L’elogio della mediocrità dello stare a casa

Pubblicato in: Coronavirus

di Marco Contursi

“Bisogna chiudere tutto”, “Chi esce è un infame untore”, “Ci vuole l’esercito”, “Ci vuole il lanciafiamme e il bazooka”, “A morte chi esce”, “io sto in casa da 30 giorni, non come voi”…. e chi più ne ha, più ne metta.

Ormai i social sono pieni di gente che inneggia alle forche e si vanta di fare la quarantena perfetta. Qui di perfetto c’è solo una cosa: l’autoelogio della propria mediocrità da parte degli stessi mediocri. Migliaia di persone che conducevano un’esistenza grigia, senza emozioni e senza uno obiettivo, hanno di punto in bianco, trovato lo scopo perfetto, quello che li fa sentire meno larve, meno disadattati: saper fare la quarantena meglio di tutti e insultare chi, a parer loro, non la fa. E sì, perché si sono esercitati parecchio, visto che in quarantena, ossia a casa a non fare nulla, ci stavano già da parecchio, magari da sempre. E, sempre magari, hanno il reddito di cittadinanza, non è mai stato chiesto loro di partecipare ai progetti di avviamento al lavoro, mai partiti, e non hanno nemmeno la sventura di un parente disabile o anziano da accudire, cosa che comporta necessariamente degli spostamenti.

Gente che si sente realizzata con poco, sentirsi grandi, stando sul divano a grattarsi la pancia, insultando chi non lo fa. Gente che gode nell’ applaudire il politico di turno che fa a gara a mettere la restrizione più dura, quando non si pone neanche il problema di che fine fa quella persona positiva rimandata a casa con altri 6 familiari, o che intasamento avrà la sanità dopo questo stop forzato, o che fine faranno migliaia di imprenditori a cui oggi è negato il diritto di provare a sopravvivere, commercialmente parlando.

Ma tanto noi “vogliamo l’esercito”. Ma tanto noi “la quarantena sappiamo farla”.

E’ facile dire “chiudete tutto” quando non hai niente da perdere, quando non hai una attività col padrone di casa che pretende il fitto, quando non hai bollette e scadenze, quando non hai un figlio disabile da portare al centro per respirare almeno un paio d’ore, quando non devi andare in ospedale a fare l’infusione periodica di farmaci salvavita. Se sei così fortunato che puoi stare a casa a grattarti i marroni, non è detto che tutti lo siano e per rispetto di questi ultimi, dovresti essere molto più cauto nel chiedere ulteriori restrizioni.

Giusto per ricordarlo, non si muore solo di Coronavirus (e qui si potrebbe aprire una sostanziosa parentesi..), e bisogna tener presente che la chiusura totale di ambulatori ospedalieri e della diagnostica strumentale ( radiologica, endoscopica ecc..) comporterà un aumento sensibile nei prossimi mesi dei casi di malattie anche gravi, non diagnosticate in tempo (tumori, malattie cardiovascolari ecc), oltre che una paralisi degli stessi ambulatori. E ogni giorno di chiusura peggiorerà la cosa. Se i medici specialisti sono sempre quelli, come potranno recuperare ad esempio le migliaia di colonoscopie non fatte in questo periodo di chiusura degli ambulatori? Sicchè se oggi per fare una coloscopia devi aspettare 5-6 mesi, ora ce ne vorranno almeno 10-12 quando probabilmente sarà troppo tardi.

Ricordatevelo quando urlate dai balconi “State a casa”, “Bastardi non uscite”. “Andrà tutto bene”.

NO, NON ANDRA’ TUTTO BENE. Non andrà per chi deve fare esami diagnostici urgenti, per chi ha una attività costruita con i sacrifici che sta andando a rotoli, per chi non ha reddito o ha i 600 euro che sono poco più di una carità.

E al benessere psicofisico, nessuno ci pensa? Quando credete che potremo ancora stare chiusi in casa, senza risentirne in modo evidente? Magari attaccati all’aggiornamento sul numero dei contagiati, per urlare terrorizzati ad ogni aumento, anche minimo, senza sapere se magari quel “+ 1” è asintomatico. Ma vi siete chiesti quanto male ci fa, questo continuo essere sotto stress, se anche un virologo di fama mondiale come Giulio Tarro ha decretato “l’allarme è fonte di stress e abbassa le difese immunologiche, questi numeri che comunica la protezione civile non vogliono dire nulla e creano pericolosi allarmismi”.

Tutti pronti a criticare chi esce a respirare un po’ di aria, con la “scusa” della spesa, perché magari vive in 40 metri quadri con altri 5 familiari, perché magari ha litigato con la moglie ed è meglio far calmare le acque, perché magari non ha neanche un piccolo balcone dove prendere un po’ di sole. Tutti pronti a crocifiggere chi chiede al negozio se hanno una crema per il corpo o la tintura per i capelli. “Ma come fa a pensare a questa sciocchezze, mentre c’è gente che muore”. E proprio perché non sono morto ancora, che ci penso, perché, finchè non lo sono, voglio essere presentabile, in primis per me stesso, e perché se muoio voglio andare all’inferno col vestito migliore, magari mi danno una poltrona più comoda.

La vita continua, con tutto il coronavirus, con cui dobbiamo abituarci a convivere. Perché è subdolo, e perché molti sono asintomatici, e quindi non è possibile isolare completamente il virus, perché se sei positivo ma non hai sintomi, ti spediscono a casa, dove semmai convivi con 5-6 familiari e non c’è modo per non contagiarli, pur prendendo tutte le precauzioni possibili. Un rischio c’è e ci sarà sempre, finchè non trovano una cura o un vaccino. O finchè il virus non decide da solo di togliere il disturbo, come ha fatto quello della prima Sars. E quindi? Nell’attesa, dobbiamo vedere annientate le nostre esistenze e tutto quello che abbiamo creato, col meschino di turno che dice “chiudiamo tutto, fate come me che da 30 giorni sono a letto”? E semmai morire poi di infarto da stress o per un tumore non diagnosticato? NO, IO NON CI STO. Prendiamo tutte le precauzioni realmente utili, ma appena possibile, usciamo, mangiamo una pizza, andiamo a correre, incontriamo un amico, facciamo tutte quelle cose che facevamo prima. Con tutte le precauzioni necessarie, ma facciamolo. In parole povere: VIVIAMO. Perché non si muore solo di coronavirus. Perché si muore anche di inedia. Perché, prima o poi, si muore comunque. E io voglio, quando sarà, farlo con un sorriso. Perché, meglio mille rimorsi, che un solo rimpianto.

Ed io già ne ho troppi…

Lasciatemi il diritto di non volerne un altro.

Lasciatemi il diritto, di VIVERE!


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