.

Dopo mezz’ora circa rovesciare la pasta sul piano di lavoro e formare 7 palline, mettere a lievitare in una cassettina rettangolare per circa 8 ore.

Portare l’olio a circa 200 gradi, prendere una pallina alla volta, stenderla con le dita e poca farina, farcirla secondo i propri gusti, chiuderla, bene a mezzaluna, e adagiarla subito nell’olio. Girare dopo pochi secondi e tirarla su quando diventa dorata e gonfia. Metterla ad asciugare sulla carta assorbente. Passare subito alla pagnotta successiva e così via.

 


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