
di Carlo Scatozza
Se la Via Appia avrà un futuro turistico non potrà non passare per il cicloturismo rivolto ad amanti delle due ruote in piena lentezza, con bici muscolare o a pedalata assistita. Ho avuto il privilegio di prendere parte al ciclotour Appia in Bici, percorrendone il suo tratto primigenio da Roma a Capua, con le associazioni Fiab di Roma e della Campania, nel quadro della settimana di eventi dedicati ai percorsi lungo la storica via, denominata AppiaWeek, seguendo la “linea “ di Rumiz quasi per l’intero, sterrati e interpoderali comprese. Un itinerario che non è per bici da corsa ma per gravel o mtb in assetto da viaggio lento.
Ho diviso in due il nostro ciclotour, riprendendo anche la antica divisione tra terre dello Stato della Chiesa e del Regno delle Due Sicilie.
Roma-Velletri-Terracina. Due giorni ( Primo giorno 42 km- secondo giorno 74 km )
Si parte da Porta Capena verso sud dal Circo Massimo, attraversando la fantastica “ Passeggiata archeologica” con i maggiori monumenti presenti lungo l’Appia che “esce” poi dall’arco di Druso e dalla Porta di San Sebastiano per immettersi, con una pedalata facile, nell’immagine bucolica del complesso callistiano di pertinenza vaticana. In successione proseguiamo attraverso le tantissime testimonianze della vita e della morte lungo la Regina Viarum, tra mausolei e ville come il Complesso di Massenzio, la Villa dei Quintili, le scoperte più recenti, il Capo di Bove e le modificazioni papaline di alcune strutture. Il parco Archeologico dell’Appia Antica si svela, anche per chi pedala, una felicissima opera col basolato che esige rispetto dalle ruote, essendo stato creato per i piedi e gli zoccoli, preferiamo quindi utilizzare i bordi del tracciato con non pochi single track, La meraviglia negli occhi è pari a qualche “vibrazione” nelle braccia, ma arriviamo alla fine del Parco a Frattocchie per una doverosa una sosta “maritozzo” dalle forme giganti, l’ideale per sostenere la salita verso Castel Gandolfo con il palazzo apostolico trasformato da Papa Francesco in museo per il pubblico. I Castelli Romani verso Ariccia hanno i colori della natura attorno al Lago di Albano, compare copiosa la vigna per i vini Frascati e cannellino, insieme alla messe di piccoli frutti di sottobosco.
Ariccia pare più griffata Cioli..( Re della Porchetta) che Chigi… dei quali fa però bella mostra il rinascimentale palazzo, mentre la pedalata incede attraverso una pianura piacevole verso Albano Laziale, mentre a Genzano intercettiamo un lastricato dell’Appia da percorrere con curiosità prima dell’ ingresso a Velletri per conoscere l’immenso lavoro dell’Archeoclub Valaster in località Ponte di Mele,
L’ ultima fatica di giornata è il momento più duro, in salita sui basoli cittadini per meritare la visita del Museo Civico Archeologico, custode di una rara meraviglia, Il sarcofago di Velletri risalente al I sec D.C.ed istoriato con le 12 fatiche di Ercole. La sera velletrana è dedicata al ricco pasto con gli abbondantissimi cellitti all’ amatriciana da La Forbice, trattoria di una volta, pienissima di gente felice con i suoni del folkore, capace di dare semplicità e gusto a prezzi lontanissimi dal centro della Capitale. L’indomani mattina la sella ci aspetta per arrivare sul mare, ma ancora la campagna velletrana è la nostra strada con i vigneti che campeggiano da secoli anche sul tracciato originale della Via, sotto tendoni con uva a bacca bianca Suggestivo l’incontro con chi raccoglie fave e ci racconta la sua vita in una campagna fantastica che sbuca verso Cisterna di Latina, nel bel Palazzo Caetani dove però non riusciamo a vedere la …Cisterna.
La strada diventa estremisticamente rettilinea nei canali della bonifica incipienti, gli scavi di Tres Tabernae ci immergono nell’ accoglienza “luxury” per la burocrazia imperiale, mentre già si va più veloci con pianure piallate… verso il nostro pranzo a Borgo Faiti, una “città di fondazione” durante la bonifica sorta sullo scomparso Foro Appio; il carciofo alla romana è d’obbligo visto che il locale che ci ospita ne ha di appena colti in bella vista.
Lungo i canali arriveremo a Terracina dopo lunga pedalata di un’altra trentina di km ma la pianura non annoia grazie alla sua agricoltura, le sue cartoline da Fiandre mediterranee, gli aironi cinerini volteggianti attorno il Circeo in lontananza, Il Canale di Orazio ci porta all’ingresso della città con le insegne delle cantine del Moscato locale, mentre seguiamo l’Appia in versione Claudia che traguarda al borgo vecchio, scrigno di archeologia ritrovata con il Capitolium, mentre ammiriamo il tutto con i racconti del locale Archeoclub e il sottofondo musicale dei Musici Viatores. E poi con la pizza da Serafina.La mattina dopo la nostra partenza sarà presso il mare, dal Pisco Montano, dove grazie a Legambiente comprenderemo l’immenso taglio di Traiano per conquistare l’Appia al porto e alla pianura, oltre che le battaglie d’oggi per la salvaguardia di una natura spesso mortificata.
Terracina-Minturno- Santa Maria Capua Vetere( 2 Giorni) 1 – 69 km; 2 65 km
Quando si lascia Terracina attraverso l’Appia, nella mezza collina di Monte San Biagio, si giunge presso una porta medievale, la portella, confine tra stato della Chiesa e Regno delle due Sicilie. Intorno c’era una “terra di nessuno” di confini “ballerini” e da qui, pedalando agevolmente, conquistiamo la Piana di Fondi, il cui centro storico è un esempio visibile di Castrum romano, inizia poi la salita per Itri ed il verde dell’olivo si prende la scena, è a vista anche nei dintorni del monumento di Cicerone. Entrando a Formia, con buone piste ciclabili, ci rechiamo dove il tracciato della via sopravvive, tutto questo prima di deviare verso il Parco Regionale di Gianola, non solo per il porticciolo romano ma anche per il suo probabile impresario, ovvero Mamurra, finanziatore di Cesare, con la sua magnifica villa tra impervi sentieri di macchia mediterranea dove intorno affiorano tessere di mosaici e basi di colonnati. Con lo splendore del mare a strapiombo, salutando Mamurra lungo il suo sentiero, ritorniamo sulla via, attraverso la pista ciclabile della Marina di Minturno e poi le intrpoderali con lo sfondo dei monti Aurunci, mirando ai resti illuminati dell’acquedotto di Minturno, mentre la sosta della sera è proprio accanto all’ area archeologica sulla destra del Garigliano; suggestivo anche l’antiquarium ricavato negli ambulacri del teatro nei cui pressi vi è pure la preziosa testimonianza di un’ antica latrina.
La nostra partenza mattutina è nell’adiacente Ponte Borbonico Real Ferdinando sul Garigliano, primo ponte sospeso dell’Europa continentale, oggi è il confine con la Campania in cui entriamo attraverso la nostra linea che si apre con la costa domitiana nelle pertinenze rurali di Cellole, nella campagna del Falerno; dapprima rada, poi sempre più intensa la presenza della vigna, pochissimo il traffico veicolare fino al centro di Baia Domizia.
Si apre il territorio dell’antica Sinuessa, mentre arriviamo, con le ruote che toccano sabbia, nei pressi della Villa suburbana di San Limato, per poi notare “piazzole” di scavi ricavati tra la vegetazione ed anarchiche case rurali di Levagnole di Mondragone, al cui termine ci aspetta un piccolo tratto di SS7 intensamente trafficato; in fila indiana siamo ora all’altezza dell’ Hotel Sinuessa, mentre al primo punto food ci fermiamo per.. Mozzarella con i pomodorini, giusta ricompensa dopo tanta archeologia vissuta in bici. Giubilo da parte di tutti i cicloavventori.
E’ Via Appia Antica di Mondragone, con pochissimo traffico e il Monte Petrino alla nostra sinistra, che percorriamo per 4 km, dopo i quali ci fermiamo al piccolo ma significativo Parco Archeologico dell’Appia Antica, da dove poi s’innesta l’immensa piana delle bonifiche del Voltuno fino a Capua nuova.
Pensiamo a quanto sarebbe necessario un investimento di segnalazione, cura, pulizia, dei tratti interessanti il percorso dell’ Appia Antica, sfruttando anche il binario Unesco, a quanto sarebbe urgente invertire l’inerzia e la lentezza che Regione e molti comuni della Campania hanno avuto in questi anni per i cammini e per i viaggi lenti in bici ! Pare ci sia una direttrice dedicata all’Appia nel Piano Regionale della Mobilità Ciclistica in lunga gestazione all’Acamir; che sia prodromico di nuova cura per magari unirla alla migliore proattività laziale sul tema.
Nelle campagne di Carinola e di Falciano del Massico, miniere di ortofrutta, viva è la presenza della cultura del vino Falerno principe dell’Appia, la via è protagonista finanche nei nomi, come lo è per la cantina Regina Viarum. Tra i vigneti di piedirosso di Masseria Campierti siamo ora verso il Lago di Falciano che però non raggiungiamo, richiamati dal tracciato con le interpoderali costeggianti il “campo stellato” della bonifica. Tutto è piano, stabile e certo… per decine di km e la pedalata è facilmente sostenuta prima dei borghi di Ciamprisco e Brezza, ebbri di bufale e pane, in una dimensione olfattiva che in auto non si potrà mai godere appieno.
L’ingresso in Capua, sotto il sacro Monte Tifata, raggiunge i luoghi della storia e della cultura ma anche dell’agricoltura, di nuovo ricca pure di carciofi “capuanelle” lungo il Volturno. La Via Appia è qui testimone della resistenza all’ occupazione tedesca, a monito perenne campeggia il gelso monumentale dedicato a Carlo Santagata impiccato dai nazifascisti. La storia corre nei secoli, lungo l’Appia con i suoi drammi e i suoi eroi.
Si avvicina Santa Maria Capua Vetere, città che si distingue davvero con il restaurato Arco di Adriano, mentre alla sinistra l’Anfiteatro Campano accoglie alla visita ragionata, sia con le fondamenta del luogo della rivolta di Spartacus che della monumentale struttura di età imperiale: questa periferia dell’Antica Capua annuncia un’ imminente rete di piste ciclabili in grado di dare nuovo sviluppo per la mobilità sostenibile ad una città che ospita anche il Museo Archeologico dell’Antica Capua, luogo imperdibile per riassumere un racconto completo di queste terre protagoniste della Via Appia.
Gioiello è il Mitreo, riconquistato ad una possibile fruizione con l’immaginario dell’ antica religione in voga nella Capua affollata di gladiatori e patrizi. Si fermano le bici ma…avranno coscienza. comuni e società civile della ricchezza morale ma anche economica, della fruizione dolce e sostenibile della Via Appia?
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