
di Carmen Autuori
Che sia stata la distrazione di una massaia o di una Santa, oppure che siano giunte dall’Albania non è dato saperlo. Certo è che le pittule, goduriose frittelle a base di acqua, lievito e farina, in Puglia sono le protagoniste di tutte le tavole delle feste natalizie a cominciare dall’ Immacolata: “te l’Immaculata la prima pittulata” recita un antico proverbio pugliese. Nel Salento, in particolare a Lecce, ma anche nella Valle d’Itria e nel brindisino, invece, le prime pittule si preparano alla vigilia della festa di Santa Cecilia che cade il 22 novembre.
Anche per le pittole, come per gran parte dei cibi rituali, il confine tra storia e leggenda è estremamente labile.
Se volessimo attenerci ai dati storici, l’origine delle pittule potrebbe essere ricondotta alle migrazioni albanesi del XV secolo. Furono infatti gli arbëreshë a diffondere in Puglia – e in altre regioni del sud Italia – delle frittelle chiamate pettulat, preparate con ingredienti molto simili a quelli delle odierne pittule pugliesi. Anche l’affinità linguistica tra i due termini rafforzerebbe questa tesi.
Secondo la leggenda, invece, deriverebbero dalla distrazione di una massaia che lasciò lievitare troppo l’impasto del pane, perché presa dalla musica degli zampognari che accompagnavano le greggi transumanti provenienti dall’Abruzzo e di passaggio in Puglia. Resasi conto che l’impasto non fosse più utilizzabile per il pane, formò delle palline e le gettò nell’olio bollente. Il risultato fu immediatamente apprezzato non solo in famiglia, ma anche dai pastori – zampognari a cui furono offerte le pittule in segno di ringraziamento.
Secondo la tradizione cristiana, invece, la protagonista è Santa Elisabetta che fu distratta da una lunga chiacchierata con la Madonna e per questo dimenticò di infornare il pane. E il resto della storia ricalca la precedente versione, mantenendo gli stessi elementi simbolici.
Sono davvero tantissimi i modi per gustare queste frittelle: semplici, con una spolverata di sale o di zucchero, quest’ultima versione molto gradita dai bambini.
Paola La Corte, appassionata custode e divulgatrice di antiche ricette legate alla sua terra d’origine, la Calabria, e a quella di adozione, la Puglia, ci regala la sua versione delle pittule farcite con ingredienti legati al territorio, ossia olive celline, cipolla di Tropea e pomodori datterino. Queste straordinarie frittelle si prestano magnificamente ad arricchire i vostri antipasti delle tavole natalizie.
Le Pittule
Di Paola La Corte
Ricetta raccolta da Carmen Autuori
Tempo di preparazione: 3 ore
Tempo di cottura: 5 minuti
Ingredienti per 4 persone
- Per la base
- 500 g di farina di semola rimacinata
- 7 g di lievito di birra
- 1 cucchiaino di zucchero
- 1 cucchiaio raso di sale fino
- 1 cucchiaio di olio d'oliva nell'impasto
- ½ bicchiere d’acqua per il lievitino
- 350 ml circa di acqua tiepida per l’impasto
- Olio evo per friggere
- Per la farcitura
- 150 g di olive celline
- 1 cipolla di Tropea
- 100 g di pomodori datterino
Preparazione
Preparare il lievitino mescolando un cucchiaio colmo di farina (preso dal peso totale) con lo zucchero, l’olio e mezzo bicchiere di acqua.
Coprire con pellicola per alimenti e lasciar lievitare per circa mezz’ora. Mescolare in una capace terrina la farina, il lievitino, il sale e l’acqua poco per volta.
Impastare fino a quando il composto formerà delle bollicine.
Richiudere nuovamente con la pellicola, tenere al riparo da eventuali correnti d’aria e lasciar lievitare fino al raddoppio.
A questo punto impastare di nuovo “schiaffeggiando” la pasta e lasciar lievitare ancora fino al raddoppio.
Aggiungere i pomodorini, le olive e la cipolla, tutto tagliuzzato finemente.
Con l’aiuto di un cucchiaio, formare delle piccole sfere e calarle nell’olio bollente. S
gocciolare su carta assorbente e servire caldissime.
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